Diritto all’oblio e diritto di cronaca

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Chissà se il termine Cloudche nel linguaggio informatico indica l’insieme di dati archiviati, sia stato scelto casualmente o, più verosimilmente, trovi la sua origine nella similitudine proprio con le nuvole che, muovendosi liberamente nel cielo grazie alle correnti ascensionali, raccolgono l’acqua che torna sulla terra in forma di pioggia, neve, ghiaccio, magari accompagnata da tuoni e fulmini.

Allo stesso modo in cui le nuvole raccolgono acqua da fiumi, laghi e mari, i cloud computing, raccolgono dati dal mare di internet. Come le nuvole i cloud informatici sono impalpabili, addirittura invisibili e vi può accedere teoricamente solo colui che li ha creati. Perché il Cloud oggi è un sistema di archiviazione a disposizione di chiunque voglia conservare tutti i propri dati mettendoli al sicuro per non intasare la memoria del proprio computer.

Esistono anche cloud che si formano, proprio come le nuvole, spontaneamente; raccolgono dalla rete web dati casuali ma legati da comuni fili conduttori e, al momento che vengono in contatto con l’equivalente delle correnti fredde che dalle nuvole fanno cadere la pioggia, i cloud riversano tutte le informazioni raccolte sugli utenti di internet e non solo.

Ogni dato messo in rete resta nella disponibilità di chiunque fino a quando non viene rimosso ed è così facile accedere ad informazioni che il diretto interessato vorrebbe fossero cancellate ed essere completamente dimenticato, trovando applicazione il Diritto all’Oblio.

Il nuovo Regolamento Europeo in materia di Trattamento Dati Personali (GDPR) ha espressamente previsto questo diritto limitandolo ovviamente al solo Trattamento Dati Personali, e quindi usando impropriamente il termine oblio, che riguarda ben altre fattispecie, ma operando anche un preciso richiamo, che, infatti, sembra essere fuori dal coro rispetto alla specificità della norma. L’articolo 17 comma 3 GDPR esclude la cancellazione dei dati personali da server e archivi, di qualsiasi tipo, in alcune ipotesi che inducono a riportare la norma nella sua integrità:

  1. perl’eserciziodeldirittoallalibertàdiespressioneediinformazione;
  2. per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppurenell’eserciziodipubblicipoteridicuièinvestitoiltitolaredeltrattamento;
  3. per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) ei),edell’articolo9,paragrafo3;
  4. a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento;
  5. perl’accertamento,l’eserciziooladifesadiundirittoinsede

Non passa inosservato come l’intitolazione dell’articolo 17 in lingua inglese, sia “Right to erasure”, cioè diritto alla cancellazione e solo nella seconda parte si parla (addirittura tra parentesi) di right to be forgotten, tenendo ben separate le due ipotesi. Infelice la traduzione in italiano che ha ricondotto tutto al diritto all’oblio.

Il “diritto all’oblio” ha comunque avuto un importante riconoscimento, ma quello ad una corretta informazione sembra avere una netta prevalenza come interesse pubblico rispetto alle posizioni dei singoli.

Il “Right to be forgotten” (diritto ad essere dimenticato) è comunque ormai riconosciuto, ma deve considerarsi che esistono situazioni in cui non è semplice contemperare diversi interessi confliggenti tra loro; ed il diritto all’oblio che si contrappone al diritto dovere di cronaca è uno dei casi più delicati specialmente in una società ormai sempre più telematica ed in cui le informazioni giungono e si diffondono a velocità spaventosa oltre a rimanere nella rete.

Di Diritto all’Oblio se ne è all’inizio parlato per tutelare il diritto ad essere dimenticati da parte di autori di reato quando, a distanza spesso di anni, il loro nome tornava alle cronache, ovviamente in una accezione negativa, nell’occasione di anniversari dei loro delitti anche quando, dopo avere espiato la loro pena si erano completamente riabilitati e reinseriti. Ma permaneva il diritto di cronaca.

A fronte di due situazioni e posizioni che comunque sono riconosciute degne di tutela (il diritto dell’interessato a condurre una vita anonima, e quello all’informazione), non è certo semplice svolgere quell’opera di necessario contemperamento delle posizioni o stabilire se una delle due debba prevalere rispetto all’altra.

In una recente nota pronunzia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è stata considerata corretta una sentenza in cui i giudici tedeschi avevano ritenuto prevalenti le ragioni di pubblico interesse a che non venissero eliminati riferimenti che associavano il ricorrente, che ne voleva la cancellazione, ad una vicenda penale remota e che lo aveva visto alla fine estraneo. La Corte Europea ha ritenuto che, nel caso, dovessero prevalere le ragioni di informazione per un pubblico dibattito ed ha chiuso la porta al diritto all’oblio ed alle aspettative di un singolo che corre il rischio di restare per un tempo indeterminato esposto ad una gogna virtuale.

Anche la nostra Corte di Cassazione ha avuto modi di esprimersi sul diritto all’oblio in un senso solo all’apparenza diverso. In una vicenda relativa al cantante Antonello Venditti, sono stati enunciati princìpi chiari sull’argomento e di cui si dovrà tenere conto quando venga invocato il diritto all’oblio. La questione non riguardava espressamente la rimozione di dati sul web, ma la richiesta di risarcimento danni per la messa in onda di un filmato in cui il cantante rifiutava di rilasciare un’intervista; la scena veniva riproposta a distanza di tempo, dando un’immagine negativa del cantante.

Il Tribunale di Roma e la Corte di Appello rigettavano la domanda di Venditti di risarcimento danni, che passava attraverso il riconoscimento del diritto all’oblio, motivando con la notorietà del personaggio la loro decisione.

La Corte di Cassazione, con un provvedimento ricco di argomentazioni strettamente giuridiche, dopo aver rilevato come il diritto di cronaca, posto al servizio dell’interesse pubblico di informazione, e il diritto della persona a vedere dimenticate vicende che non rivestano carattere di attualità, con conseguente rimozione di ogni riferimento dalle banche dati che le contengano, confliggano tra loro, ha enunciato le line guida nell’individuazione del diritto all’oblio.

In particolare è stato ritenuto che il diritto all’oblio possa subire compressioni in favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca solo in presenza di specifici presupposti: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia, mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine; 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato; 4) le modalità impiegate per ottenere e dare l’informazione, che dovrà essere veritiera, diffusa con modalità che rispettino lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali; 5) la preventiva informazione circa la trasmissione della notizia a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della divulgazione stessa.

La Cassazione ha quindi annullato le sentenze già favorevoli alla RAI, ed è stata anche respinta la domanda volta a far ricadere la vicenda nella satira.

Il diritto all’oblio è stato pertanto riconosciuto e delineato nei suoi presupposti e si è messo a disposizione degli interessati un ombrello o un impermeabile nel momento in cui gli pioveranno addosso le piogge mediatiche generate dalle nuvole di dati informatici. Chissà se potrà bastare considerata la mole enorme delle reti informatiche.

1 Comment

  1. Lisia – VII Areopagitico – Discorso di difesa sull’olivo sacro.
    E mi hanno reso così difficile il processo che in un primo momento fui accusato di avere fatto scomparire dal terreno un ulivo e (i miei accusatori) andarono ad informarsi da quelli che avevano comperato i frutti degli olivi sacri e, poiché per tale via non poterono trovarmi colpevole di nulla, ora dichiarano che io ho fatto scomparire un ceppo di olivo sacro, ritenendo che per me questa accusa sia molto difficile a confutarsi e che a loro riesca molto più facile dire quel che vogliono.
    – E bisogna che io, dopo aver ascoltato insieme con voi, che dovete giudicare intorno a questa faccenda (le accuse) che costui ha insidiosamente preparato prima di venire qui, incominciai a lottare per la patria e per le sostanze. Pur tuttavia, cercherò di esporvi ogni cosa dal principio.
    – Prima, o consiglio, considerano essere lecito a chiunque, purché si mantenga la calma, avere né una sentenza né una faccenda; ora invece, sono incappato in accuse così inaspettate e in sicofanti così malvagi, che mi pare – se mai fosse possibile – che anche i non ancora nati debbano temere per l’avvenire: infatti, a causa di tale genia, i pericoli sono uguali tanto per quelli che non sono colpevoli di nulla, quanto per quelli che hanno commesso molte colpe.
    – I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori.(Marco Porcio Catone)
    – un Paese in attesa di giudizio!!!!!
    delle due l’una: o siamo in un Paese dove comandano i malfattori o siamo in un Paese dove comandano i PM. In Italia non ci sono mezze misure come nel resto del Mondo, tutto deve apparire marcio per mostrare che l’unico baluardo a difesa della democrazia indossa la Toga del PM.

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