DePookan: un ritorno di favole, ritualità celtica e rock dei ghetti moderni

Si percepisce il futuro ma anche la solennità del passato rituale. Da una parte i boschi incantati delle popolazioni celtiche, dall’altro la magia di personaggi ancestrali… ma poi l’elettronica, la forma del “pop” (con le dovute virgolette) e la forma canzone che custodisce l’espressione di Susy Berni, tra linguaggi inventati ad arte e reminiscenze sonore senza tempo. E a questa voce che sembra davvero provenire da tempi inesistenti, si associa il lavoro di Nicola Cavina che l’accompagna ormai da oltre 10 anni. Con loro oggi troviamo Nicola Esposto alle percussioni, Fabio Masetti alla batteria, Gian Piero Rezoagli ai cori e Martina Weber alla viola da gamba e Massimo Giuntini alle uilleann pipes (cornamusa irlandese) nel brano “Johnny I Hardly Knew Ye”. Sono i DePookan che danno un seguito al loro eponimo disco d’esordio uscito circa 30 anni fa. Tantissima vita sui palchi, festival prestigiosi e progetti nuovi che solo oggi trovano una dimensione discografica tout court per la label di Arezzo RadiciMusic sempre molto attenta alle sonorità del mondo. Il nuovo disco dei DePookan si intitola “Sang et Cendre”.

Ci colpisce prima di tutto la lingua… cosa intendi per una “lingua inventata”? Che origini e che regola ha?
Susy Berni: Non è la prima volta che nella musica, si usino linguaggi non parlati come idioma conosciuto; molti gli esempi nella musica contemporanea e non ultimo un artista italiano con un suo brano uscito nel 1972. Quella che io chiamo “lingua ancestrale” o meglio io la definisco : “Ancestral language” l’ho creato per meglio esaltare la voce, usandola come un vero e proprio strumento musicale, all’interno del brano; la regola è dettata dal rispetto degli accenti metrici e dalla melodia del brano che compongo o che componiamo.

E perché questa necessità? Che tipo di strumento lirico mancava alla lingua conosciuta?
Susy Berni: non è una mancanza, ma un abbellimento musicale una modalità che ho sempre usato nei DePookan per creare un’attenzione maggiore al brano stesso; usando la voce,come un vocalizzo, una sorta di mantra che fa parte di questo progetto.

Un disco che sposa tanti generi, dalla psichedelia a suono world passando per le tradizioni celtiche… tanti gli aspetti corali quasi “liturgici”. Quanta spiritualità c’è nel disco?
Susy Berni: moltissima; tutto il mondo DePookan è spirituale ogniuno di noi con la propria parte artistica ed umana, attinge anche al luogo dello Spirito che si mescola alla materia

E un simile lavoro di ricerca che tipo di dialogo e di contatto cerca con il pubblico di ogni giorno? Un pubblico sempre più liquido e digitale, sempre meno devoto alle attenzioni…
Susy Berni: cerchiamo di creare un luogo altro con i DePookan, il luogo del sogno, un posto onirico e sospeso, come quando dormiamo e sogniamo appunto. A volte l’attenzione resta ed è li che noi poniamo l’accento, perchè da quello possiamo trovare la nostra parte più creativa.

Nicola Cavina: questa è una domanda davvero difficile; noi richiediamo attenzione, penso che i nostri brani debbano essere ascoltati anche più di una volta per scoprire tutto quello che hanno da dire. Con la nostra musica spero che le persone possano riscoprire il piacere dell’ascoltare un disco, che una volta era come leggere un libro e gli dedicavi quei 40 minuti di attenzione e godimento.

Esiste un evento o un momento preciso che ha dato i natali alla decisione di rompere questo silenzio discografico che durava da circa 30 anni?
Susy Berni: la voglia di fare vedere e ascoltare che i DePookan hanno accolto molte direzioni musicali, andando avanti in un’evoluzione di trasformazione del progetto, una nuova veste, pur accogliendo la parte della Folk Music e mondo celtico, l’abbiamo ampliata, rendendola ancora più fruibile anche in senso contemporaneo; se non ci fossero stati i vecchi “De Pookan ” non saremo quelli di adesso.

Nicola Cavina: quando ci siamo ritrovati con Susy, qualche anno fa, ci siamo accorti che avevamo ancora qualcosa da dire. Questo lavoro è il risultato di quella epifania.

Tutto dalla copertina al video sembra una evocazione continua… sembra che il tempo non sia “affar vostro”, sembra davvero di estraniarsi dentro un tempo e un luogo lontani da questa società. Che ragione ha tutto questo? Perché questa evasione?
Susy Berni: La musica è anche “evasione” ci porta in luoghi dove anima e spirito dialogano; nella musica ci sono emozioni che possono fare piangere ed improvvisamente ridere o gioire, operando una sorta di alchimia, è un grande ponte, un linguaggio universale che tocca corde molto sottili dell’animo umano.Cio’ che “evochiamo” in questo nostro lavoro che non a caso porta il titolo di “Sang Et Cendre” (sangue e cenere) che dopo tante battaglie, tante lotte, cio’ che rimane di noi è solo cenere, quindi da li’ possiamo solo ripartire per far fiorire qualcosa di diverso, la Pace appunto.

Nicola Cavina: per quanto mi riguarda non è una evasione, la nostra musica chiede attenzione e in cambio regala un momento quasi meditativo; almeno lo spero…

Il disco si chiude con un brano che oggi diventa un inno attualissimo. La lingua araba e quella israeliana in una composizione strumentale di pace. Che ispirazione ha questa traccia?

Susy Berni: quando senti questa traccia che compose Nicola Cavina la vidi perfetta per il finale del nostro lavoro musicale; I DePookan si muovono come un grande ingranaggio, per noi è importante, l’insieme il tutto.
Nacque da un confronto e un dialogo aperto, sulla situazione in Medio Oriente e non solo purtroppo; ogniuno di noi mantiene le proprie opinioni nel massimo rispetto dell’altro, nell’ascolto condiviso, ma nella convinzione che la Pace possa essere messa in atto a patto che si accetti la diversità altrui, che le persone vengano rispettate qualunque sia la loro origine, fede, razza, tradizione apprezzando le differenze e rigettando con forza la sopraffazione e la violenza che sono l’origini di tutti i conflitti, grandi e piccoli che vediamo.

Nicola Cavina: riflettevo sul fatto che la frase “La pace sia con te” in arabo ed in ebraico suona molto simile. Si percepisce che sono due emanazioni di una cultura comune. Far ascoltare queste frasi assieme è un invito a riflettere che sono più le cose che ci accomunano con gli altri che quelle che ci dividono. Oltre ovviamente a sperare che presto torni la pace in quel pezzetto di terra martoriato.

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