“Storia di un uomo magro”, la memoria rimane se viene raccontata.

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In un periodo nel quale la guerra ci viene riproposta quotidianamente quasi al pari di un reality, quasi esclusivamente come oggetto di share televisivo, se volessimo veramente cercare di capire uno dei lati più bassi del genere umano dovremmo scegliere un buon libro oppure un altrettanto valido spettacolo teatrale.

Se preferite il secondo, che in questo caso vi rimanderà certamente al primo, segnate questo titolo, “Storia di un uomo magro” e segnatevi anche l’autore, Paolo Floris, autore, attore e regista che sceglie di commuoversi e far commuovere chi a teatro, in questo caso il Teatro di Villa Lazzaroni, ha deciso di vivere la storia di Vittorio Palmas, contadino, soldato e reduce sardo che per solamente due chilogrammi di peso tornerà vivo da un campo di concentramento.

Una storia vera che Floris ha ascoltato dalla voce del sopravvissuto al forno crematorio, e riadattata ai palcoscenici grazie all’aiuto di Ascanio Celestini e Giacomo Mameli, autore del libro “La ghianda è una ciliegia” fonte espiratoria dello spettacolo il cui titolo è ripreso da una frase raccolta dal giornalista: “Mangiavamo le ghiande e, quando le trovavamo, ci sembrava avessero il sapore delle ciliegie, tanta era la fame”, a raccontare la drammaticità della seconda guerra mondiale.

Una esperienza che dovrebbe essere resa obbligatoria, affinché la memoria rimanga perenne.

Ringraziamo Paolo Floris, il Teatro di Villa Lazzaroni e la scuola Fondamenta Teatro e Teatri per l’opportunità.

Articolo e fotografie di Giulio Paravani.

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