“Via dalla pazza folla”: Il Cimitero Acattolico di Roma

in TURISMO by

Se siete in vacanza a Roma e volete vedere qualcosa di particolare, lontano dalle schiamazzanti folle di turisti pronti alla lotta all’ultima foto-ricordo, o se a Roma ci vivete e avete solo bisogno di fuggire per un attimo dalla frenesia e dai rumori della vita quotidiana, alle spalle della Piramide Cestia c’è un posto che fa per voi. È il Cimitero Acattolico di Roma (ingresso in Via Caio Cestio, 6), un luogo ricco di arte e storia dove il tempo, che per i tanti che vi riposano si è fermato, sembra scorrere più lento. Vite, storie, nomi di un passato più o meno recente, tutti diversi, qui hanno una loro traccia: che sia una targa, una lapide o addirittura un monumento, il presente promette di non dimenticare il passato.

È così fugato ogni timore del poeta John Keats, scomparso prematuramente a Roma, dove era venuto in cerca di climi più caldi che lo aiutassero a guarire dalla sua malattia, a soli 25 anni. “Here lies One Whose Name was Writ in Water” (“Qui giace colui il cui nome fu scritto nell’acqua”) volle che si scrivesse sulla sua lapide: chi avrebbe potuto ricordare il nome di un uomo che aveva avuto così poco tempo a disposizione? Eppure è la sua tomba che tutti vogliono vedere quando entrano nella “Parte Antica” del cimitero, che oggi è a tutti gli effetti un piccolo parco all’ombra degli alberi e della maestosa Piramide Cestia, popolato da una colonia felina (se ci si affaccia sul fossato che separa la zona cimiteriale dalla Piramide si possono vedere le cucce e le ciotole che i volontari hanno preparato apposta per lei) i cui rappresentanti non si stancano mai di zampettare in cerca di carezze.  

Ma sedersi nel “parco” e respirarne il silenzio non esaurisce la lista dei motivi per cui entrare qui. Camminando lentamente tra le file di lapidi possiamo scorgere qui e là piccoli e grandi monumenti funebri, statue meravigliose – come la più famosa del cimitero, “L’Angelo del Dolore”, che, inginocchiato, piange sulla tomba di Emelyn Story, scolpito da un marito (William Wetmore Story, importante scultore americano vissuto a Roma nella seconda metà del XIX sec.) che probabilmente fece esattamente la stessa cosa – e nomi, tantissimi nomi, alcuni “importanti”, come quello Percy Bysshe Shelley, Carlo Emilio Gadda, Bruno Pontecorvo, Antonio Gramsci, Andrea Camilleri e molti altri.

Dunque nomi più o meno famosi, più o meno recenti. Del resto, il cimitero è nato nel 1716, ne ha di storia alle spalle.

Era infatti quello l’anno in cui Papa Clemente XI concesse ai leali sudditi di Guglielmo III Stuart, che, dopo la Gloriosa Rivoluzione lo avevano seguito in esilio, un piccolo spazio inutilizzato ai confini della città dove poter seppellire i loro morti, per i quali, in quanto Protestanti, non c’era posto nei cimiteri cattolici. Da quel momento in poi, il cimitero non ha mai smesso di esistere, anzi, nel corso dei decenni, il permesso di sepoltura viene esteso e sempre più sono le persone di fede non cattolica (all’inizio soprattutto giovani stranieri per cui Roma doveva essere soltanto una tappa del Grand Tour) che trovano riposo qui. Tante che lo spazio non basta più: nel 1821 il papa deve concedere un altro lotto di terreno (adiacente a quello “originario” che era immediatamente retrostante la Piramide) – la “parte nuova”, la cui storia ancora oggi continua.

Una storia che racconta di un luogo dove si respira la serenità di un passato nostalgico che ha lasciato, indelebile, una traccia nel presente. Un luogo immerso nel silenzio, per scappare, di tanto in tanto, lontano dai rumori della città.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

*