Carlo Rodrigues, presidente del BIG, Banco de Investimento Global– in una intervista a firma Cristina Ferreira e Manuel Carvalho comparsa il 29 dicembre sul sito di Publico – analizza l’attuale situazione della costruzione europea e riguardo a una possibile bolla del debito avverte che è più probabile che scoppi per l’imprudenza della dirigenza europea che per l’aumento dei tassi di interesse.
Il presidente del BIG (nella foto di Rui Gaudencio, qui sotto), da lui stesso fondato 19 anni or sono, fa la sua diagnosi sullo stato dell’Unione, con particolare attenzione all’economia e al settore bancario. E sottolinea che in Europa “l’incestuosità tra banca e Stato è stata sempre maggiore di quella auspicabile”.
Recentemente ha detto che si vive “una certa calma” che tuttavia lo lascia preoccupato. Perché?
“Siamo in una zona economica – risponde Rodrigues – che, essendo una delle due più grandi del mondo, non adotta misure per approfondire questa unione che è imperfetta. E le uniche misure prese sono state in risposta a una crisi, quella del 2008, che è iniziata negli Stati Uniti, dove è stata ben risolta perché dopo due anni banche già stavano facendo profitti. In Europa, invece, la crisi non è stata risolta bene. Le crisi sono tuttora latenti e si risolvono sempre 4 del mattino, nei vertici, quando tutti i partecipanti sono stanchi. Fondamentalmente, l’unica cosa che l’Europa ha fatto per andare avanti è stato il tentativo dell’Unione bancaria, ma ha escluso un pilastro: il Fondo europeo di garanzia dei depositi”.
Eppure l’UE – obiettano i due giornalisti – ha creato il meccanismo europeo di stabilità (ESM, in inglese), noto anche come Fondo Salva-Stati. Si tratta di un’organizzazione internazionale a carattere regionale nata come fondo europeo per la stabilità finanziaria della zona euro (art. 3); è istituita dalle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136) approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Conisglio europeo di Bruxelles il 25 marzo 2011. L’ESM ha assunto ben presto la veste di un’organizzazione intergovernativa, sul modello del Fondo Monetario internazionale, con una struttura fondata su un consiglio di governatori e con il potere di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo.
“Sì, ma non è abbastanza. Il trattato di Maastricht – ricorda Rodrigues – è stato firmato nel 1992, stiamo parlando di più di un quarto di secolo. In pratica, il trattato di Lisbona (2007) non ha approfondito il progetto europeo come previsto. Ha approvato un obiettivo – che non si è concretizzato – di vedere, in dieci anni, l’Unione europea tecnologicamente davanti agli Stati Uniti. E se un’Unione vuole essere monetaria, deve essere approfondita, altrimenti, se permetti al tempo di passare, finisce che può morire”.