Radical chic è bello, il caso Nanni Moretti

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La definizione Radical chic, non è un neologismo offensivo o una terminologia da tirare fuori dal cassetto per bollare atteggiamenti e opinioni altrui con uno stigma negativo. Radical chic è un’espressione creata nel 1970 dal giornalista Tom Wolfe per indicare gli appartenenti ad ambienti dell’alta società, celebrità, membri di élite culturali, che aderivanoxalle cause radicali che alla fine degli anni 60 agitavano il contesto sociale. Il loro coinvolgimento era peraltro poco convinto, basato sulla necessità di seguire la moda, per motivi di immagine, esibizionismo, accreditarsi con gli attivisti, ma anche per una semplice visibilità o crearsi una base politica.

Tom Wolfe, scomparso pochi mesi fa, usò il termine per la prima volta in senso satirico nei confronti del compositore Leonard Bernstein che raccoglieva fondi per la causa delle Black Panters. Un’incongruità considerate le diverse posizioni e obiettivi perseguiti. Wolfe voleva mettere in ridicolo questi controsensi, in particolare quelli di chi xxxsosteneva il radicalismo di sinistra solo per scopi mondani o spirito di contestazione (contraddizione) fine a se stesso, ma sempre senza autentiche convinzioni politiche.

In Italia il termine venne ripreso da Indro Montanelli che, nel 1972, nella sua “Lettera a Camilla” in cui l’arguto toscano polemizzava apparentemente contro Camilla Cederna (ma non era lei la vera destinataria)quale ideale rappresentante dell’italico “magma radical-chic“, superficiale e incosciente che fu culla degli anni di piombo.

In Francia e Brasile i radical chic sono la “Sinistra al caviale”, in Inghilterra la “Sinistra champagne” e in Germania Toskana-Fraktiona causa delle villeggiature in Toscana da parte di politici e intellettuali di sinistra. Sono stati definiti comunisti in cachemire e, comunque, appartengono a classi sociali che poco hanno in comune con quelle che lottano in piazza. Tuttavia non perdono occasione per ribadire le loro posizioni e convinzioni.

Ultimo in ordine di tempo Nanni Moretti che, presentando il suo ultimo documentario, ha paragonato Matteo Salvini a Pinochet. In un’intervista al Venerdì di Repubblica ha dichiarato che, dopo la nomina a ministro del leader leghista, ha capito perché aveva girato il documentario sul golpe cileno (ma non lo sapeva il perché mentre lo stava girando?).

Il regista di film molto apprezzati da un pubblico (appunto) elitario e di nicchia, da sempre vicino a posizioni di sinistra, è andato oltre i limiti del buon senso nel paragonare un dittatore giunto al potere con un colpo di stato e che ha mantenuto quel potere con violenze, omicidi e torture, ad un leader di partito che, oltre ad avere trovato una legittimazione in sede elettorale, sembra godere oggi del favore della maggioranza degli italiani.

Fermo da sempre sulle sue posizioni, Moretti è intervenuto ancora una volta su temi politici dopo essere stato uno dei leader del movimento dei girotondi, una delle iniziative della sinistra, all’epoca contro il governo Berlusconi, miseramente fallita e quasi dimenticata: come nel gioco per bambini sembra che siano finiti tutti giù per terra.

Moretti, probabilmente anche per cercare nuova visibilità o riaccreditarsi presso il popolo deluso della sinistra, ha lanciato il suo messaggio con lo stile di quello rivolto a Massimo D’Alema nel film Aprile: il celebre “Di qualcosa di sinistra”. Il regista ha poi continuato nella sua intervista chiedendosi che cosa faccia la sinistra.

Moretti può chiederselo tranquillamente e cercare una risposta, perché lui è lo specchio della sinistra italiana: una élite radical chic, prigioniera del suo passato, senza progetti per il futuro e che vive un presente fatto solo di dubbi e indecisioni.

Moretti in tutta la sua opera ha lanciato sicuramente un messaggio che sintetizza perfettamente questa situazione. Quale è questo messaggio? Immaginiamo la sua faccia che si guarda allo specchio e, con calma, con voce ferma, così recita; “Io sono comunista. (pausa) Cazzo e ora?” Sipario.

Un messaggio che raccoglie quarant’anni di carriera che possono sintetizzarsi in un telegramma.

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