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European Affairs - page 2

Festa grande per Giancane al Monk

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Giancane torna a casa, sul palco del Monk, che tante volte lo ha già ospitato, per un’occasione veramente speciale: il compleanno del suo primo EP, “Carne”, che quest’anno festeggia ben dieci anni.

Giancane, al secolo Giancarlo Barbati, invita il suo pubblico a quella che di fatto è una grande festa collettiva di due giorni più che un semplice live. Scalette diverse per le due serate, tanti musicisti fra gli ospiti, come Andrea Ruggiero al violino e il rapper Kento nella prima, e  Galoni ed Alessandro Pieravanti del Muro del Canto nella seconda.

Il padrone di casa non si risparmia un momento, trascina i presenti, fa ballare e saltare e condisce lo show con il suo humour tutto romano. Si diverte e fa divertire, annullando la distanza fra palco e platea, e trasformando le due serate in un party travolgente, carico di allegria.

Più di tre ore di musica per entrambi i concerti e, tanti i pezzi suonati, da cover come “Lunedì”e “Riderà”, passando dai classici “Vecchi di merda”, “Hogan blu”e “Una vita al top”, fino ad arrivare ad “Ipocondria”, “Disagio”, “Come stai”e tanti tanti altri. Una kermesse musicale lunghissima che tuttavia sembra volare via in un attimo, tanta è l’energia vitale che proviene dal palco e si spande come un balsamo sulla folla.
Un compleanno davvero indimenticabile per chiunque abbia avuto la fortuna di essere presente, e un modo meraviglioso per iniziare anche le feste di Natale con la giusta carica intonando tutti in coro “Buon compleanno Gesù”.

Qui sotto la scaletta della serata del 22 Dicembre:

Ma tu no

Pecora

Ciao sono Giancane

Riderà

Lunedì

La vita

Il mio migliore amico

Vorrei essere te

Hogan blu

Limone

Non dormo più

Come stai

Papà Francesco

Disagio

Ipocondria

Slib

Siupm

Voglio Morire

Pare che dorme

Vecchi di merda

Uvat

Neanche per sbaglio

Tuttucha

Sarni

Dragostea Dinitei/ L’amour toujour

Buon compleanno Gesù

La stessa estate

 

 

Il segreto dei mille volti di Venerus

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Grande attesa per questo nuovo live di Venerus, a pochi mesi dall’ultima esibizione dello scorso giugno a Roma. Il nuovo tour invernale “‘18-’23 Club Tour”, prodotto da Palace Agenzia, lo sta portando infatti nei principali club italiani elo abbiamo visto nello spazio più raccolto dell’Orion Club di Ciampino.

«‘18-‘23 sono le coordinate del viaggio percorso da “Non ti conosco” fino a “Il Segreto”» racconta Venerus «Questo tour è un momento di raccoglimento per guardarsi negli occhi e ripercorrere tutto quello che è successo dall’inizio fino ad ora e magari sbirciare verso il prossimo futuro.»

Da sempre fortemente legato alla dimensione live, l’artista milanese con il “‘18-’23 Club Tour” aggiunge un nuovo tassello alla sua carriera ed è ora pronto a calcare i palchi dei club più rinomati, per dare risalto a tutte le tappe del suo già ricco percorso musicale: dai primi singoli e EP che lo hanno avvicinato al pubblico come “A che punto è la notte” (2018)  e “Love Anthem” (2019, contenente l’ormai iconico “Love Anthem, No. 1”, brano certificato disco d’oro), fino all’atteso album di debutto “Magica Musica” (2021, disco d’oro), apprezzato da fan e critica, e “Il Segreto”, uscito il 9 giugno scorso per Asian Fake/Sony Music, con cui ancora una volta svela all’ascoltatore le sue mille sfaccettature, sonorità e sperimentazioni continue.

Sale sul palco in abbigliamento a metà strada tra una barbuta sposa circense e una divinità indù e, forse anche grazie ai giochi di luci sul palco, tra gli strumenti e gli oggetti decorativi, come le mani in posa mudra poggiate sulle tastiere, caliamo subito nel suo universo onirico. Un viaggio tra i suoi brani, senza fronzoli, senza aggiunte, puro, ricco di suggestioni e profondo come ci ha abituati la sua musica fino a oggi. Venerus – cantautore e polistrumentista – è un’anima libera dalle etichette, che con la sua musica fuori dagli schemi – ma proprio per questo unica e magica- rappresenta una perla rara nel panorama contemporaneo. Il “‘18-’23 Club Tour” costituisce una nuova occasione per entrare nel suo mondo, fatto di atmosfere oniriche, condivisione e libertà.

Circondato dalla fida e ottima band composta dal produttore Filippo Cimatti e dai musicisti Danny Bronzini alla chitarra, Andrea Colicchia al basso, Elia Pastori alla batteria e Danilo Mazzone all’organo e tastiere, l’esibizione di questa sera è stata anche teatro delle mille sfaccettature e caratteristiche di Andrea Venerus.

Il trasformismo, non solo nei costumi e nel look, penetra ogni nota dei suoi lavori, rendendolo uno degli artisti più insoliti ed eclettici dell’attuale panorama musicale italiano. Venerus, cognome d’arte, è senza dubbi uno degli artisti che stanno contribuendo a innovare la scena musicale contemporanea. Libero e fuori da qualsiasi catalogazione, non segue i facili dettami delle mode e dei filoni musicali attualmente in voga, e viaggia su un binario a parte, coinvolgendo la sala in questo gioioso, commovente, lucido e sognante viaggio.

La scaletta di questa sera è un percorso circolare che inizia da adesso e si sposta a ritroso nel tempo, per poi tornare alla partenza. Il concerto inizia infatti con una manciata di brani dal suo ultimo album Il Segreto, per poi passare ai primissimi singoli “Non ti conosco” e “Deamliner”. Qualche brano dagli EP Love Anthem e A che punto è la notte, alternati sapientemente, per poi passare al primo album Magica Musica e concludere, come per incanto, tornando al presente de Il Segreto, con i brani più toccanti “Istruzioni” e la straziante “Il tuo cane”. Resteranno tra i nostri ricordi la bellissima e inaspettata la versione di “La collina dei ciliegi” di Lucio Battisti, e l’arrivo sul palco di Gemitaiz e Franco 126 per “senza di me”, una delle canzoni più iconiche di questi ultimi anni.

Impossibile assegnargli un genere musicale preciso, dicevamo, anche se il filo conduttore dei suoi brani è sicuramente la raffinatezza, che lega tutti gli stili e le sonorità di questa serata. I cambi d’abito sul palco sembrano rappresentare tutti gli stili, le influenze e le sfaccettature di questo artista, e i diversi piani di lettura e interpretazione delle sue canzoni. Mischia infatti vocalità soul, rap, accenni di jazz, assoli di chitarra elettrica, suoni della natura, strutture classiche o sperimentali, con l’elettronica, creando una sorta di urban music allucinata. Originale, strana, affascinante e mistica. Sono molti i momenti in cui la sua voce e il suo modo di cantare ti si aggrappano all’anima, te la strappano via dal petto, e la fanno volare via sulle note in una dimensione e in un tempo non descrivibili se non in quelli di un sogno. Una musica, in primo luogo umana e sofisticata, da seguire senza opporre resistenza. Venerus, ma dove andiamo, senza di te?

 

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Kaki King torna a Roma per una serata unica ed incantevole

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Serata intima e suggestiva per il concerto di Kaki King a Roma.

Katherine Elizabeth King all’anagrafe, la prodigiosa chitarrista statunitense torna in Italia con un nuovo tour, per celebrare il ventesimo anniversario del suo primo album “Everybody Loves You”. L’evento fa parte della kermesse “Unplugged in Monti”, che approda questa volta all’Alcazar di Trastevere.

Pubblico attento e composto quello che si riunisce al locale per ascoltare le magiche melodie dell’artista americana. Kaki King appare sul palco con la scioltezza di chi si prepara ad una serata tra amici. Sullo sfondo di una scenografia minimalista, avvolta da luci calde e soffuse, invita sorridente i presenti a sedersi a terra davanti a lei, ed imbracciata la sua chitarra, dà il via ad un concerto incantevole.

La maestria con cui Kaki accarezza le corde del suo strumento affascina immediatamente gli astanti. Pochi, pochissimi, gli schermi dei cellulari accesi da chi cerca di immortalarla in un video o in una foto. I più ascoltano, composti e silenziosi, ammaliati dalle eclettiche sonorità della chitarrista, rapiti dal suo fascino indiscusso e dalla simpatia con cui interagisce con il suo pubblico.

La musica di Kaki King rifugge qualunque tipo di definizione precisa. Sonorità dai toni quasi jazz si mescolano a ritmi percussivi ed accordature multiple, segno dell’indiscussa poliedricità di questa artista.

Una serata davvero imperdibile per tutti i veri amanti della musica. Un concerto quasi mistico eppur familiare, che fa vibrare le corde dell’anima e scalda il cuore.

Si ringraziano IMARTS, Alcazar Live, e International Music and Arts.

 

Sei tutto l’indie (di cui ho bisogno)

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Sei tutto l’indie Fest

Si è festeggiato al Monk il decimo anniversario di “Sei tutto l’Indie”, community fondata da Giuseppe Piccoli e Gianmarco Perrotta nel 2013.

A rappresentare lo spirito della community, si sono esibiti Kuni, Soloperisoci, Clavdio e Management. È proprio degli allora Management del Dolore Postoperatorio il brano Pornobisogno, dal cui ritornello è stato coniato il nome del progetto.

Questo anniversario è anche l’occasione per riflettere sullo stato attuale del circuito indie, cosa è rimasto dello spirito e del sound originale e quali possono essere le evoluzioni attuali e future.

Apre i festeggiamenti un breve incontro nel cortile del Monk, con Exitwell, sul tema dell’Indie italiano. Come e quando è nato? A che punto è adesso? E’attivo, è morto, e soprattutto ha ancora senso parlare di Indie quando l’indie diventa mainstream (riferimento all’album di Calcutta assolutamente voluto)? Può avere senso universalmente, ò è un tipo di attitudine che può essere sincero e spontaneo solo nei localini di una città come Roma?

Potremmo filosofeggiare per ore, ma è giunta l’ora di tornare in sala e assistere all’eterea performance di Kuni, pop elegante tinteggiata di rock, di stampo prettamente (ahimé oserei dire) internazionale. A suo agio sul palco (a parte una battaglia persa con gli in ear), Eleonora ha stoffa e potremmo sentirne parlare a breve, quando il progetto sarà un filo più definito e pronto a decollare veramente.

La “festa” continua con i Soloperisoci (al secolo Ernesto e i Soci) in formazione ridotta e temporanea che scatena l’entusiasmo dei presenti. Presentano i brani del loro album di debutto “Ingresso Riservato” (posso stringere la mano virtualmente a chi sceglie nomi e titoli di questa band?). Le prime file cantano a squarciagola i testi delle canzoni, con frasi che sono già slogan, e sembra davvero di tornare a dieci anni fa, quando nei locali si esibivano gruppi e artisti che crescevano grazie ai loro seguaci. Pop rock scaltro, interessante, con venature post-punk, e che ti resta ben bene incollato al cervello, schiarendoci l’idea di quello che può essere la scena attuale. Se la cavano più che dignitosamente e non vediamo l’ora di tornare a vederli in formazione completa, indossando le loro iconiche magliette.

Dopo le nuove leve è il turno di un rinnovato e più profondo Clavdio. Notevoli doti di scrittura che rendono allegra ogni vena malinconica che trafigge i suoi brani.  Una scaletta che spazia dai brani dei suoi esordi, quando era ancora “Il Rondine” a quelli dei suoi album “Togliatti Boulevard” e il più recente “Guerra Fredda”. Grandi capacità di scrittura, una penna in apparenza semplice, ma piena di richiami e giochi di parole, capace di trasmettere una scarica di emozioni sincere. Nella sua esibizione solitaria, Clavdio ci fa ben sperare che l’indie respiri ancora a pieni polmoni, al di là di ogni più pessimistico pronostico.

Siamo ancora in questo stato semi-onirico, immersi nei ricordi e nelle evocazioni, quando sul palco esplode la furia dei Management.  E cambiamo totalmente registro. La staticità di Clavdio, che ci ha smosso un milione di colori nel cuore (riferimento al suo brano assolutamente voluto), è spazzata via, o meglio risvegliata bruscamente dal sogno, dalla folle energia dei Management. Adrenalina, teatralità, provocazione, un’esibizione che ti lascia i lividi addosso, e che ti piace. Innegabili il carisma (e la follia) di Luca Romagnoli, biondo-platinato di fresco, con la sua sovrumana carica adrenalinica, che travolge e stravolge tutto ciò che si trova davanti e infiamma letteralmente il Monk. Una carrellata di brani, principalmente dal loro album “Ansia Capitale”, fino alla conclusiva, immancabile, già citata “Pornobisogno”.

Ospite d’eccezione Niccolò Carnesi, stella del cantautorato italiano, che ha all’attivo molteplici collaborazioni tra cui Brunori SAS, Lo Stato Sociale, Dente, Dimartino, Luci della Centrale elettrica, Appino, etc. Romagnoli butta giù, o meglio invade, le barriere che dividono pubblico e artisti sul palco, in un’esibizione che resterà nella storia (annunciata una lunga pausa dai live per i Management) per la qualità sonora e per la carica emotiva condivisa in questa serata speciale di “commemorazione” di uno dei più solidi movimenti della musica italiana, nato senza sapere di esserlo.

Si spengono le luci al grido di “l’indie è morto”, ma non ne siamo così sicuri. La serata prosegue, il live lascia il posto alle selezioni musicali e al popolo danzante. Se ce ne andiamo senza aver trovato risposta ai nostri interrogativi, abbiamo assaporato quanto abbiamo ancora voglia di concerti nei locali, di scoprire nuova musica, di cantare i testi sottopalco e avere un senso di appartenenza a qualcosa che sta prendendo forma. In questa serata nostalgica, ha vinto tutto l’indie di cui abbiamo ancora bisogno.

 

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I Negrita tornano per ua serata davvero elettrica all’Orion Club

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Dopo l’ultimo tour durato tre anni, e suonato interamente in acustico, i Negrita tornano finalmente all’elettrico per un nuovo viaggio che li porterà nei club di tutta Italia.
Data sold out quella all’Orion di Roma, e pubblico carichissimo che richiama a gran voce la band sul palco al grido di “Ehi Negrita!”.
Pau e i suoi non si fanno troppo attendere e regalano al pubblico presente nel locale una scaletta pazzesca che spazia attraverso la discografia della band.
Amplificatori a palla e chitarre elettriche per veicolare l’energia di brani come “Mama Maè”, “In ogni atomo” o “Radio Conga”, ma anche momenti più soft sulle note di “Ho imparato a sognare” e “Che rumore fa la felicità”.
Un concerto in cui la band ed il pubblico presente hanno scambiato vibrazioni, dialogato attraverso la musica e si sono fisicamente sfiorati. Tantissime le mani alzate in aria, e tante anche le volte in cui Pau e gli altri si sono protesi oltre il palco, per regalare sorrisi, gesti veloci, ed annullare la distanza fisica fra stage e parterre.
Una serata davvero carica di tantissima energia positiva: i Negrita sono tornati, e sono tornati alla grande!!!

La formazione dei Negrita per questo tour vede Paolo “Pau” Bruni alla voce, Enrico “Drigo” Salvi  e Cesare “Mac” Petricich alle chitarre, Giacomo Rossetti al basso, Guglielmo Ridolfo Gagliano alle tastiere, e Cristiano Dalla Pellegrina alla batteria.

Qui sotto la scaletta della serata:

SIAMO ANCORA QUA
BAMBOLE
IL LIBRO IN UNA MANO
IO SONO
NEGATIVO
NON CI GUARDEREMO
IN OGNI ATOMO
HEMINGWAY – HOLLYWOOD
IL GIOCO
CHE RUMORE FA PA FELICITÀ
BRUCERO’ PER TE
RADIO CONGA
IL BALLO DECADENTE – NOTTE MED.
ROTOLANDO VERSO SUD
SALVATION – ALZATI TERESA
NON TORNERANNO PIU’
HO IMPARATO A SOGNARE
IL GIORNO DELLE VERITA’ – SPLENDIDO
LA TUA CANZONE
A MODO MIO
CAMBIO
MAMA MAE’
GIOIA INFINITA

Si ringraziano  Vertigo Concerti e Orion Club Ciampino

Mirko Zilahy presenta il suo nuovo attesissimo romanzo ed incontra i suoi lettori

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Lo scrittore Mirko Zilahy è di nuovo in tour attraverso l’Italia per presentare il suo ultimo lavoro letterario: “Nostra signora delle nuvole”. Noi abbiamo avuto il piacere di partecipare alla presentazione tenutasi alla Feltrinelli Marconi di Roma, dove, sorridente, e disponibile come sempre, ha incontrato i suoi lettori per raccontare la genesi del suo nuovo romanzo. A fare gli onori di casa in libreria, Elisabetta Cilenti, che si è occupata di introdurre l’autore ed ha prestato la sua voce  alla lettura di alcuni brani del testo.

Zilahy, già noto al grande pubblico per i suoi libri noir: “La trilogia del caos”, con protagonista il commissario Mancini, e “L’uomo del bosco”, si discosta ora dal registro del thriller per esternare sulla pagina una storia sentita e personale. Una storia che alterna sorrisi e lacrime come ogni storia di vita vissuta, e che coinvolge il lettore fino all’ultima pagina.
Seduto di fronte al pubblico accorso in libreria, l’autore non si risparmia, e con semplicità ed ironia racconta di alcuni degli elementi che hanno dato vita al suo romanzo.
Dialoga con i presenti, firma copie del libro e scambia una parola con tutti, fino a giungere ormai quasi all’ora della chiusura.
Un incontro vivace e coinvolgente, al termine del quale viene voglia di correre a casa, per sedersi finalmente in poltrona ed immergersi nel mondo poetico di “Nostra signora delle nuvole” per assaporarne ogni sfumatura.

I prossimi appuntamenti per chi lo avesse perso:

13 ottobre – Avezzano – ore 18.00
libreria Ubik
14 ottobre – Ostia – ore 17.30
libreria Ubik
15 ottobre – Tivoli – ore 17.30
Villa Gregoriana
19 ottobre – Roma – ore 18.30 libreria Ubik Roma Tiburtina
25 ottobre – Milano – ore 19.00
Libreria del convegno
26 ottobre – Gallarate – ore 18.30
Biblos Mondadori
27 ottobre – Novara – ore 18.00
libreria La Talpa
28 ottobre – Assisi – ore 17.30
Mondadori Point

La sinossi del romanzo:
Mirko ha sette anni e sette nomi. Ogni nome una storia, una vita, un sogno, un destino che gli ha donato sua madre Annarita. Per lui ha inventato una lingua capace di trasportarli in un universo mitico e fiabesco. Insieme, hanno creato una fortezza di storie e di parole per difendersi dal più terribile dei mostri: la realtà.
Attraverso l’infanzia nel pittoresco quartiere romano di Città Giardino – punteggiata dalle visite dell’elegante nonna materna, del bizzarro nonno ungherese e dal rapporto difficile con il padre – la voce narrante muta con l’arrivo della sorellina e con il sofferto trasloco a Latina. Con lo stesso sguardo svagato e favoloso di Annarita, Mirko trasforma le ansie in una narrazione picaresca che sfida le trappole dell’adolescenza, la scoperta dell’amore, e del dolore più grande. Finché, inesorabile, la realtà non s’insinua tra le mura di casa, portando con sé il fantasma dell’età adulta e della fantasia che si sfalda come le nuvole.
Tra le inevitabili macerie dell’esistenza resta però intatto l’obelisco della madre a testimoniare una storia meravigliosa e a tramandare le splendide illusioni di una vita.
Mirko Zilahy, dopo il successo nel thriller, accorda la voce a un registro letterario e scopre una gamma di colori, stili e sensazioni che lo proietta nella grande tradizione del romanzo familiare e di formazione. Nostra signora delle nuvole è un libro poetico, commovente, universale, che racconta la vita di un uomo e della sua famiglia attraverso gli occhi colmi di stupore di un bambino, e la storia d’amore tra una madre e i suoi figli attraverso la letteratura, l’immaginazione, l’irrealtà. La storia di un destino scritto nelle nuvole.

Biografia dell’autore:
Mirko Zilahy, nato a Roma nel 1974, ha conseguito un Phd presso il Trinity College di Dublino, dove ha insegnato Lingua e letteratura italiana. Collabora con il Corriere della Sera ed è stato editor per minimum fax, nonché traduttore letterario dall’inglese (ha tradotto, tra gli altri, il premio Pulitzer 2014 Il cardellino di Donna Tartt e il celebre bestseller Mystic River di Dennis Lehane). È così che si uccide, il romanzo con cui ha esordito nel 2016 facendo conoscere ai lettori il personaggio di Enrico Mancini, è stato un grande successo di pubblico e critica. Sono seguiti La forma del buio (2017) e Così crudele è la fine (2018) tutti editi da Longanesi. I suoi account social sono: Twitter – Facebook – Instagram

Neri Marcorè omaggia Gaber a Villa Ada

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In una delle ultime serate dal sapore ancora estivo, il festival di Villa Ada ha ospitato un ospite d’eccezione. Artista poliedrico e sempre affascinante, Neri Marcorè è salito sul palco per portare al pubblico una serata dedicata a Giorgio Gaber, e lo ha fatto con il garbo e l’indiscussa eleganza che da sempre lo caratterizzano.

Camicia bianca e pantalone scuro, Marcorè imbraccia la chitarra, accompagnato da una band composta da Domenico Mariorenzi alla seconda chitarra, Simone Talone alle percussioni, Fabrizio Guarino alla chitarra elettrica e Alessandro Patti al basso e contrabasso.

Istrionico ed affascinante,  l’attore cantante, che già più di una volta ha voluto omaggiare i grandi cantautori italiani con serate dedicate, presenta adesso, a vent’anni dalla sua scomparsa, un misto di canzoni e monologhi di Giorgio Gaber, ripercorrendo i suoi grandi successi musicali e dando voce nuovamente al suo umorismo sottile e mai scontato.

Alternando musica e parole, Neri Marcorè affabula e diverte i presenti, regalando loro una serata davvero particolare e riportando in vita anche solo per un poco il fantasma irriverente del cantautore milanese.

Qui sotto la gallery dello spettacolo:

Sophie and the Giants fanno ballare Villa Ada

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È una delle prime serate più fresche di fine estate a Roma, ed all’interno del parco di Villa Ada il calo delle temperature inizia a farsi sentire. Non appena Sophie Scott appare sul palco con tutta la sua prorompente energia, il pubblico sembra tuttavia improvvisamente dimenticare il freddo e si lascia trascinare dal carisma e dai ritmi travolgenti della cantante originaria di Sheffield.

Nata come una band, “Sophie and the Giants” ormai dal 2022 si è trasformata definitivamente in un progetto solista della Scott, la quale, accompagnata unicamente da un tastierista, infiamma il pubblico con la sua carica dirompente.
Capelli fiammeggianti al vento e sorriso stampato sul volto, la cantante inglese ripropone al pubblico tutti i suoi più grandi successi, da Paradise a Hypnothyze fino a brani più recenti come In the Dark e We Own the Night.

Vivacissima icona dell’indie rock britannico, Sophie Scott non si risparmia un solo istante, canta, balla e fa ballare l’intera Villa Ada. Generosa ed istintiva, stringe le mani del pubblico in transenna e si avvicina per un selfie, mostrandosi in tutta la sua genuinità. Una giovane e talentuosa artista per una serata tutta da ricordare. Non resta quindi che attendere l’uscita finalmente di un album che includa tutti i suoi successi.

In apertura del concerto di “Sophie and the Giants” anche un bravo ed affabilissimo Max Forleo accompagnato dalla sua chitarra, ed a seguire la trascinante Valentina Tioli, già star di X-Factor, ora a Roma per presentare i suoi ultimi brani.

Qui sotto la gallery del concerto.

Il sogno ad occhi aperti dei folli dello Sponz Fest

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Sigmund Freud sosteneva che i pazzi altro non sono che sognatori svegli, e a ben guardare, chiunque abbia avuto modo di partecipare, anche solo in parte, alla decima edizione dello Sponz Fest appena conclusa, non può che trovarsi in completo accordo con lo psicanalista tedesco.

“Come li pacci”, ovvero come i folli, è infatti il tema dello Sponz 2023. Chi vi prende parte abbandona felicemente le redini della ragione, per lasciarsi andare ad un sogno ad occhi aperti lungo una settimana. Sette giorni di musica, danze e gioiosa pazzia, durante la quale il giorno e la notte si fondono in un’unica grande festa.

La scelta del tema della “paccia” ha permesso di includere all’interno del festival anche una serie di eventi e progetti artistici legati in vario modo al tema centrale. Fra questi spicca: “Ci.Corrispondenze Immaginarie”, un’opera d’arte partecipata pensata da Mariangela Capossela, ed iniziata nel 2022 a Volterra, che grazie alla collaborazione con suo fratello Vinicio Capossela, direttore artistico nonché eclettico ideatore e padrone di casa dello Sponz Fest, approda ora nella cornice di Calitri.

A Volterra è iniziata la corrispondenza, a partire dalle lettere scritte tra il 1900 e il 1974 dai pazienti psichiatrici internati nel più grande manicomio italiano e i cittadini che hanno aderito, con la richiesta di diventare destinatari e interlocutori. Per lo Sponz Fest i calitrani hanno ora aperto le loro case alle tracce delle corrispondenze, ospitandole e accogliendo chi vorrà leggerle.

Non solo musica dunque, ma anche arte, impegno sociale, incontri con autori e studiosi, tra cui Ermanno Cavazzoni, Marco Rovelli e Piero Martin per una kermesse che ha tanto, tantissimo da offrire.

Davanti all’ufficio delle poste è comparsa perfino una “gabbia di matti” costruita dall’instancabile Dum Dum, già autore della geniale trebbiatrice volante. Al suo interno un letto di contenzione, scatole di psicofarmaci sotto chiave, e, a fluttuare in alto, ritratti estemporanei e folleggianti dei partecipanti allo Sponz, scattati e stampati dal fotografo Simone Cecchetti in tempo reale.

Dal 20 al 23 Agosto il festival si snoda per l’Alta Irpinia, muovendosi tra i vari villaggi, per approdare poi  il 24 a Calitri, animare le sue piazze e i suoi vicoli, e concludere infine i festeggiamenti degli ultimi due giorni sulla collina di Gagliano, ribattezzata per l’occasione Montecanto.

Salendo in alto sopra al paese, gli “sponzati” raggiungono il ballodromo, quel paese delle meraviglie ideale, in cui, come Lewis Carroll insegna, sono tutti matti, e dove la follia positiva aiuta a sopportare la pazzia negativa del mondo odierno allo sbando.

Allo sguardo di chi approda impavido sulla collina si mostra un enorme pista da ballo, un luna park ideale, fatto di un palco più grande e due casse armoniche illuminate come coloratissime giostre. Lì, sui quei tre palchi, si alternano, in un unico lunghissimo concerto per due serate consecutive, artisti eclettici e variegati, ed il pubblico si trova a ruotare danzando instancabile verso l’uno o l’altro palco al grido di “Farciti rota! Rota!” fino alle prime luci dell’alba.

Tantissimi i nomi che si avvicendano con il compito di far ballare gli sponzati. Piedi scalzi, sandali e cappelli di paglia in testa, i presenti si scatenano fino a far alzare la polvere sulle note trascinanti degli intramontabili Skiantos, di Nino Frassica e i Los Plaggers con i loro medley di cover esilaranti e di tanti altri artisti. Le immancabili Banda della Posta e Orchestrina di Molto Agevole riportano in auge balli e canzoni di altri tempi, e trasformano il ballodromo in balera.

A loro si aggiungono ancora, fra gli altri, Samuele Bersani, Margherita Vicario, Paolo Rossi con il suo humour travolgente, l’argentino Daniel Melingo, con le sue movenze sinuose e affascinanti, MintchoGarrammone, gioiosamente carismatico, e il pirata Bobo Rondelli con le sue incursioni a sorpresa in veste di Keith Richards o Mick Jagger.

L’eclettico Vinicio Capossela, capitano ideale di questa nave di folli instancabile, accompagnato dalla sua Rolling Sponz Review, rivisita tanti dei suoi brani più famosi, e non si risparmia un secondo, duettando più volte con gli altri musicisti e regalando ai suoi fan momenti indimenticabili.

A regalare poi una parentesi di  poesia pura, con la sua voce che fa vibrare le corde dell’anima, e la sua fisicità fragile e diafana, sul palco grande, in apertura dell’ultima serata, arriva anche il cantautore Micah P. Hinson. Con il suo fare da gentleman di altri tempi Hinson strega tutti i presenti trasformando il vallone di Montecanto al crepuscolo in un luogo in cui il tempo sembra sospeso, e nel quale le sue melodie si fanno tramite per il passaggio ad una dimensione parallela ed onirica. Un momento magico, che ben si sposa con il successivo incontro dal sapore Felliniano che giunge al termine della serata, come a voler idealmente porre delicatamente fine al sogno ad occhi aperti che è stato lo Sponz.

Terminati i balli sulle note della fanfara balcanica Fa Fath Al, mentre le tenui luci dell’alba accarezzano la collina, l’ultima immagine che conservo è quella di una coppia di mimi che ballano silenziosamente sulla strada di ritorno da Montecanto, danzando leggeri sulle note di una musica che solo loro possono sentire. Una visione surreale eppure perfettamente coerente con l’aura di surreale “paccia” che ha caratterizzato questo Sponz Fest 2013. Solo chi ha avuto modo di parteciparvi può capire.

 

Qui sotto le galleries delle ultime due serate:

Prima serata: Venerdì 25 Agosto

Seconda serata: Sabato 26 Agosto

 

LAZZA – Oltre ogni aspettativa

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Si chiude col botto il Viper Summer Festival, rassegna tutta toscana divisa tra due location, con il concerto di Lazza all’Arena della Versilia. Prosegue infatti con questa tappa al Cinquale, a due passi da Forte dei Marmi, l’Ouvertour Summer 2023 che lo ha visto protagonista di oltre 16 date in questa estate di grandi successi.

Da poco reduce dal suo show sul main stage dello Sziget Festival (terzo artista Italiano nella storia dopo Lorenzo Jovanotti e i Subsonica, e primo negli ultimi 13 anni), il giovane rapper milanese porta sul palco i suoi brani più iconici, con una grinta e un’umiltà inaspettate. Sugli schermi un conto alla rovescia annuncia l’inizio del concerto, l’arena gremita di giovani (e di qualche genitore altrettanto coinvolto) esulta, attacca in grandezza, ça va sans dire, con il brano Ouverture, con la band che suona mentre la voce di Lazza arriva dal backstage per tutta la durata dell’intro. Corre e salta sul palco con grande energia nei primi tre brani, Molotov, Bugia e Netflix, in maglietta nera e shorts rossi, catena sbrilluccicante al collo e i doverosi occhiali da sole. Nero e rosso è anche il colore del palco e delle luci che illuminano i fumi, forse un richiamo alla sua squadra del cuore, o forse è solo un caso. Forza Milan grida un bambino in prima fila nella speranza di farsi sentire dal suo idolo, che per tutto il concerto interagisce con il pubblico in modo semplice e spontaneo.

Una versione ridotta rispetto allo show presentato in spazi più grandi e nei palazzetti, senza fuochi e fiamme ma pieno di sincerità. Accompagnato da un’ottima band, è un Lazza più crudo e ruvido rispetto agli album, con la voce graffiata e roca per i troppi concerti o gli sbalzi di temperatura, ma che va avanti fino alla fine senza perdere un colpo. Il pubblico canta ogni brano, dalle hit più note come Panico, Chiagne, Re Mida e Porto Cervo, a quelle più oscure o più dure come Alyx, Puto, Catrame, Slime, Jefe e Gucci Ski Mask, si infiamma con Zonda, diventa un oceano di luci sui brani più intimi e di ombrelli aperti, come di consueto, per Piove. Canta con tutta l’anima Lazza, sembra quasi sofferente a tratti, e riesce a creare un’atmosfera intima e densa su questo palco sotto le montagne e a pochi metri dal mare. Tanta energia e rabbia, quanta commozione, sia nei brani che nell’atteggiamento dell’uomo dei numeri (tutto esaurito a ogni data, oltre 3 miliardi di stream per i suoi brani e il record di permanenza ininterrotta al primo posto in classifica per Sirio, 7 volte disco di platino).

Si aggiungono alla scaletta, oltre ai brani di Sirio, di Re Mida e di J, gli ultimi successi estivi di Drillionaire “Bon Ton” e “Fashion”- Il pubblico poga, canta, partecipa (un ragazzo indovina una domanda sugli esordi di Lazza e viene invitato sul palco con il suo beniamino), si sente parte di un qualcosa di unico e irrepetibile questa sera. A un tratto, nel silenzio un grido “sei Dio”. Si mostra invece umano e fragile, più un fratello che una star sul piedistallo, scherzando con la crew sul palco ed esibendosi con una sincerità disarmante il nostro Lazza, che se è intenso in ogni brano, sembra vibrare di un’energia diversa nei momenti più introspettivi e malinconici, quasi fosse quella la sua chiave più vera.

E’ visibilmente toccato quando ringrazia a fa salire sul palco Drillionnaire e Low Kidd (che ci sono sempre stati da “quando non ero nessuno”), e ancora di più quando sul palco sale il suo cane Coby per la foto di rito con il pubblico alle spalle. Chiude in bellezza con i successi più globali “Cenere” e “Ferrari” dopo due ore di concerto e più di 30 brani suonati interamente dal vivo. Torna sul palco per ringraziare tutti, prima di essere inghiottito dalla nebbia estiva, mentre il prato si svuota e restano nell’aria le note di una notte da ricordare.

La galleria immagini:

Ginevra Baldassari
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