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ECONOMIA - page 8

Economia Italiana

Drammatica la situazione dei lavoratori TIM, chiesta audizione in Regione

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Senza attendere oltre è di oggi l’interrogazione  presentata dal consigliere Regionale  Daniele Giannini della Lega al presidente del Consiglio Regionale Daniele Leonori sulla questione dei 4.000 lavoratori di TIM per i quali l’azienda ha chiesto la cassa integrazione.

“Siamo allarmati per i pesantissimi tagli che colpiranno i lavoratori Tim” – Ha dichiarato il consigliere – “Apprendiamo dagli organi d’informazione come la compagnia telefonica sia in procinto di mettere in cassa integrazione 29.736 dipendenti su scala nazionale di cui 9.205 a Roma e provincia e 11.949 nel Lazio. La politica di riorganizzazione aziendale che la società mette in atto, attraverso il drastico strumento della cassa integrazione guadagni straordinaria, con nota del 16 maggio, lascia poco più di tre settimane di trattativa tra azienda, Ministero e organizzazioni sindacali per esaminare soluzioni meno traumatiche. Un lasso di tempo minimo per chiudere una vertenza che riguarderà migliaia di lavoratori e le loro famiglie, che inevitabilmente ne subiranno le conseguenze”.

Abbiamo raggiunto Daniele Giannini per chiedere alcune precisazioni

EA:Consigliere Questa iniziativa di TIM potrebbe essere un preoccupante precedente per tutto il settore?

DG: Trattandosi dell’azienda piu’ grande del comparto che tra diretto ed indiretto occupa circa 90mila persone e’ normale che l’esito di questa vertenza influenzera’ in ogni caso il settore delle tlc.

EA: Quale potrebbe essere l’impatto sociale sul territorio e quali altre situazioni simili sono state evidenziate negli ultimi mesi?

DG: Nel territorio laziale saranno impattati dalla cigs 12mila lavoratori ma la preoccuazione maggiore per la tenuta occupazionale e’ capire cosa succedera’ alla fine dell’ammortizzatore sociale che avra’durata massima di un anno e quanti saranno ancora gli esuberi secondo Tim.

Crisi ce ne sono state diverse ma non di queste dimensioni e con questi numeri

EA:Quali sono le azioni che può intraprendere la regione a tutela dei lavoratori?

DG: Eventuali fondi per la formazione e ricollocazione dei lavoratori ed ogni pressione politica e “moral suasion” per evitare l’ennesima crisi occupazionale nel Lazio che negli ultimi 3 anni ha portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro.

E stata presentata una interrogazione urgente al Presidente della Regione Zingaretti, al l’assessore al l’accordo Di Bernardino e alle Attività produttive Manzella per conoscere quali misure intendono adottare per la salvaguardia dei livelli occupazionali della regione e quali misure adottate per evitare la chiusura di sedi romane dell’azienda.

Inoltre il consigliere Giannini ha richiesta una convocazione urgente della commissione Lavoro per audire le sigle sindacali Slc – Cgil; Fistel – Cisl; UilCom-Uil; Ugl Telecomunicazioni;
Rsu Tim e Coordinamento nazionale Rsu Tim e i vertici della compagnia telefonica per evitare di far ricadere solo sui lavoratori la crisi e la conseguente ristrutturazione in atto.

Cassa integrazione TIM , 4000 a rischio, Giannini (Lega) azienda in audizione al consiglio regionale

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L’annuncio della cassa integrazione di TIM in questo particolare momento di transizione ha destato parecchie preoccupazioni.

Innanzitutto per l’impossibilità di intavolare un tavolo di confronto mediato dal ministero visto che al momento non c’è un governo, un tempismo che l’azienda sembra aver cercato per evitare contestazioni.

Per la società “Scelta inevitabile, speriamo in accordo”. Ricavi in calo per il gruppo, ma il mercato premia i conti solidi”

Tra le istituzioni unica voce oggi quella de consigliere Regionale della Lega Daniele Giannini che ha dichiarato “ “Siamo allarmati per i pesantissimi tagli che colpiranno i lavoratori Tim. Apprendiamo dagli organi d’informazione come la compagnia telefonica sia in procinto di mettere in cassa integrazione 29.736 dipendenti su scala nazionale di cui 9.205 a Roma e provincia e 11.949 nel Lazio. La politica di riorganizzazione aziendale che la società mette in atto, attraverso il drastico strumento della cassa integrazione guadagni straordinaria, con nota del 16 maggio, lascia poco più di tre settimane di trattativa tra azienda, Ministero e organizzazioni sindacali per esaminare soluzioni meno traumatiche. Un lasso di tempo minimo per chiudere una vertenza che riguarderà migliaia di lavoratori e le loro famiglie, che inevitabilmente ne subiranno le conseguenze”.

Dal consigliere sarà presentata un interrogazione urgente al Presidente della Regione Nicola Zingaretti, all’assessore al Lavoro Claudio Di Berardino e all’assessore alle Attività produttive Gian Paolo Manzella con l’obiettivo di convocare le sigle sindacali e l’azienda in audizione.

Anche il sindacato UGL da no interpellato ha confermato una situazione di una gravità incredibile data anche la situazione politica nazionale,” trattandosi di un asset così strategico e anche di un procedimento che coinvolgerà un numero massiccio di lavoratori,” ha dichiarato Daniele Barranca del

Coordinamento Nazione & Provinciale Ugl TLC- “non esiste una garanzia migliore di un nuovo Governo nel pieno delle sue prerogative e dei suoi poteri”.

Il pericolo che corrono i 4000 lavoratori della TIM e di rimanere scoperti delle loro tutele e senza poter discutere la decisione aziendale.

“Un esecutivo in scadenza e quindi operativo solo per l’ordinaria amministrazione non può esercitare alcuna pressione, fornire alcuna

garanzia né – prosegue Barranca – rappresentare un deterrente per investitori che potrebbero non avere naturalmente in cima alle proprie priorità l’interesse nazionale e anche, anzi soprattutto, quello del mantenimento e della difesa degli interessi nazionali.

Attenderemo dunque l’esito sella richiesta del consigliere Giannini per seguire attentamente lo sviluppo della situazione.

Oltreconfine, Vivere Impresa a fianco degli imprenditori

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Si è concluso il convegno sulla internazionalizzazione delle imprese organizzato dall’associazione no profit dei Castelli Romani

Investire all’estero è un passo imprescindibile per tutti gli imprenditori, un’opportunità che le PMI che godono di buona salute devono cogliere al volo. I processi di crescita all’estero comportano però difficoltà e impedimenti proprio per le imprese di minori dimensioni, che rendono complessa la scelta di internazionalizzare.

Il convegno “Oltreconfine. Le opportunità per le imprese che vogliono investire all’estero”, organizzato lo scorso 11 maggio da Vivere Impresa No Profit a Roma, presso la Città dell’Altra Economia, ha contribuito a far conoscere le opportunità di investimento all’estero, fornendo agli imprenditori la cassetta degli attrezzi per operare al meglio oltreconfine e illustrando le opportunità di internazionalizzazione in mercati diversi tra loro come l’Ecuador e la Gran Bretagna, ma anche in aree internazionali di crisi.

“L’incontro – ha affermato Barbara Sarrecchia, presidente di Vivere Impresa – è stato realizzato per gli imprenditori che vogliono internazionalizzare la propria attività e ai professionisti che li affiancano in questo percorso difficile, ma anche affascinante e ricco di soddisfazioni. Tra le finalità della nostra associazione c’è la valorizzazione del territorio e dei suoi principali attori tra cui gli imprenditori. Secondo il Rapporto Cerved 2017 sulle PMI, il numero delle piccole e medie imprese è aumentato fino ad arrivare a quota 145 mila (+3,6% rispetto all’anno precedente), con le aziende italiane che stanno ormai uscendo dalla lunga fase di recessione e stagnazione. È però necessario aumentare l’occupazione e accelerare il ritmo di crescita, ma è necessario anche internazionalizzare per aumentare l’appeal e migliorare la salute economico-finanziaria. Per questo motivo abbiamo deciso di organizzare questo convegno, per spiegare agli imprenditori come muoversi per raggiungere i mercati esteri”.

Il primo intervento è stato quello dell’onorevole Alberto Michelini, ex conduttore e inviato del Tg1, che è stato anche deputato del Parlamento italiano e di quello europeo. Michelini, che ha parlato delle “Relazioni tra Nord e Sud del Mondo: una nuova alleanza per un autentico sviluppo” sulla base della vasta esperienza personale e professionale, ha anche presentato il suo ultimo libro “Alimentazione, la sfida del nuovo millennio”. Il ricavato delle copie distribuite nel corso della serata andrà a favore dell’ospedale “Candide” a Mahajanga in Madagascar.

Dopo di lui è intervenuto sulla operatività aziendale in aree di crisi Alessandro Conte, presidente del “Centro Studi Roma 3000”, un centro di ricerca e sperimentazione che opera nell’ambito delle politiche sociali, economiche, educative con l’obiettivo di studiare il contesto socio-economico europeo ed internazionale.

“Il nostro obiettivo – ha spiegato Conte – è quello di promuovere la cultura della sicurezza degli operatori civili che devono operare in aree instabili, sensibilizzarli a valutare con maggiore attenzione i possibili pericoli, fornendo dossier informativi sulle aree interessate, valutazioni di rischio delle attività in corso, formazione specifica del personale”.

Per questo motivo, il Centro Studi ha messo a punto il programma “European Safety Accademy” per promuovere la sicurezza sul lavoro di chi opera in aree di crisi o instabili, come i reporter, gli operatori della comunicazione, i volontari delle ONG, i tecnici specializzati che operano su impianti in zone pericolose.

“È evidente che, al di là della normativa vigente e di un diritto in materia che va sempre più arricchendosi, il compito primario di un’impresa che opera fuori dai confini nazionali è informarsi sul contesto non solo economico e finanziario, ma anche sociale e politico dell’area dove si intende andare ad operare – ha continuato il presidente del Centro Studi Roma 3000 -. Le aree più a rischio sono Somalia, Afghanistan e Sud Sudan, ma ci sono molti altri scenari geopolitici di ben più difficile interpretazione. La lettura dei giornali e un aggiornamento quotidiano da parte del datore di lavoro sullo Stato dove opera la sua azienda dovrebbe essere accompagnato da una consulenza professionale che dia un monitoraggio preciso e costante dell’area in cui si intende operare”.

Il Centro Studi ha anche prodotto una ricerca sulla residenza digitale in Estonia che risulta particolarmente interessante proprio per gli imprenditori.

“L’e-residency – hanno affermato le ricercatrici Francesca Scalpelli e Flaminia Maturilli – è progettata per aziende e persone attive a livello internazionale che desiderano gestire la propria attività nel modo più efficiente: quello digitale. I più interessati sono gli imprenditori che lavorano con il business online. Gli e-resident ricevono una smart-card ID che consente l’autenticazione digitale sicura e la firma digitale dei documenti. Le opportunità previste per gli e-resident sono: istituire e amministrare una società online, condurre attività bancarie online, avere accesso a servizi di pagamento internazionali, firmare digitalmente i documenti all’interno dell’azienda e con partner esterni, dichiarare online le tasse estoni”.

Secondo le statistiche più recenti, attualmente ci sono più di 30.000 e-resident provenienti da 138 paesi che danno un enorme contributo all’economia estone.

Il convegno è proseguito con l’analisi di due Paesi molto diversi tra loro, ma che offrono molte opportunità agli imprenditori che vogliono andare all’estero: l’Ecuador e la Gran Bretagna. Saúl Pacurucu, console della Repubblica dell’Ecuador a Roma, ha illustrato le opportunità di investimento in Ecuador per le imprese italiane.

“L’Ecuador ha una posizione strategica per il commercio globale, sulla costa sudamericana del Pacifico – ha affermato il Console –. L’economia è stabile e l’inflazione bassa. Inoltre, le infrastrutture sono moderne e le brevi distanze interne rappresentano un vantaggio logistico. Anche le risorse umane sono altamente qualificate. Il Paese è ricco di risorse naturali e ha standard di vita elevati, con bassi rischi per la sicurezza”.

“I settori turistico e alberghiero – ha continuato Pacurucu – offrono diverse possibilità per gli investitori stranieri, con progetti presenti su tutto il Paese. È prevista la stabilità degli incentivi fiscali fino a un massimo di 30 anni, ma anche l’esenzione dei dazi doganali per i beni importati. Nelle regioni colpite dal terremoto l’esenzione è fino a 10 anni sull’imposta di reddito per investimenti nel settore turistico. Tra i modelli di gestione possibili: acquisto di azioni, costruzione di hotel in terreni di proprietà di investitori locali, acquisto totale degli immobili”.

L’avvocato Stefano Macchi di Cellere, managing partner dello studio Macchi di Cellere-Gangemi di Londra, ha illustrato le opportunità di investimento in Gran Bretagna dopo la Brexit. Molti imprenditori sono infatti spaventati dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, ma l’avvocato Macchi di Cellere ha dimostrato che investire lì è ancora una buona idea.

“Grazie all’accordo tra l’UE e la Gran Bretagna – ha spiegato l’avvocato – ci sarà un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020 durante il quale le cose resteranno invariate. I cittadini europei che arriveranno nel Regno Unito durante questo periodo avranno gli stessi diritti di quelli arrivati in precedenza”. Quindi anche per gli imprenditori valgono le stesse regole. “In Gran Bretagna – ha continuato – ci sono ertezza del diritto, mercato del lavoro flessibile, sostegno alle imprese senza dimenticare i rapporti consolidati con l’Italia: nel Regno Unito ci sono quasi 700 imprese italiane. Londra, inoltre, è la capitale europea delle start-up con 5,3 miliardi di sterline investite”.

Ma tutte le imprese possono internazionalizzare? Quali sono i requisiti dell’azienda che vuole investire oltreconfine? Lo ha spiegato Vincenzo Pesce, dottore commercialista e revisore legale, con un intervento sul controllo di gestione e il rapporto con gli organi di controllo societari.

“Il controllo di gestione – ha spiegato Pesce – è uno strumento a supporto dei processi decisionali. Rappresenta un insieme di principi, regole e strumenti che permette al management aziendale di prendere decisioni consapevoli e coerenti con gli obiettivi da raggiungere e di verificare, attraverso una serie di misurazioni economico-finanziarie ed extracontabili, gli effetti delle scelte operate”. Nel processo di internazionalizzazione di un’azienda entra allora in scena il controller, la figura professionale che svolge, organizza e supporta a tutti i livelli il processo di gestione dell’intera organizzazione.

“Prima che l’imprenditore investa oltreconfine – ha continuato Pesce –, il controller deve comprendere se gli obiettivi aziendali sono coerenti con le risorse disponibili, confrontare modi diversi per raggiungere gli obiettivi e misurare se le azioni che avvengono all’interno dell’impresa siano o meno funzionali al raggiungimento degli obiettivi. Una cosa da non sottovalutare per chi vuole investire all’estero è l’appetibilità dell’azienda: il possesso della Certificazione di Capacità Finanziaria è un requisito indispensabile per investire oltreconfine”.

Il convegno si è concluso con una testimonianza molto importante su come molto spesso la burocrazia agevola oppure ostacola la nascita o l’internazionalizzazione di un’impresa. Marco Ciccotti è co-direttore Vibes Art, una start up di creativi e sviluppatori che danno forma a marchi di successo, fondata a Londra nel 2012 da cinque ragazzi che in Italia avevano avuto difficoltà a realizzarla.

“In Italia abbiamo avuto difficoltà ad ottenere finanziamenti iniziali a causa dell’infinita burocrazia – ha spiegato Ciccotti -. Per aprire una SRL servono costi di apertura oltre a quelli della gestione contabile. La tassazione è maggiore, l’Iva al 22% che arriverà al 25% nel 2019. La richiesta di lavoro è moderata e c’è scarsa considerazione del lavoro creativo. A Londra, invece, l’arte è un business concreto e non un concetto astratto. È possibile aprire una LTD (corrisponde alla SRL italiana, ndr) in tre giorni con una sterlina di capitale e senza costi di apertura aggiuntivi. Inoltre sono compresi nella LTD la consulenza iniziale del commercialista e i conti bancari personali”.

Anche per Vivere Impresa l’arte non è un concetto astratto, ma un modo di valorizzare il territorio. Per questo motivo, il convegno si è svolto all’interno di una sala dove era stata precedentemente allestita la mostra di pittura “Il mio mare” di Roberto La Mantia, curata da Miriam Castelnuovo, che i relatori e gli ospiti hanno potuto visitare gratuitamente.

Vivere Impresa, Oltreconfine, le opportunità per le imprese che vogliono investire all’estero

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Si svolgerà a Roma venerdì 11 maggio, presso la Città dell’Altra Economia, il convegno di Vivere Impresa No Profit sulle opportunità di internazionalizzazione delle imprese
Saranno gli spazi della Città dell’Altra Economia, in largo Dino Frisullo a Roma, ad ospitare venerdì 11 maggio alle ore 18.30 il convegno “Oltreconfine. Le opportunità per le imprese che vogliono investire all’estero”, organizzato dall’associazione Vivere Impresa No Profit per gli imprenditori che scelgono di internazionalizzare la propria attività e per i professionisti che intendono affiancarli in questo percorso.

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Anas, il futuro del sistema viario Italiano spiegato dall’AD Armani

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Le infrastrutture importanti per una nazione sono molte, La rete Elettrica Nazionale, le Telecomunicazioni, il sistema di trasporto nazionale che vede diversi importanti attori al suo interno, il trasporto aereo, le Ferrovie, il complesso sistema viario nazionale che comprende autostrade e viabilità nazionale.

Soprattutto il settore dei trasporti è fondamentale per la coesione sociale ed economica del paese, come potrebbe vivere una nazione senza una efficiente rete viaria o ferroviaria, come potrebbero le merci muoversi dalla produzione al mercato di riferimento in tempi brevi senza un sistema di trasporto nazionale efficiente?

Per conoscere meglio questo settore di importanza strategica per il paese abbiamo intervistato l’ingegner Gianni Vittorio Armani, amministratore delegato e direttore generale di Anas dal 23 gennaio 2018.

La data del 23 gennaio segna per ANAS un nuovo corso con l’ingresso nel Gruppo Ferrovie dello Stato un passaggio importante per tutto il sistema di trasporto integrato nazionale.

In precedenza è stato presidente e amministratore delegato della società dal 18 maggio 2015. Ricoprendo questo ruolo, ha avviato la profonda riorganizzazione della struttura societaria e ha disegnato un nuovo assetto di governance, traghettando l’azienda verso l’ingresso nel Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.

Prima di Anas, tra il 2005 e il 2015, Armani ha lavorato per Terna Rete Italia spa di cui è stato amministratore delegato, direttore operations Italia e direttore programmazione e sviluppo della rete. Il manager ha lavorato anche presso Grtn (gestore della Rete Elettrica Nazionale), per McKinsey & Company e Telecom Italia.

Una carriera professionale che ha permesso all’attuale AD di ANAS di conoscere profondamente le tematiche legate alla gestione delle infrastrutture critiche.

 EA: Ingegner Armani, Anas ha una lunga storia: quali sono state le tappe più importanti?

Anas compie quest’anno 90 anni, un percorso che ha accompagnato la storia del Paese. L’antenata di Anas nasce nel maggio 1928 con il nome di AASS(Azienda Autonoma delle Strade Statali) avviando la trasformazione delle strade del primo Novecento, piene di polvere d’estate e fangose d’inverno, in una rete viaria con pavimentazioni permanenti e segnaletica stradale che, a mano a mano, è diventata la moderna rete stradale nazionale.

Finita la guerra, all’indomani del referendum che avrebbe visto l’Italia diventare una repubblica, l’A.A.S.S. viene soppressa nel 1946 viene istituita l’Anas, Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali. Durante gli anni della ricostruzione del paese l’Anas è in prima fila, operando su ben 21.146 km di arterie per riparare la rovina di strade e ponti.

Meno di dieci anni dopo sarebbe iniziato il fenomeno della motorizzazione di massa e, a partire dal 1955, comincia il grande incremento della rete autostradale, passando da 500 km di autostrade a 5500 nel 1975.

Nel 1961, una legge opera un riordino strutturale dell’Anas modificando parzialmente la denominazione in Azienda nazionale autonoma delle strade e incrementando la rete di competenza da 35.169 km nel 1963 a 42.800 nel 1970.

I primi anni Sessanta sono caratterizzati dal “miracolo economico”, durante il quale si assiste a un vertiginoso sviluppo dei consumi privati.La crescita economica del periodo porta all’esigenza di “allargare” i confini del Paese. Infatti, nella seconda metà del secolo scorso, sono realizzate due grandi opere: il Traforo del Gran San Bernardo (aperto nel 1964) e il Traforo del Monte Bianco (inaugurato nel 1965), facilitando il passaggio di merci e persone.

EA: Arriviamo agli anni 70,come procede lo sviluppo di ANAS in quegli anni?

Sì, nonostante la crisi petrolifera del 1973, proseguono le attività di miglioramento delle infrastrutture viarie. Nel 1974 viene ultimata l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la maggiore opera realizzata direttamente dallo Stato italiano, i cui lavori erano iniziati nel 1962. Nel 1975 iniziano i lavori per il Traforo del Frejus, aperto 5 anni dopo.Il decennio, che in generale vede in economia una notevole ripresa degli investimenti, si caratterizza per il Piano Decennale per la Viabilità di Grande Comunicazione (L. 531/1982) e per l’aumento del chilometraggio della rete affidata all’Anas a seguito dei riclassamenti chiesti dalle Province.

Negli anni 80, Anas rivoluziona l’organizzazione di presidio delle strade statali, basata precedentemente sui cantoni, passando alla rete dei centri e nuclei di manutenzione. Gli anni Ottanta si chiudono con la tornata dei lavori straordinari in vari capoluoghi di provincia per i Campionati Mondiali di Calcio, che prendono il via l’8 giugno del 1990.Nel 1995 l’Anas si trasforma in Ente nazionale per le strade, ente pubblico economico, pur mantenendo la stessa denominazione.

Nei primi anni del 2000 prende avvio il processo di regionalizzazione di una parte della rete stradale, con passaggio delle funzioni delegate all’Anas ad altri Enti territoriali. Nel 2002, si attiva il processo di trasformazione di Anas in Società per Azioni, l’Assemblea degli Azionisti approva il nuovo Statuto Sociale e nomina il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale. A partire dal 1° gennaio 2003 l’Anas diventa operativa come SPA.Il Bilancio del 2008, approvato dall’Assemblea degli azionisti il 1° luglio 2009, si chiude con un utile di 3,5 milioni di euro: è la prima volta dalla nascita della SpA.

Nel corso del 2012 nasce la società Anas International Enterprise S.p.A., in un’ottica di riorganizzazione e rafforzamento delle iniziative estere.

EA: Da gennaio 2018 l’azienda affronta un nuovo corso, quali sono i progetti per il futuro?

Oggi Anas è un’azienda rinnovata grazie a un profondo processo di trasformazione, avviato negli ultimi anni, che ha trovato solida conferma nel piano di investimenti quinquennale da oltre 30 miliardi di euro e nell’integrazione con Gruppo FS Italiane.

Con il nuovo azionista, già sul mercato, Anas potrà sviluppare ulteriormente la propria mission, valorizzare le strade e le autostrade, per migliorare la qualità del servizio offerto.

Guardando al futuro, puntiamo a consolidare la leadership di concessionario stradale e autostradale. Attualmente il mercato della rete stradale e autostradale, esclusa la rete delle strade urbane, è costituito da circa 155 mila km.

Al momento Anas ne controlla circa il 20%, e cioè oltre 24 mila km di strade statali e, direttamente o tramite società compartecipate, circa 2.000 km di autostrade a pedaggio e non a pedaggio. In questo modo Anas potrebbe diventare il secondo concessionario italiano di autostrade a pedaggio, ampliando il già interessante ventaglio delle proprie partecipazioni e utilizzando la natura pubblica di Anas per poter, assieme agli Enti locali, gestire autostrade regionali importanti, come in Sicilia o nel Nord Est del Paese, e per poter puntare a gestire tratti autostradali all’estero, come in Russia.

Inoltre, rispetto a questo mercato, Anas con le sue competenze, le sue qualità tecniche e professionali e il suo know-how ha di fronte altre possibilità.

EA: Quali sono?

In primis, ricostituire la continuità degli itinerari nazionali. Attualmente è in corso il trasferimento di alcune migliaia di chilometri ad Anas, dopo le scelte di “federalismo stradale” della fine degli anni Novanta.

In secondo luogo, Anas può candidarsi a gestire in modo efficiente e migliorare la qualità del servizio dei principali itinerari regionali e provinciali, costituendo società ad hoc con le regioni interessate, come nel caso di Lombardia Mobilità, costituita di recente.

EA: Che cosa cambia per gli utenti della strada con l’ingresso in FS?

L’ingresso di Anas nel Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane consentirà di rispondere meglio alle esigenze di mobilità del Paese, grazie alla razionalizzazione degli interventi e a una sinergia attenta alle politiche di realizzazione e manutenzione delle infrastrutture. In particolare, la sinergia consentirà di avere benefici per i clienti in termini di una maggiore offerta di servizi di trasporto integrato e di una informazione unica e integrata: la possibilità di offrire informazioni tempestive e puntuali sulla utilizzabilità della rete stradale e ferroviaria sia in condizioni ordinarie che in condizioni di emergenza sarà senza dubbio un importante valore aggiunto.

Inoltre, la condivisione delle esperienze e del know-how consentirà di ottenere importanti sinergie oltre che nel campo dell’innovazione tecnologica, anche in quello della manutenzione e della gestione delle infrastrutture a vantaggio della qualità del servizio e della sicurezza della circolazione. Anche in termini di pianificazione e realizzazione delle opere, l’ottimizzazione dei progetti e dei processi autorizzativi consentirà la riduzione di tempi e dei costi con un evidente vantaggio per la collettività.

EA: Per entrare più nel dettaglio, abbiamo un forte interesse a capire come funziona la gestione di una rete stradale cosi grade, quali sono gli standard per la realizzazione e la manutenzione del manto stradale, per questo che vorremmo approfondire questo tema con la più importante società nazionale che opera in questo settore. 

La manutenzione è oggi un tema prioritario per Anas. In controtendenza rispetto al passato, Anas ha avviato una vasta campagna di manutenzione programmata sulle proprie strade, superando la logica dell’intervento episodico ed emergenziale, destinando il 45% delle risorse alla manutenzione e messa in sicurezza della propria rete stradale.

Nel periodo 2015-2017 l’Azienda ha dato precedenza alla manutenzione e alla sorveglianza del proprio patrimonio stradale, con l’obiettivo di recuperare il rilevante deficit accumulato negli anni e migliorare la sicurezza delle strade.

 EA: Quali sono gli standard normativi per la realizzazione del manto stradale?

Anas ha recepito gli standard normativi europei UNI EN all’interno del proprio Capitolato Speciale d’Appalto e grazie al CSA Centro Sperimentale di Cesano, Roma, una vera fucina di ricerca, rappresenta un riferimento nazionale per le pavimentazioni.

L’approccio del CSA è di tipo sintetico e funzionale e, pur contenendo indicazioni prescrittive su alcun parametri “guida” dei conglomerati bituminosi (spessori, percentuale dei vuoti, contenuto e qualità del legante, ecc.), si focalizza sul controllo  delle prestazioni della pavimentazione eseguita attraverso il rilievo ad alto rendimento di alcuni parametri fondamentali (per l’aderenza, il CAT Coefficiente di Aderenza trasversale;per laregolarità l’IRI International Roughness Indexe per la portanza l’IS Indice Strutturale).

EA : Quali sono le tipologie di materiali che devono essere utilizzati?

La pavimentazione di una strada è costituita da due elementi fondamentali: gli aggregati e il legante nelle proporzioni rispettivamente 95 e 5. Nello specifico, gli aggregati possono essere naturali, riciclati e artificiali, mentre i leganti principali sono il bitume (legante idrocarburo) e il cemento (legante idraulico) quest’ultimo utilizzato solo per gli strati di fondazione. Pur costituendo soltanto il 5% del conglomerato bituminoso, il bitume è il componente più importante di una pavimentazione stradale, per questo Anas nel proprio capitolato prevede l’utilizzo dei bitumi modificati, cosiddetti “Hard”, specie sugli strati di usura drenante.

Per realizzare la parte visibile della pavimentazione, quella che l’utente percepisce e vede direttamente, cioè lo strato più superficiale (strato di usura), Anas impiega sulle strade più importanti miscele drenanti ad elevata percentuale di vuoti. Questi ultimi permettono all’acqua di defluire all’interno dello strato stesso abbattendo così il fenomeno dello spray dovuto ai veicoli che precedono e il pericoloso fenomeno dell’aquaplaning.

Sulle strade dove non conviene o non è possibile realizzare il drenante, ad esempio su quelle di montagna dove frequentemente nevica e si forma ghiaccio, sono utilizzate miscele chiuse (non drenanti) che però garantiscono livelli maggiori di aderenza trasversale (CAT). 

EA : Perché è così importante l’aderenza trasversale?

Per la sicurezza stradale, l’aderenza in curva è fondamentale. Anas esegue il monitoraggio continuo ad alto rendimento dell’aderenza trasversale sulle strade principali della propria rete utilizzando Ermes, un’apparecchiatura di nuova generazione che misura la scivolosità della superficie (nelle condizioni peggiori, es. sul bagnato) e la regolarità stradale (l’intensità e la frequenza delle vibrazioni indotte sui veicoli che utilizzano la strada).

Nei pressi dei centri abitati o di abitazioni si possono utilizzare pavimentazioni fonoassorbenti o basso emittenti per mitigare il fastidio del rumore.

Infine, Anas ha recentemente realizzato le pavimentazioni delle gallerie della Quadrilatero Marche-Umbria in calcestruzzo, con il doppio vantaggio a favore della sicurezza in galleria in caso di incendio e della maggiore visibilità favorita dal colore chiaro e riflettente del calcestruzzo rispetto al conglomerato bituminoso con abbattimento dei costi per l’illuminazione e, attraverso la maggiore durabilità del cemento, di quelli della manutenzione.

EA: Vengono svolti studi e ricerche per innovare le tecniche di costruzione e manutenzione?

Anas, grazie al proprio Centro di Ricerca di Cesano che rappresenta una vera fucina di ricerca si impegna per soluzioni innovative sui temi centrali della protezione dell’ambiente stradale e della sicurezza attiva e passiva delle infrastrutture viarie.

Questa attività ci ha permesso di essere riconosciuti come un player leader tecnicamente all’avanguardia, interfacciandosi con i leader del mercato e della ricerca, e ci consente di  testare prima in Laboratorio gran parte delle soluzioni tecniche e solo successivamente (se i dati sono promettenti)  passare alla fase operativa su strada per valutare definitivamente la possibilità di inserimento della soluzione studiata all’interno delle norme  tecniche (CSA)  e il conseguente impiego su larga scala.   Tra i campi di ricerca sui quali Anas punta vi è quella sui polimeri e sugli additivi per la modifica dei bitumi e/o dei conglomerati.

Lo spettro di azione di queste ricerche è ampio e complesso e, in futuro, potrà influenzare in maniera importante le pavimentazioni stradali sia dal punto di vista della durabilità che dal punto di vista ambientale. I polimeri e gli additivi, infatti, permettono il reimpiego dei materiali da riciclo (cioè del conglomerato fresato).

EA: Anas sta facendo qualche sperimentazione?

Attualmente Anas ha in corso due importanti sperimentazioni sul campo, la prima sulla E45 in Umbria, dove stiamo studiando l’utilizzo di alcuni polimeri provenienti da materiali  riciclati che vengono aggiunti nella fase di realizzazione dei conglomerati bituminosi in impianto agendo come elemento migliorativo sui conglomerati.

La seconda in Toscana, sulla statale 1 ‘Via Aurelia’, dove attraverso la realizzazione di un campo prove su strada, vengono studiate diverse miscele di conglomerati in grado di abbattere il rumore generato dai veicoli “già alla fonte” agendo sull’ impedenza meccanica delle miscele bituminose.

Alcune di queste miscele allo studio contengono polverino di gomma da pneumatici fuori uso (PFU). È stato provato che l’utilizzo del polverino di gomma nella miscela dei conglomerati bituminosi abbatte di circa 4 decibel il rumore da rotolamento dei pneumatici sull’asfalto: per questa ragione lo stiamo sperimentando, studiandone anche le caratteristiche fisiche, meccaniche e, non ultimo, l’aspetto ambientale per quel che riguarda le emissioni in atmosfera durante la stesa del conglomerato.

Il quadro che ci è stato delineato dall’ingegner Armani, che ringraziamo per la sua disponibilità e per le tante informazioni che ha voluto illustrarci,  è sicuramente di grande interesse. L’integrazione di ANAS con il Gruppo Ferrovie dello Stato permetterà non solo una crescita in termini di capacità operativa e di gestione del sistema viario che dal “Federalismo Stradale” degli anni novanta ha la necessità di trovare un nuovo corso che permetta lo sviluppo della rete stradale congiuntamente a una maggiore sicurezza per gli utenti. Infatti, recuperare km di rete su tutto il territorio nazionale si tradurrebbe in un miglioramento della gestione dell’intera rete: gli interventi e la manutenzione sarebbero più omogenei in tutto il Paese. La viabilità avrebbe standard di sicurezza minimi garantiti con benefici in termini di accessibilità a tutti i territori e alle aree interne.

Grande importanza viene data all’innovazione tecnologica del modello sia di realizzazione e conseguentemente di realizzazione della rete stradale, che con i suo 26.000 km di estensione diventa il sistema di trasporto vitale per il paese.

 

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Alessandro Conte
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