Alexa, buongiorno

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“Norman, cosa vedi?” “Un uomo che viene spinto in un’impastatrice”.

Procediamo con ordine e facciamo un salto indietro nel tempo a due anni fa. Primo aprile 2018: un gruppo di ricercatori dell’MIT brevetta la prima intelligenza artificiale “psicopatica”, il suo nome è Norman (grazie Hitchcock). Non spaventatevi, Norman non è ancora abbastanza intelligente da poter agire completamente da solo senza il controllo umano, per fortuna.

Facciamo un ulteriore passo indietro all’anno precedente, nel 2017 lo stesso gruppo di ricercatori aveva elaborato un’altra IA capace di scrivere autonomamente storie Horror, il suo nome è Shelley. Da anni la ricerca scientifica e tecnologica si diletta nello studio e nel miglioramento delle intelligenze artificiali, ritenute il prossimo step evoluzionistico dell’interazione uomo-macchina. Alexa e Siri non sono nient’altro che il frutto di un lungo percorso iniziato a metà degli anni 50, periodo nel quale possiamo identificare la nascita del concetto di intelligenza artificiale.

Torniamo al primo aprile 2018, presso il Media Lab dell’MIT viene reso pubblico e accessibile alla comunità Norman, la prima intelligenza artificiale psicopatica. Brevemente senza addentrarci nel concetto di machine learning, un’intelligenza artificiale è in grado di apprendere ciò che viene sottoposto alla sua attenzione. Forti dei risultati ottenuti nel 2017 con Shelley, il gruppo di ricercatori in questione ha sottoposto Norman all’attenzione di una serie di didascalie di immagini prese da un sottogruppo di utenti molto particolare presente sul social Reddit (questa piccola comunità analizza e commenta immagini riguardanti la morte cogliendone gli aspetti più macabri).

Norman è stato in grado quindi di apprendere concetti ben diversi da quelli con cui normalmente viene programmata un’intelligenza artificiale. Successivamente Norman è stato sottoposto al test delle macchie di Rorschach e le sue risposte confrontate con quelle di un’intelligenza artificiale relativamente meno complessa istruita con concetti semplici come riconoscere oggetti, animali e persone: i risultati sono stati sbalorditivi. Per ogni immagine mostrata, Norman ha descritto scene estremamente cruente e dettagliate tutte legate al concetto di morte e dolore, al contrario dell’IA piùingenua”.

I risultati ottenuti hanno di nuovo messo in luce quelli che sono i limiti e i pericoli delle intelligenze artificiali, evidenziando a nostro parere quello che è il problema di fondo della tecnologia: l’uomo stesso. Spesso ci siamo chiesti, spaventati, se le macchine avessero raggiunto il nostro grado di sviluppo, temendo forse il pericolo che altri “umani” potessero rappresentare: la risposta è stata negativa, poiché le macchine hanno sempre fatto fatica a raggiungere il nostro grado di sviluppo logico. Ma qui la questione è diversa. Norman pensa in modo patologico, unendo, etimologicamente, le due componenti fondamentali dell’umano: il logos con il pathos, la ragione con il sentimento, avvicinandosi pericolosamente alla specie di Adamo.

In un futuro prossimo il progresso tecnologico fornirà al mondo intelligenze artificiali sempre più avanzate, in grado di interagire in modo complesso con l’uomo; sorge spontaneo quindi chiedersi quanto realmente saranno in grado le IA di essere di aiuto all’uomo nella vita di tutti i giorni, se saranno in grado di provare emozioni, se chi le programmerà le utilizzerà per scopi utili alla società, se saranno in grado di distinguere giusto e sbagliato. Sapremo individuare i confini entro i quali utilizzare queste tecnologie? Ma soprattutto, siamo in grado noi stessi di distinguere il concetto di giusto o sbagliato?

Ad ogni modo, potete conoscere Norman sul sito a lui dedicato (http://norman-ai.mit.edu/#inkblot), potete inoltre effettuare voi stessi il test di Rorschach e aiutarlo così ad apprendere ulteriori concetti per rendere il risultato del suo test meno “cruento”, sempre se lo vogliate.

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