Torna la Compagnia Daltrocanto: come fa il mare che mescola passato e futuro

“E cos’è che del resto fa l’onda quando si infrange sulla riva? La incontra. Talvolta in maniera serena e lieve, talvolta in maniera burrascosa. E come tutti gli incontri, genera esperienza e fa nascere nuove storie da raccontare”… sono queste le premesse con cui mettersi in ascolto di questo “nuovo” disco della Compagnia Daltrocanto. Tra virgolette perché è l’occasione buona per celebrare una formazione che si colora di cambiamenti e nuovi suoni… e dunque è il momento migliore per risuonare canzoni del passato e farne di nuove. “Come acqua di mare” è un disco di folk e di pop, di tempo che si congela e di frammenti necessari a fotografare quello che siamo e che stiamo diventando. A breve troveremo anche il video del primo singolo che sarà “Ventitrè maggio” che vedrà la featuring di Danilo Sacco dei Nomadi: un canto pop, di popolo e di terra, per tornare ad illuminare la strage di Capaci. L’acqua di mare mescola… ma la memoria deve restare.

Un nuovo organico oggi: una rinascita, un rinnovamento… o comunque l’idea e la necessità di conservare la storia e il suono di sempre?
L’una non esclude l’altra. Tutti i nuovi componenti della Compagnia conoscono e apprezzano i linguaggi propri della tradizione, ma com’è ovvio che sia, nessuno ha un percorso identico all’altro. In un rapporto di reale collaborazione, artistica e prima di tutto umana, è inevitabile che ognuno finisca con l’apportare nuove idee, nuove suggestioni. Del resto ce lo insegna la storia delle tradizioni stesse, che nel corso del tempo hanno continuamente mutato forma e raccolto le influenze più disparate. La Compagnia nel suo percorso non ha mai voluto raccontare in maniera filologica le tradizioni, ma espanderle. Viene dunque naturale cercare di fare sintesi fra il nostro suono di sempre e quanto di diverso e di sentito riesce a portare l’incontro col nuovo.

Sbaglio o il nuovo presente della Compagnia Daltrocanto ha previsto anche l’uso di elettronica? Ovviamente in modo decisamente trasparente e di arrendo…
Non esageriamo! La Compagnia Daltrocanto ha un’anima essenzialmente acustica. Ma, ricollegandoci alla domanda precedente, se qualche piccola “interferenza” elettronica può aiutare a superare barriere espressive, aumentare la tavolozza di colori a nostra disposizione, beh, ben venga! Non immaginiamo di certo una svolta elettronica della Compagnia. Ma un uso ponderato delle texture che la musica elettronica mette a nostra disposizione, può aiutare a dare profondità al nostro messaggio.

Risuonando brani storici come “Ventitré Maggio” o “Canzone per Tonino”, avete scoperto nuove possibilità o anche nuove ricchezze di queste canzoni?
Sicuramente ne abbiamo riscoperto la forza ed in un certo senso l’universalità del messaggio. 
Forza che è risultata evidente anche nell’apporto prezioso degli artisti che hanno collaborato con noi a questi due brani, Danilo Sacco in Ventitré Maggio e Clara Moroni in Canzone per Tonino. Nonostante si tratti di artisti che vengono da percorsi assolutamente diversi dal nostro, la storia, le storie, la loro potenza umana, ha fatto sì che anche loro riuscissero ad “intervenire” su questi brani con un’assoluta naturalezza e con grande slancio di sensibilità. 
Torniamo dunque al potere dell’incontro, che permette sempre, quando intrapreso con reale apertura d’animo, di ottenere una nuova, valida visione.

E le scritture nuove? Sembrano di primo acchito correre su strade diverse, soluzioni e arrangiamenti che hanno altro corpo ed equilibrio… cosa ne pensate?
Per anni il nostro motto è stato “un suono antico che si fa attuale”. Così come il lavoro di “attualizzazione e valorizzazione” di uno strumento così ancestrale come la zampogna ha contrassegnato per anni il nostro lavoro, così ci piace immaginare di poter intervenire su altre forme musicali, suoni, dimensioni. I nuovi brani, se da un lato sembrano decisamente diversi da quanto proposto finora, trattengono e provengono da una matrice comune. Un esempio fra tutti, Malacqua. Sebbene abbia sonorità diverse che rimandano più all’Est, del Mediterraneo per l’inserimento di uno strumento così particolare e distintivo della musica greca come il diplocordo, e del pianeta come le tabla indiane così caratterizzanti della parte percussiva, invece che al Meridione d’Italia, e azzardi addirittura un intervento di sonorità elettroniche, è e rimane formalmente una tammorriata. O in un discorso inverso, pensando a Quante notti, sebbene sia quasi una danza irlandese, viene fortemente caratterizzata dalla sonorità della zampogna. È il gioco costante dell’ibridazione dei linguaggi. Del quale speriamo venga colto lo spirito. Non dev’essere vissuto come un tradimento della tradizione, ma come una sua possibile espansione.

L’acqua del mare, la risacca, la contaminazione ma anche l’incontro. Come tenete stretti questi valori dentro questo tempo di solitudini digitali?
Col valore del fare comunità. 
Col valore dell’essere innanzitutto noi come Compagnia una piccola comunità. Nessuno agisce da solo per se stesso, nessuno viene mai lasciato fuori. Ci vuole del resto anche coraggio, di questi tempi, a proporre un gruppo con un organico così numeroso. 
Certo, ognuno conserva la propria individualità, ma fare Compagnia anziché proporre cinque, sei, sette progetti individuali, ci sembra anche questo un modo forte (e diciamolo, anche scomodo a volte!) di combattere la solitudine digitale!

Arriverà un video vero? Di quale brano… e perché? E arriverà anche il vinile…
Speriamo di riuscire a proporre entrambi entro la metà dell’estate. Magari insieme.
Il video sarà dedicato a Come acqua di mare, la title track dell’album, e ci stiamo già lavorando! Se abbiamo deciso di utilizzare questo brano e questa metafora come titolo di questo lavoro, è perché crediamo fortemente che non ci sia immagine più potente di questa, dell’onda che costantemente prende e restituisce, sottrae per poi arricchire, per sintetizzare quanto cerchiamo di fare e nella musica e nel nostro cammino sulla spiaggia della vita.

 

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