La cultura che (non) ti aspetti

Non essere “normale”

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Fight club, film di Fincher del ’99, ripreso dal romanzo omonimo di Palahniuk, è la storia di un uomo debole, affetto da insonnia ed insicurezze, che conosce Tyler, individuo dalla personalità opposta, esuberante e spesso aggressiva, col quale diviene amico e e insieme al quale fonda il Fight Club, un circolo di lotte clandestine situato nello scantinato di un locale.

In una delle scene più famose, quella dell’incidente stradale, le personalità dei due protagonisti, interpretati da Edward Norton e Brad Pitt, entrano in conflitto: da una parte l’insicuro passeggero, che invita Tyler a rimettersi sulla corsia di competenza, e dall’altra l’ingestibile uomo alla guida, che ad un certo punto esclama: “Guardati, guardati! Come sei patetico! […] Toccare il fondo non è un ritiro spirituale, non è uno stramaledetto seminario! Smettila di cercare di controllare tutto, pensa solo a lasciarti andare! Lasciati andare!”.

Tale conflitto tra gli opposti, che nella letteratura e nelle arti ha una tradizione lunghissima (si vedano i Menecmi di Plauto, di 2200 anni più vecchi di Fincher), e che può avere moltissime chiavi di lettura, può essere analizzato con gli occhi dei moderni: pensiamo a Freud, che ne Il disagio della civiltà scrive che l’uomo non potrà mai raggiungere la felicità in società, dal momento che, necessariamente, essa imporrà un freno alle pulsioni dell’Es e lo costringerà a tendere verso mete collettivamente accettate, introiettate dal Superio.

Nella quotidianità tale atteggiamento causa disagio, una condizione mentale diversa dal disturbo, che oggi, erroneamente, si tende a ritenere “normale”: tutto ciò non è affatto nella norma, poiché preoccuparci dell’impressione che diamo all’altro, chiederci in continuazione come fare a piacere al prossimo sono atteggiamenti che non favoriscono il benessere, ma uno stato di agitazione continua.

Lungi da noi il contestare chi possiede saldi principi morali, convinzioni religiose o semplicemente etiche: tutto sta nella misura, nel far sì che le norme non divengano lacci soffocanti.

Altrimenti, come ci informa Tyler, “Le cose che possiedi, alla fine, ti possiedono”.

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