The Thing di John Carpenter

USA 25 giugno 1982, la guerra fredda è ancora in corso edesce nelle sale cinematografiche una delle punte di diamantedel cinema horror fantascientifico: parliamo del cult “La Cosa (The Thing)”, diretto

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The Thing di John Carpenter

USA 25 giugno 1982, la guerra fredda è ancora in corso edesce nelle sale cinematografiche una delle punte di diamantedel cinema horror fantascientifico: parliamo del cult “La Cosa (The Thing)”, diretto dal grande maestro dell’horror John Carpenter. Il film, uscito in Italia appena in novembre dello stesso anno ma vietato ai minori di anni 18, è stato proiettato in edizione restaurata al Politeama Rossetti di Trieste nel giorno di Ognissanti, come lungometraggio di apertura della 22^ edizione del Science+Fiction Festival, l’ormai celebre festival cinematografico triestino, nato nel 2000. Inserito nella sezione Sci-Fi Classix, il film non illustra le linee guida di quello che era il genere fantascientifico dell’epoca, rappresentato invece da quella produzione hollywoodiana che l’ha gettato letteralmente nell’ombra, lo spielberghiano “E.T. l’extraterrestre” bensì ne rappresenta l’antitesi. 

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La Cosa”riesce subito a distinguersi per il messaggio parecchio all’avanguardia per l’epoca, relativo allo spaesamento generato dalla crisi d’identità dell’individuo rispetto al mondo che lo circonda; è un film che risulterà essere molto al di là rispetto alle ideologie di allora e per tale motivo ha fatto storcere il naso a parecchi, come spesso accade, soprattutto alla critica. Liberamente tratto da un racconto lungo di fantascienza dal titolo: “La cosa da un altro mondo (Who Goes There)” dell’autore statunitense John W. Campbell, quello di Carpenter non è il primo film che ne è stato tratto: nel 1951, Christian Nyby e un non accreditato Howard Hawks avevano deciso di produrre un primo film omonimo;John Carpenter decide però di portare sullo schermo una trama decisamente più cruda e dalle tinte più forti. In aperturaassistiamo alla visione quasi paradisiaca dei monti ghiacciati dell’Antartide. Una visione che viene spezzata dal frastuono e dall’arrivo di un elicottero che insegue un fuggitivo husky. Il cane corre ansimando nella neve alta mentre qualcunodall’elicottero tenta di centrarlo, sparandogli con un fucile di precisione. È l’inizio di una lenta fine. Un attore fantastico il cane dal nome Jed, in fase di realizzazione non guarda mai in macchina, facendo risparmiare metri di costosa pellicola, non guarda neppure gli attori né il regista ma svolge alla perfezione tutto il suo ruolo. Ritornando alle prime inquadrature del capolavoro carpenteriano, vediamo Jed che continua a scappare dai suoi cacciatori in elicottero fino a quanto riesce finalmente a salvarsi grazie ad un gruppo di ricercatori americani di un centro di rilevazione antartico, guidato dall’attore Kurt Russell. Gli sventurati scopriranno presto che in quell’animale, apparentemente così innocuo e dagli occhioni dolci, si cela un alieno mutaforma in grado di assumere le sembianze delle sue vittime, digerendole. Non sempre questa trasformazione riesce bene, il più delle volte assistiamo alla comparsa di esseri disgustosi e sanguinolenti, con più teste e di forme indefinite. Soprannominato appunto the thing, tutti i presenti lo temono e nessuno si sente più al sicuro in quelle sperdute latitudini: quello che inizialmente viene presentato come un bel gruppo coeso entra ben presto in crisi ed ogni singolo elemento cade in contrasto con gli altri, in una lotta intestina per la sopravvivenza: tutti contro tutti per potersi salvare. Il tema musicale principale del film, realizzato da Ennio Morricone, imperversa già dai primi frame, offrendo l’idea cupa di una tensione al limite. Una colonna sonora che, ricordiamo, spettava inizialmente a Jerry Goldsmith, e che invece è arrivata poi nelle mani del grande Maestro italiano. La “cosa” ironica è che le sue musiche non piacquero per niente a Carpenter fin da subito, e a ragione, poiché pare che vinsero addirittura un Razzie Award come peggior colonna sonora di quegli anni, nonostante oggi sono da considerarsiiconiche. Il film di John Carpenter ci vuole svelare i sentimenti umani forse più reconditi, in una situazione di pericolo e paura continui, quando la fiducia sparisce e ognuno è incline a pensare solamente a se stesso. Normalmente si dice che l’unione fa la forza, ma in certi casi estremi accade l’esatto contrario, e Carpenter lo sa benissimo ed è quello che vuole evidenziare. Se non ci si può fidare del proprio gruppo, la natura porta l’uomo ad isolarsi per poter sopravvivere; l’isolamento però non è la condizione naturale dell’essere umano, animale sociale; ci si isola nella speranza di riuscire a resistere per rimanere vivi ma questo può portare facilmente all’estinzione e alla morte, nonostante in quel momento ci appaia come l’unica vera salvezza. In questo contesto, ecco che il clima del film ci ricorda esattamente quello della guerra fredda, situazione stressante oggi ritornata più che mai attuale. In effetti, il paragone tra la società di allora e di quella odiernanon sembra essere casuale per gli ideatori della programmazione dell’edizione 22 di questo festival. “La Cosa” è chiamata così non certo per puro caso. E’ un essere deforme senza un’identità propria ma pronto ed attrezzato a succhiare e a far sua quella di altri esseri indifesi per riprodursi e diffondersi, senza soluzione di continuità. Forse è un paragone macabro al male che non ha un volto definito ma può avere quello di tutti, in quanto vive nella profondità di ognuno di noi e salta fuori, orrendo e sanguinario, quando ci sembra che tutto volga al peggio. Di sicuro rappresenta la paura verso l’ignoto che alberga nell’animo umano e alla quale spesso non si riesce a dare un nome preciso né una forma. Altra questione: perché nel film non sono presenti figure femminili? Una domanda che non ha una vera e propria risposta, anzi, è una scelta registica discutibile che nell’America del politically correct di oggi apparirebbe quanto mai sessista. E chissà se è un caso il fatto che l’unica donna ad apparire, per così dire, nel film sia quella della voce del computer con il quale il protagonista MacReady gioca a scacchi (la voce che si sente è quella della moglie di Carpenter, l’attrice Adrienne Barbeau) e che poi verrà zittita con il lancio di un bicchiere di bevanda alcolica proprio dentro i suoi circuiti, per provocarne l’arresto (vinceva sempre lei!). Il ragionamento preciso e asettico della femmina in contrasto con l’istinto bestiale del maschio, pronto alla violenza? Potrebbe essere una chiave di lettura. Questo film, a differenza del primo che è stato realizzato da Nyby, ha un finale ed uno svolgimento nettamente più drastici. Mentre nella prima versione a vincere è la forza dell’unione, nella versione carpenteriana è esattamente il contrario. Questa visione pessimistica e il tema dell’autodistruzione umana viene poi ripresa da Carpenter in due sue opere successive: “Il signore del male” (1987) e “Il seme della follia” (1994): tre film che non sono legati dalla trama ma appunto dal tema, e che formano una trilogia concettuale. Ad oggi “The Thing” è considerato un cult, un’icona del fanta-horror. Eppure, al momento della sua uscita è stato etichettato come uno dei più dolorosi flop degli anni Ottanta. Questo perché il pubblico di allora forse non era pronto al pessimismo cruento di Carpenter, essendo invece molto più propenso ad accettare alieni simpatici e positivi come il telefono-casa di Spielberg. Anche gli effetti speciali realizzati tramite l’utilizzo di varie tecniche e sperimentazioni da parte del truccatore ed effettistaRob Bottin (che all’epoca aveva soltanto 22 anni), seppur molto all’avanguardia per l’epoca, erano stati criticati e considerati fin troppo grotteschi. Negli anni, però, la pellicola è stata, appunto, parecchio rivalutata, e la critica ha iniziato ad apprezzarne il suo lato filosofico, come del resto stiamo facendo noi, questa sera. Ancora oggi continua ad essere fonte genuina d’ispirazione per grandi film-maker del calibro di Quentin Tarantino, che la considera una delle pellicole più spaventose di sempre, non tanto per la storia quanto, piuttosto,per il suo messaggio. Nel finale, l’happy end disfemistico di Carpenter prevede che gli unici due superstiti della base scientifica Outpost 31 US Antarctica facciano saltare l’intera base, compresi loro stessi, nell’estremo tentativo di evitare che la cosa si diffonda sull’intero pianeta ed infetti tutta l’umanità: il sacrificio dei due eroi vale, molto verosimilmente, come redenzione per l’intero genere umano. Forse anche la scelta sul calendario della giornata di programmazione all’interno del festival potrebbe apparire voluta dagli imprevedibili organizzatori: tutti santi, nonostante le circostanze.

Le visiteur du futur” di Francois Descraques 

In anteprima italiana al Science+Fiction Festival di Trieste, proiettato a ruota subito dopo The Thing, abbiamo modo di scoprire con piacere il primo lungometraggio del regista francese emergente François Descraques, che è uscito quest’anno in Francia, il 18 agosto. Stiamo parlando di Le Visiteur du Futur o The Visitor From The Future: una commedia distopica, esilarante e divertente, ambientata in un mondo tutt’altro che confortevole, popolato da personaggi deliranti, tratta dall’omonima webserie dello stesso Descraques. Keep Reading

“Elvis”: re del Rock and Roll per l’eternità

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Il 16 giugno, con tutta la sua energia, il Re del Rock and Roll ha invaso in anteprima le sale del cinema The Space di Roma. Dopo il grande successo da standing ovation alla 75esima edizione del Festival di Cannes, Elvis è il film di Baz Luhrmann più atteso nelle sale cinematografiche italiane. Il countdown è fissato al 22 giugno. No spoiler, ma intanto, possiamo provare a raccontarvelo in un breve trailer di parole.

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“Ferramonti”, il nuovo film di Emanuele Pellecchia: la vera storia del campo di concentramento di Tarsia

Prossimamente in arrivo al cinema il film “Ferramonti”, diretto dal regista napoletano Emanuele Pellecchia, vincitore del Globo d’Oro 2020, con una produzione di Pellecchia e Luna Cecilia Kwok, Phoenix Film Production, in coproduzione con la Movi Production di Roma. Il film racconta la storia, sconosciuta a molti, del campo di concentramento costruito nel 1940 a Ferramonti di Tarsi, in Calabria. 

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Warner Bros Pictures presenta: “Elvis”, oggi in anteprima mondiale al Festival di Cannes

Prodotto dalla Warner Bros Pictures, torna sul grande schermo ELVIS, il film che esplora la vita e la musica di Elvis Presley. Il film di Buz Luhrmann, vedrà protagonisti Austin Butler e il premio oscar Tom Hanks e sarà presentato oggi, mercoledì 25 maggio, in anteprima mondiale Fuori Concorso al Festival di Cannes. Lo spettacolo, accompagnato dalla colonna sonora dei Måneskin, nella loro versione dell’iconica canzone “If I Can Dream”, sarà distribuito nelle sale cinematografiche dal 22 giugno.

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Aperto il bando per il premio Roberto Rossellini

Promosso dall’Associazione Roberto Rossellini per la diffusione della Conoscenza, il cuipresidente è Renzo Rossellini, il Premio Roberto Rossellini è organizzato in collaborazione con il Comune di Calvi dell’Umbria – Assessorato alla Cultura. La conferenza stampa del premio si terrà l’8 settembre alle 11.00 alla mostra del Cinema di Venezia.L’iniziativa prevede un concorso di cortometraggi e relative premiazioni.

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QUANTO STIAMO PERDENDO CON I CINEMA E I TEATRI CHIUSI?

Questa Pandemia ha fatto più danni nei comportamenti che nella salute degli uomini.
Una Pandemia atipica che ha portato con se un virus straordinario incaricato di dare una svolta veloce e incomprensibile alle nostre abitudini più che a farci morire.
Si può morire pur rimanendo vivi, non vi è dubbio, e questa epoca così difficile e dura ci ha messo alla prova proprio di questo.
Ma cosa è accaduto e soprattutto cosa accadrà?
Beh tutti abbiamo vissuto le limitazioni e abbiamo assistito ai divieti e alle perdite economiche che hanno colpito duramente alcuni settori, ma pochi riescono a comprendere quale sia l’effetto reale compiuto ai danni di alcuni degli stessi. Un danno così profondo che nemmeno gli addetti ai lavori degli specifici settori in sofferenza forse ancora non hanno ben compreso.
Non parlerò di Alberghi, Turismo e Musei, ne di Ristoranti, Discoteche e Palestre ma del Cinema e dei Teatri che secondo me difficilmente torneranno alla vita di prima.
Stando a casa ci siamo abituati a usufruire di un “cinema casalingo” con una scelta talmente ampia che se da una parte ci rende la vita comoda e dall’altra ci riempe talmente tanto di prodotti che non sappiamo dare più il giusto valore ad ognuno di questi.
Immaginate quello che è accaduto con le fotografie.
Quando si usavano i rullini si scattavano solo le foto che per noi potevano sembrare più belle e preziose. Si facevano stampare e di quel rullino ne rimanevano poi davvero poche. Alcune sfocate, altre mosse, alcune buie ecc. Ma quelle poche buone avevano per noi il valore di un tesoro non economico quanto spirituale, affettivo.
Erano il fermo immagine di un momento prezioso che avremmo voluto ricordare un giorno e per sempre.
Poi con il digitale, e oggi con i cellulari, possiamo scattare foto ogni minuto. Possiamo farne talmente tante che poi le dimentichiamo negli album, nelle raccolte digitali dove finiscono per stare li o per perdersi se ci rubano il telefonino o lo perdiamo.
Cancellate per errore o viste e riviste in continuazione tanto da divenire ossessione più che piacere.
Per quanto posso sentirmi un privilegiato avendo una TV di ultima generazione, con un schermo importante ed un impianto sonoro di altissima qualità, non riesco a vedere a casa un film con lo stesso entusiasmo con cui lo vedevo al Cinema.
Perché?
Perché a casa comunque il telefono non si spegne e anche se si spegne c’è il fisso che potrebbe squillare in qualunque momento. Ci sono i cani che abbaiano o che ci ricordano l’ora della pappa; i figli che vanno e vengono con gli amici o i fidanzati. Il forno che suona per dirci che la torta è fatta e poi la facilità con cui si mette in pausa il film stesso se dovete fare pipì, se volete controllare se avete lasciato la luce del bagno accesa, oppure quando sentite quel rumore sospetto che è spesso nella vostra immaginazione ed è sospetto solo per voi che siete in casa.
Senza menzionare gli amici di turno o i parenti che ti fanno la sorpresa di Domenica.
Sembra divertente ma non lo è.
Andare al cinema era un rito. Ci si preparava per una serata che poteva anche andare avanti dopo il film, magari in un buon ristorante o anche per una bella passeggiata in una città meravigliosa com’era Roma.
Si sceglieva con cura il film da vedere. Si leggevano le recensioni, la critica. Ci si consigliava con chi lo aveva visto prima di noi. Si sceglieva poi il cinema dove andare. Se vicino casa o un po’ più lontano per sentirsi un po’ più distanti dagli impegni e “rumori familiari”.
Certo costava, era più caro che vedere 5000 film sulle piattaforme streaming sdraiati sul divano già in pigiama. Ma lo spettacolo costa ed è giusto che sia così.
E vedere un film sul grande schermo non ha TV che possa eguagliarne l’effetto e l’emozione.
Vale lo stesso per il teatro.
Nonostante in molti tra artisti e registi si stanno inventando il teatro on line, non posso immaginare di vedere una “Carmen” o “Aida” in televisione.
Come si può pensare che sia la stessa cosa.
Come si può immaginare che vedere a casa nel periodo di Natale commedie come “Rugantino” o “Aggiungi un posto a tavola” può dare le stesse sensazioni che si vivono dal vivo al Sistina, al Brancaccio, alla Sala Umberto…
Eppure noto che le persone si siano già abituate a questo cambiamento.
I cinema e i teatri sono stati chiusi nonostante fossero descritti come i luoghi più sicuri, eppure nessuno tra pubblico e artisti ha gridato aiuto.
Unico caso (molto isolato) quello di un piccolo produttore e regista indipendente, tal Luigi Pastore, che si è impegnato per tanti giorni a richiamare un’attenzione (dimostratasi poi poco attenta) sul fenomeno anzi sul pericolo di portare la gente all’abitudine di farsi il cinema e il teatro in casa.
Molti cinema non riapriranno così come i teatri e così come Brand di spettacolo come “Le Cirque du soleil” che ha dichiarato bancarotta.
Quante emozioni quegli artisti, quei clown, quanta educazione e quanto buon intrattenimento.
Chi ci farà sognare.? Chi porterà i nostri figli e nipoti, i nostri bambini a godere della magia dello spettacolo dal vivo?
Poteva avere ET lo stesso effetto se fosse stato trasmesso in streaming?
E lo Squalo? Avrebbe messo ugualmente così paura?
Pirati dei Caraibi? Avatar? Titanic?
Potete immaginare la marcia trionfale dell’Aida alla televisione mentre magari cucinate il polpettone?…Tanto siete a casa.
Il coinvolgimento diretto in un musical come “Forza venite gente” o “Jesus Christ Superstar”?
Certo a molti non interessa poi tanto perché queste sono cose per paesi che hanno una economia in crescita, dove c’è lavoro e benessere.
Dove c’è la voglia di crescita e non la decrescita certificata e accontentata dal reddito di cittadinanza e del chi si accontenta gode.
Ecco io credo che stiamo andando proprio in questa direzione e la cosa dovrebbe preoccupare.
Perché?
Perché rischiamo di chiuderci sempre più in casa e con noi stessi. Consolidare quel “distanziamento sociale” che tanto ci ha fatto spaventare e allontanare e vivere ognuno nel proprio castello, piccolo o grande che sia, da dove possiamo regolamentare il nostro mondo con un clic.
Scegliere il film che vedremo distrattamente, ordinare cibo pessimo a casa, allenarsi con lezioni on line patetiche come quelle di difesa personale; fare jogging in salotto mentre vediamo l’ultimo film di Checco Zalone, ridendo di noi stessi, dei nostri vizi e dei nostri difetti a costo quasi zero.
Forse è il prezzo che dovremmo pagare per essere nati nel Paese dove Cultura e Intrattenimento facevano parte della nostra storia e a cui molti, se non tutti, si sono ispirati.
Insomma eravamo troppo viziati e fortunati ma non lo sapevamo.

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SOUL, IL NUOVO FILM DISNEY-PIXAR SULLA RICERCA DELL’AUTENTICITA’

Il 25 dicembre 2020 arriva su Disney+ il nuovo film d’animazione, Soul, diretto da Pete Docter (Up, Inside out), prodotto dai Pixar Animation Studios e distribuito dai Walt Disney Studios Motion Pictures.

23° lungometraggio della Pixar, co-diretto da Kemp Powers, si compone di un cast vocale formato da Jamie Foxx, Tina Fey, Questlove, Daveed Diggs e Angela Basset. La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Pete Docter, insieme a Kemp Powers e Mike Jones.

Prodotto con un budget di oltre 150 milioni di dollari statunitensi, il film è stato presentato in anteprima al London Film Festival l’11 ottobre 2020. Inizialmente destinato all’uscita in sala, come avvenuto in Cina, Taiwan e Vietnam, dove la riapertura dei cinema lo ha permesso, è stato invece distribuito il 25 dicembre 2020 sulla piattaforma Disney + senza costi aggiuntivi per gli abbonati, a differenza di quanto accaduto per il precedente Mulan.

Il nuovo prodotto firmato Pixar e Disney, complici il lungo periodo di lavorazione e il contesto in cui si è trovato a uscire, si presenta come un film di altissima qualità, estremamente toccante, pensato per famiglie ma forse più accessibile ad un pubblico adulto, vista la complessità dei temi trattati.

Protagonista del lungometraggio è Joe Gardner, un insegnante afroamericano di musica jazz in una scuola media di New York, che nutre il sogno di esibirsi per conto proprio. Nonostante l’opposizione della madre Libba, che considera il suo desiderio di diventare musicista un’ambizione che non gli darà mai sicurezza e quindi da scartare, Joe è insoddisfatto della sua esistenza e crede che il senso della sua vita non si trovi dentro le mura di una scuola. La chiamata di un ex-allievo cambia improvvisamente le cose: Joe ottiene di presentarsi ad un provino per entrare a far parte della band di una nota jazzista, Dorothea Williams. Il professore riesce a stupire la donna con le sue doti ma, di rientro a casa, preso dall’euforia di quanto appena accadutogli, cade in un tombino e finisce all’ “Altromondo”.

Una volta resosi conto di trovarsi più di Là che di Qua, Joe fa di tutto per spostarsi e non andare incontro all’ineluttabile destino, e si ritrova così nell’ “Antemondo” (chiamato “Io seminario”). In questa dimensione, degli esseri indistintamente identificati come “Jerry” hanno il compito di attribuire una personalità alle anime presenti, per mandarle poi sulla Terra, all’interno di un corpo. Salvo che, prima di poterlo fare, queste dovranno completare il proprio distintivo grazie all’aiuto di un mentore, che li guiderà nel trovare la preziosa SCINTILLA. Joe viene scambiato per mentore e si ritrova così un’anima gemella da guidare: 22. L’impresa non è per niente semplice (neanche Madre Teresa ci è riuscita!), ma i due personaggi trovano un accordo: 22 aiuterà Joe a ricongiungersi al suo corpo e Joe l’accompagnerà nel trovare la sua scintilla, affinché possa completare il distintivo e andare via dall’Antemondo. Tuttavia, l’impazienza del musicista in versione anima li farà finire entrambi sulla Terra, 22 nel corpo di Joe, e l’anima di Joe nel corpo di un gatto, con il quale in ospedale si stava tentando di risvegliarlo dal coma. Il cambio di prospettiva costituirà per entrambi l’occasione di rivedere le proprie scelte e riscoprire l’essenziale.

Questo film si presenta come un viaggio nella psiche e un’occasione per riflettere sull’importanza di rimanere “connessi” con la propria anima (quell’anima che i greci chiamavano ψυχή, “soffio vitale”) e di quanto, invece, sia facile ritrovarsi ad essere un’”anima perduta”, rinchiusa in una bolla, che ha origine quando ci si lascia fagocitare da ansie e ossessioni o quando, al contrario, si trasforma la gioia in ossessione, distaccandosi dalla vita vera.

Joe (nella versione italiana doppiato da Neri Marcorè) è un personaggio arrogante, che non assapora la vita ma che, paradossalmente, è disposto a tutto pur di non perderla; al contrario, 22 (doppiata da Paola Cortellesi) è apparentemente cinica e afferma di odiare la vita sulla Terra, ma dimostra di avere proprio ciò che a Joe manca: il sentire. Tra i personaggi che ruotano attorno alla coppia, indimenticabile è Spartivento, capo dei “mistici senza frontiere”, la cui forte spiritualità gli permette di agire sia sulla Terra che al di fuori di essa.

Infine, elemento portante di Soul è la musica: Jon Batiste è l’autore delle musiche jazz per le sequenze del film ambientate a New York, mentre Trent Reznor e Atticus Ross hanno curato la musica elettronica (New Age) delle scene che si svolgono nell’ Antemondo. Batiste ha anche arrangiato una nuova versione della canzone It’s All Right, presente nei titoli di coda, originariamente eseguita dagli The Impressions.

In un momento in cui è Internet a garantire la connessione, questo nuovo lungometraggio ci ricorda che il segreto per non perdersi è ascoltare il proprio mondo interiore, cercare l’ispirazione (la “ZONA”) per capire che forse il senso della vita e la scintilla che tanto cerchiamo, non sono quello che credevamo essere. Elogiato dalla critica per le musiche jazz (non è un caso che il protagonista sia un afroamericano, prima volta per la Pixar), l’animazione e i temi trattati, Soul non delude e ci ricorda che, se non perdiamo la nostra anima… It’s all right.

                                                                              Erika Lo Schiavo

DALL’11 GENNAIO LA COLONNA SONORA DI

THE INGLORIOUS SERFS

FIRMATA DAL COMPOSITORE ITALIANO

DARIO VERO

Tempi duri per l’arte e la cultura quelli del Covid, che ha messo in crisi e ostacolato numerosi progetti; nonostante ciò, c’è chi, anche nel mezzo della tempesta, ha saputo tirare fuori creatività e ispirazione. E’ questo il caso del musicista italiano Dario Vero, compositore, orchestratore e direttore d’orchestra, scrittore di musica per serie tv, videogames, film e animazione, che ha firmato la colonna sonora del nuovo Sushi Spaghetti Western The Inglorious Serfs, diretto da Roman Perfilyev e prodotto da Star Media e Kristi Film.

L’artista, diplomato e laureato in Italia, presso i conservatori di Santa Cecilia e Licino Refice, si specializza negli States e in Austria sotto la guida di Joe Kraemer (Mission: Impossibile Rogue Nation, Jack Reacher, The Way of Gun) e Conrad Pope (Star Wars, Jurassic Park, Harry Potter, The Matrix, Terminator).

La nuova colonna sonora è stata un’impresa unica nel suo genere che ha visto coinvolti 88 musicisti sparsi in tutto il mondo, diretti in presenza e poi a distanza, con un’ospite d’eccezione: Tina Guo, violoncellista di Sherlock Holmes, Wonder Woman, Inception, e altri kolossal d’oltreoceano degli ultimi vent’anni.

Seguendo le orme del grande Ennio Morricone che nel 1971 firmava le musiche di Giù la testa diretto da Sergio Leone, Dario Vero crea una colonna sonora inusuale ed estremamente originale: basandosi sulla sceneggiatura del film e procedendo per immagini, il compositore mescola 42 tracce orchestrali e sinfoniche, in cui si incontrano e si incastrano tra gli altri il mandolino, il Koto, strumento musicale giapponese appartenente alla famiglia delle cetre, i tamburi Taiko giapponesi, l’Erhu, strumento di origine cinese simile al violino occidentale, lo Scacciapensieri, e l’americanissima chitarra elettrica. La titanica impresa ha visto coinvolti dall’Occidente 18 violini primi, 16 secondi, 14 viole, 12 celli, 10 contrabbassi, 3 flauti, 2 oboe, 2 clarinetti, 2 fagotti, 1 controfagotto, 6 corni, 3 trombe, 3 tromboni, 1 basso tuba, 1 cimbasso, 2 arpe e 5 percussionisti; dal mondo orientale, Koto, flauti Shakuhachi, Taiko, Erhu, Temple Block ovverostrumenti a percussione di origine cinese, tamburi a clessidra Tsuzumi e un Hurdy Gurdy Ucraino.

Il film fonde Est Europa, Giappone, Italia, Medio Oriente e Stati Uniti, e si presenta come la rivisitazione della storia di Taras Schevchenko, poeta e pittore ucraino vissuto nell’Ottocento la cui eredità letteraria è ritenuta uno dei pilastri della letteratura moderna ucraina. La vicenda segue Taras che, per riprendersi la sua amata e ritrovare fiducia in se stesso, imparerà l’arte della katana da un samurai giapponese, fuggito dal suo paese in cerca di vendetta. Ai due si affianca un venditore di armi ebreo incontrato durante il viaggio; l’autentica amicizia che si consoliderà fra i tre personaggi, sarà al centro di un’avvincente avventura. Questo Sushi Spaghetti Western ha tutte le dinamiche e le caratteristiche del western, senza però nativi americani o volti messicani ma ninja e samurai, con molti combattimenti, effetti speciali, stuntmen e riprese mozzafiato. Insomma, nonostante tutto, l’arte e la musica non si sono fermate.

Disponibile su iTunes e digital stores dall’11 gennaio 2021, The Inglorious Serfs.

Info:

www.dariovero.com

Teaser The Ingloriuos Serf: https://www.youtube.com/watch?v=pE2xecukTmk

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