Il 25 aprile, in Italia e Portogallo, vuol dire Libertà. Libertà dalla dittatura, riconquista delle libertà individuali, fine di regimi oppressivi. Per l’Italia era il 1945, per il Portogallo il 1974. E questa distanza nel tempo forse può spiegare perché in Italia la festa è diventata un po’ sbiadita, sia nel ricordo della gente (sono pochissimi i giovani che sanno che cosa significhi), sia nel modo di celebrarla. Celebrazioni stanche, poco condivise e prevalentemente ufficiali, in Italia, senza gran coinvolgimento della gente comune. Festa di popolo, con cortei, musica, fuochi d’artificio in Portogallo.
Eppure il 25 aprile 1945 resta un giorno fondamentale per la storia d’Italia e rimane il simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica delle forze partigiane contro le forze occupanti naziste e il residuo di governo fascista rappresentato dalla Repubblica di Salò. Il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori occupati dalle forze nazifasciste, imponendone la resa prima dell’arrivo delle truppe alleate.
Fondamentale è anche per il Portogallo il 25 aprile 1974, quando è stata posta fine alla più lunga dittatura dell’Europa occidentale del XX secolo. Le Forze Armate, appoggiate da un ampio consenso popolare, riuscirono infatti nell’ obiettivo di rovesciare Marcello Caetano, successore di António de Oliveira Salazar. E ci riuscirono senza spargimento di sangue. Caetano si arrese alla Revolução dos cravos (i garofani che una fioraia offrì ai militari rivoltosi la mattina del 25, nella Praça do Comêrcio a Lisbona) che mise fine alla dittatura che durava da 48 anni. Il periodo più buio della recente storia portoghese era iniziato il 28 maggio 1926, dopo un breve e accidentato periodo di democrazia, ed aveva preso decisamente la strada del regime dopo il 1933, con l’approvazione della nuova Costituzione che prevedeva un solo partito, la Uniao National, di ispirazione corporativa, nazionalista e fascista. Nasceva l’ Estado Novo. Salazar morì nel 1970, ma il suo successore, Marcello Caetano, deluse ben presto le speranze di un ritorno alla libertà.
Il regime salazariano fu duro e spietato con gli oppositori, che a centinaia furono arbitrariamente arrestati, torturati e uccisi dalla PIDE, la polizia segreta di Salazar. E durissima fu anche la censura sulla stampa.
Il clima di quegli anni è ben descritto nel romanzo Sostiene Pereira (poi diventato film, con Marcello Mastroianni come protagonista), ambientato nel 1938. Si tratta del romanzo di maggior successo di Antonio Tabucchi, nato a Pisa nel 1943 e morto a Lisbona (dove è sepolto) nel 2012, traduttore e docente di Letteratura portoghese, nonché studioso dell’opera di Fernando Pessoa.
Anni bui e pesanti, di cui ha voluto lasciare traccia a Lisbona il Museo “Aljube – Resistance and Freedom”, dedicato alla memoria della dittatura e della resistenza, alla libertà e alla democrazia. Il museo, una presenza importante nel 25 aprile portoghese, mira alla “costruzione di una cittadinanza responsabile, contro l’amnesia perdonante” sulla dittatura tra il 1926 e il 1974.
Per tutte queste ragioni, il 25 abril in Portogallo non è ritualità, ma è ancora festa realmente sentita in tante città portoghesi. Da Lisbona – dove scoccò la scintilla della Rivoluzione dei Garofani – a Porto, passando per Santarem (da dove mosse verso Lisbona la colonna dei blindati e dei carri armati comandata dal capitano Salgueiro Maia), a Grandola, la città della canzone di Zeca Alfonso, Grândola Vila Morena, che dette il segnale della rivolta dall’emittente cattolica Rádio Renascença, durante il seguitissimo programma notturno Limite,.
Grândola vila morena è entrata così nella storia del Portogallo ed è diventata un simbolo di libertà in tutta Europa, nelle varie versioni in molte lingue dell’Unione.
Oggi, nella città di Grândola – che festeggia il 25 aprile con una settimana intera di iniziative – un murales dipinto a 25 anni dalla Rivoluzione, riporta il testo e lo spartito musicale della canzone.