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Marrakech: la Masadra di Ben Youssef e il Palazzo di El Badi, angoli di silenzio nel concerto della medina

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Marrakech è la sua medina, brulicante di vita e di energia. Solo perdendo la bussola per qualche ora si può vivere appieno il suo narcotico caos, una dimensione dove immergersi tutto d’un fiato. Eppure nel turbinio di suoni, profumi e colori si possono ritagliare attimi di pace nel dedalo urbano, dimensioni parallele racchiuse in questo ginepraio di vita. La “città rossa” svela inaspettate rivelazioni entrando nei numerosi riad che puntellano la medina, le classiche abitazioni urbane del Marocco, ma anche visitando alcuni luoghi simbolo: la Masadra di Ben Youssef e il Palazzo di El Badi.

Le rovine del palazzo di El Badi

Masadra di Ben Youssef, il tempio dell’arte islamica

La Masadra di Ben Youssef è la più grande del Marocco e di tutto il Maghreb, una meta imperdibile per chi visita per la prima volta Marrakech ma anche per chi ha già ammirato la sua raffinata architettura adorna di dettagli: non basta una sola visita per scoprirli tutti. Con il termine “masadra” si intende una scuola musulmana dedicata all’insegnamento religioso e questo luogo identitario viene considerato tra i più importanti dello stato per l’indiscutibile bellezza architettonica impreziosita con una miriade di decorazioni e fregi, ma soprattutto per il simbolismo che racchiude da secoli.

La struttura venne commissionata dal sultano Abdallah al-Ghalib nel XIV secolo per realizzare un istituto di accoglienza per gli studenti della vicina moschea Ben Youssef. Un grande edificio con 130 stanze che poteva ospitare sino a 900 giovani. Oggi la masadra non svolge più la sua originaria funzione ma custodisce intatta tutta l’atmosfera di un tempo.

Incastonata come una gemma preziosa nel cuore della medina, accoglie i visitatori nella pace del suo cortile incorniciato da un ornamento sfrenato eppure privo di un particolare egocentrico. Arabeschi e calligrafie si rincorrono lungo le pareti: un’arte che scaturisce da un centro e ad un centro tende, astrazione conturbante ed ipnotica di un incantesimo visivo inciso nel marmo, nel gesso e descritto nelle “zelliges, le piastrelle tipiche che circondano l’intero perimetro del cortile. La ricchezza decorativa del cortile contrasta con la linearità delle sue stanze che oggi come allora descrivono l’austerità di un luogo dedicato unicamente alla vocazione e all’apprendimento della vita da asceti.

Il Palazzo di El Badi, i fasti del passato tra polvere e immaginazione

Un’altra meta da non perdere per immergersi nuovamente nel silenzio e nella storia di questa millenaria città ricca di suggestioni è il Palazzo di El Badi, quel che fu della grande e sontuosa residenza costruita dal sultano Ahmed El Mansour nel 1578. Non appena si varca l’ingresso, ci si rende conto dell’atmosfera che aleggia tra le maestose rovine: questo luogo è un autentico scrigno dove regna il mito, magicamente incapsulato nel silenzio. Un’eredità architettonica che troneggia superstite, geometricamente razionale in antitesi al caos della città e al labirinto dei suoi vicoli. La pietra rossa di arenaria incornicia una dimensione quasi aliena per l’assordante realtà a colori di Marrakech, quella della quiete e dell’immaginazione.

Questo luogo suggestivo è un contrordine nel contesto cittadino dove tutto è piacevolmente estremizzato e vivido: le sue rovine descrivono solo la simmetria del palazzo dismesso dall’uomo, eroso dalla storia e dalla sabbia. Una suggestione decadente quasi terapeutica dopo il caos incessante della medina.

Il primo affaccio al cortile interno descrive l’importanza del sito: El Badi testimonia ancora oggi la sua identità e quella che conferiva alla città nel passato. Il palazzo comprendeva 360 camere tra padiglioni e foresterie, sale per le udienze e ricevimenti, una residenza estiva e un giardino di cristalli. Le sue rovine lasciano spazio ad un viaggio immaginario, un privilegio per il viaggiatore alla ricerca di stimoli. Osservando lo scheletro degli antichi fasti è facile evocare le sue antiche fattezze: l’enorme giardino a pianta rettangolare doveva profumare di agrumi maturati al sole, l’acqua zampillava allegramente dalle fontane e le innumerevoli stanze e i saloni, gli angoli e i pertugi ospitavano agio e ricchezza, benessere e desiderio di un regno prospero.

Dalla terrazza del piano superiore alla quale si può accedere, si comprende la sua disposizione: la pianta del palazzo equivale a quella di un classico riad rielaborando la concezione delle dimensioni intime di un’abitazione a grande scala. Bastò solo un decennio per cancellare questa meraviglia: l’intera struttura venne rasa al suolo dal sultano alaouita Moulay Ismail per dimenticare i fasti della precedente dinastia saadita e venne poi lasciata alla decadenza. Oggi il palazzo è un luogo dell’immaginazione che lascia ai viaggiatori accorti spazio alla consapevolezza storica. A volte è nell’amara sorte della distruzione che può nascere la rivalsa: questo luogo vive la sua rinascita tra le polveri che nella rarità del silenzio cittadino sembrano intonare la più rara e preziosa delle armonie.

 

Un’altra meta da non perdere per ritrovare la quiete e passeggiare tra una flora lussureggiante e pennellate di blu intenso sono i Giardini Majorelle  che ritrovarono il loro antico splendore grazie all’imprenditore Pierre Bergé e allo stilista Yves Saint Laurent.

Per tutte le informazioni utili, visitate il sito ufficiale visitmarrakech.com 

Immagine copertina: cortile interno della Masadra di Ben Youssef.

Photo credits: Elena Bittante

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Marrakech è la sua medina, brulicante di vita e di energia. Solo perdendo la bussola per qualche ora si può vivere appieno il suo narcotico caos, una dimensione dove immergersi tutto d’un fiato. Eppure nel turbinio di suoni, profumi e colori si possono ritagliare attimi di pace nel dedalo urbano, dimensioni parallele racchiuse in questo ginepraio di vita. La “città rossa” svela inaspettate rivelazioni entrando nei numerosi riad che puntellano la medina, le classiche abitazioni urbane del Marocco, ma anche visitando alcuni luoghi simbolo: la Masadra di Ben Youssef e il Palazzo di El Badi 🦋 Il mio articolo: https://www.europeanaffairs.it/viaggiare/2019/12/29/marrakech-masadra-ben-youssef-e-il-palazzo-di-el-badi-angoli-del-silenzio-nel-concerto-della-medina/ 🇲🇦 . . . #marrakech #medersabenyoussef #morocco #ig_morocco #visitmorocco #travelmorocco #Morroc #travelandlife #culturetrip #traveldiaries #bohochic #bohemianstyle #simplymorocco #livetoexplore #roamtheplanet #travelandlife #traveldiaries #culturetrip #beautifulplacestovisit #traveljournalist #cultureheritage #culturetrip #livetravelchannel #arabicarchitecture #iamtraveller #awsomeglobe

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I giardini Majorelle, l’eden impressionista di Marrakech

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La natura nell’Africa sahariana è un privilegio e i giardini sono concepiti come veri e propri paradisi terrestri. La luce a queste latitudini esalta il colore trasformandolo in un’entità dalla vitalità prorompente e dalla nitidezza assoluta, è forse questa la magia che rende i giardini Majorelle un luogo di suggestione, un tassello di pace incastonato nel mosaico berbero della “città rossa” di Marrakech. Un luogo di quiete dove passeggiare tra la flora lussureggiante e il canto dei fringuelli, un percorso evocativo fucina di ispirazioni, come un “giardino impressionista” dove il gioco di luci ed ombre sfuma i colori della natura con il declinare del sole. Un angolo di tranquillità ricco di fascino e di biodiversità, distante dal conturbante caos della città

Questo giardino venne progettato nel 1923 per volere dell’artista francese Jacques Majorelle che si trasferì nella città marocchina nel 1919 per motivi di salute. Fece costruire una villa liberty dall’eleganza moresca concepita come atelier con un grande giardino. Ben presto il creativo allargò i suoi spazi di lavoro oltre le mura lasciandosi ispirare dagli scorci del suo eden. Da sempre appassionato di botanica, Majorelle intarsiò quattro ettari della proprietà con specie arboree provenienti da tutto il mondo: gruppi di palme alternati a cespugli di bambù, cactus, yucca, gelsomini, bouganville e stagni punteggiati di ninfee. Sono numerose le protagoniste di questa biodiversità generosa che crea un dedalo di natura progettato secondo la razionalità dell’arte botanica descritta nel Corano. In questo caleidoscopio di verde spicca il blu majorelle, identitario dell’architettura del luogo. Questa tonalità è un abbraccio vivido e sfrenato di oltremare e cobalto capace di accogliere e valorizzare i dettagli minuziosi dell’astrattismo dell’arte moresca e l’esuberanza di una natura sinuosa. Il visitatore che si addentra all’interno del perimetro del giardino dosa come un equilibrista emozioni contrastanti evocate dall’energia della luce e del colore e dalla quiete ritmata del soave canto degli uccelli e dal silenzio ovattato di alcune aree del giardino.

Quest’oasi urbana venne aperta al pubblico nel 1947 ma il suo splendore si affievolì all’incuria a causa dei problemi di salute e finanziari dell’artista sino al completo abbandono nel 1961. Il giardino ritrovò il suo splendore nel 1980 grazie all’imprenditore Pierre Bergé e allo stilista Yves Saint Laurent che già negli anni ’60 si innamorarono perdutamente di questo giardino e scelsero di salvarlo rispettando le regole dell’arte araba del giardinaggio. L’incontenibile ricerca del bello della coppia illuminò nuovamente quell’ipnotico blu che identifica questo luogo in tutto il mondo, un genius loci come una musa che diede allo stilista costante ispirazione tanto da associarla alla “magia del colore”, percezione radicata in una tradizione pittorica che rimanda a Paul Klee e Delacroix.

I giardini Majorelle sono una meta che stimola la vista ma accarezza anche l’udito, una meta polisensoriale dove convivono in armonia la forza del colore e la dolcezza dei suoni. Un mondo agli antipodi rispetto al caos della vicina medina dove il brusio del contrattare si impasta con i rumori dell’operosità artigiana. Marrakech è una città che offre tanti scorci diversi, un ossimoro sensoriale che evoca il confronto facendo apprezzare anche uno dei sensi spesso trascurato nel piacere del viaggio: l’udito, paradossalmente inascoltato alla scoperta di nuove realtà.

In questa città dove le sabbie del deserto confondono le linee dell’Atlante che svetta in lontananza, i giardini Majorelle sono un angolo di paradiso lussureggiante capaci di evocare affascinanti contrasti: sorgono sulle terre brulle del deserto tingendosi del blu dell’acqua e risuonano il silenzio nel crocevia di un centro urbano da sempre votato al commercio, un miraggio che si trasforma in realtà per il piacere dei sensi.

 

Immagine copertina: l’arte astratta dei giardini Majorelle. 

Photo credits: Elena Bittante

Elena Bittante
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