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App immuni e il mondo di Orwell

Il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 30 aprile ha disposto l’utilizzo dell’App “Immuni” che verrà utilizzata per tracciare i contagi da Covid-19 e sarà disponibile per il download su Ios e Android. Questa applicazione utilizzerà la tecnologia Bluetooth e sarà sviluppata dalla software house Bending Spoons che annovera tra i suoi finanziatori – che sono da ricercarsi nel gotha globalista – la holding H14 di proprietà dei figli di Berlusconi, Renzo Rosso della Diesel che al Corriere della Sera ha fatto un dichiarazione sconcertante: «è tempo di rinunciare alla privacy e di farci tracciare da una App». 

Altre società che contribuiscono al finanziamento sono: la società Jackala in cui sono presenti Equity Club, la holding dei Marzotto e altri soci. Il fatturato di Jackala è di 250 milioni di euro e il suo fondatore è Matteo de Brabant, divenuto noto, nel 2016, per aver organizzato a casa sua una cena elettorale per Beppe Sala, candidato sindaco del Pd. 

Peccato che la sua Jakala Events avesse fatto “qualche lavoretto” per Expo 2015 del commissario Sala…L’ultimo nome poi è quello di Luca Foresti che guida la rete di poliambulatori “Centro medico Sant’Agostino” a Milano ed è vicino a Matteo Renzi, tanto da partecipare nel 2013 alla storica Leopolda che consacrò lo stesso Renzi premier.

Il premier Conte tuttavia ha assicurato che questo sistema informatico non sarà obbligatorio e garantirà l’anonimato e la privacy dei cittadini, non ci sarà la geolocalizzazione e i dati conservati – una sorta di diario clinico con informazioni su sesso, età, malattie pregresse e sullo stato di salute più in generale – verranno cancellati entro il 31 dicembre 2020.

Le assicurazioni del Governo in ogni modo ad alcuni commentatori giornalistici, uomini politici e persone comunihanno fatto sorgere dei dubbi e delle perplessità che questa App non sia altro che uno strumento di controllo sociale che, con la scusa della gestione della fase 2 dell’emergenza Coronavirus, hanno fatto affermare a taluni che ciò rappresenta una deriva “orwelliana” della politica italiana. 

Tuttavia già Google e Facebook e le loro applicazioni utilizzano sistemi di tracciamento e soprattutto il social di Mark Zuckerberg adotta una linea politicamente corretta e contraria ad ogni forma di dissenso dalla policy stabilita dall’imprenditore statunitense di religione ebraica.

Inoltre App simili esistono in altri paesi esteri come Israele, Corea del Sud e Singapore.

Non moltissimi conoscono però l’opera principale di George Orwell (1903-1950) che è sicuramente 1984 pubblicata nel 1949 a Londra, presentata per i lettori italiani a cura di Mondadori e ristampata molte volte sempre dalla casa editrice milanese.

Ci troviamo nella Londra del 1984. Il mondo è diviso in tresuperstati (Oceania, Eurasia ed Estasia) simili e in guerra tra loro. In Oceania la società è governata dal Socing, Il Socialismo Inglese, dal Grande Fratello che tutto vede e tuttosa. I suoi occhi sono le telecamere che spiano di continuo nelle case, il suo braccio la psicopolizia che interviene al minimo sospetto. Tutto è permesso, non c’è legge scritta. Tranne pensare, secondo il Socing. Tranne amare, se non per riprodursi. Tranne divertirsi se non con i programmi TV di propaganda. Dal loro rifugio, in un desolante scenario da Medio Evo postnucleare, «l’ultimo uomo in Europa» (questo è il titolo che avrebbe preferito l’Autore britannico nato nel Bengala) Winston Smith e la sua compagna Julia lottano disperatamente per conservare un granello di umanità.

Oggi che il day after è già arrivato e il 1984 è ampiamente passato, si può leggere o rileggere il romanzo per scoprire che cosa Orwell ha previsto di questi nostri anni. 

L’annullamento delle differenze ideologiche tra le superpotenze, la tecnologia alienante come mezzo di controllo sociale, la persecuzione degli oppositori politici in tutto il mondo da parte di stati totalitari di ogni orientamento politico ereligioso, la strumentalizzazione e la manipolazione dei mass-media o che altro?

Molto più che saggio è certamente da raccogliere il suo grido d’allarme contro l’indifferenza che tollera forze annichilenti, qualunque esse siano e in qualunque tempo esse si manifestino. La maggior intuizione orwelliana e la sua grandiosa fantasia di profeta visionario è quella che non dovrebbe oscurarne il carattere di monito per ogni futuro perché la libertà e la dignità individuale.

Per tornare a chi elargisce i soldi alla Bending Spoons e cioè figli di Berlusconi e imprenditori legati al Pd o a Matteo Renzi… Voi davvero mettereste i vostri dati personali in mano loro?

Cali superiori al 50% per il mercato del libro,

«I dati sono la voce degli editori. Sono una richiesta d’aiuto!»con 12.500 titoli in attesa di uscire il settore teme il peggio.

La chiusura di tutte le attività dovuta alla lotta al coronavirus ha messo in ginocchio alcuni settori importanti della nostra economia. Di questi settori ne fa parte l’editoria con un indottocomplessivo da 3,170 miliardi di euro. Chiuse le librerie e le catene di distribuzione, le vendite di libri in Italia sono crollate. Sebbene in molti paesi anglosassoni – come rivela il The Guardian- l’e-commerce è riuscito a sostituirsi alle librerie, come confermano i dati dove la catena Waterstone ha visto un aumento delle sue vendite online pari al 400%. Nel Bel paese la venditaonline non sembra seguire la stessa tendenza. 

Il 29 marzo Enrico Selva Codde’ -amministratore delegato di Mondadori- ha spiegato in una intervista rilasciata all’Ansa come: “Nella situazione attuale con librerie e catene chiuse, la GDO fortemente limitata dai provvedimenti di legge, l’impossibilità di lanciare novità, e anche l’e-commerce in comprensibile affanno per sovraccarico logistico, il mercato del libro tende fisiologicamente a cali superiori al 50%. Numeri impressionanti che, da qualunque prospettiva li si voglia guardare, banalmente dimostrano quanto siano importanti, oggi più che mai, gli sforzi di tutti per garantire continuità e per tenere viva la più importante filiera dell’industria culturale italiana”.

Alle dichiarazioni del numero uno di Mondadori fanno eco le ultime rilevazioni pubblicate il 15 aprile, dell’Osservatoriodell’Associazione Italiana Editori-AIE sull’impatto che il Covid-19 avrà quest’anno sull’intera filiera. “I dati sono la voce degli editori. Sono una richiesta d’aiuto, molto chiara e con conseguenze di grande impatto. Richiedono una risposta, con misure a doppia velocità: misure immediate, che sostengano la crisi di liquidità del settore, e misure strutturali per aiutare il mondo del libro a risollevarsi” afferma il presidente dell’AIE, Ricardo Franco Levi.

I numeri confermano un mercato fortemente limitato, dove il 70 % degli editori già usufruisce o sta pensando di programmare la cassa integrazione. Con un -21.000 libri pubblicati nel 2020. I nuovi titoli bloccati in attesa di uscita si aggirano intorno ai 12.500, 44,5 milioni di copie non saranno stampate e le copie in meno da tradurre saranno 2.900. Conferma di tale situazione arrivano dal confronto delle vendite e dalle classifiche editoriali delle settimane precedenti alle chiusure delle librerie con quelle post-lockdown. 11 mila erano le copie vendute del primo titolo inclassifica generale nell’ultima settimana di febbraio, mentre ora le copie vendute per un titolo nella stessa posizione si aggirano intorno alle 2.700. Sebbene le case editrici più grandi abbiano nell’ultimo periodo incentivato la vendita online e malgrado le prospettive più rosee per la seconda parte dell’anno sperando in un recupero natalizio, la zampata dell’orso non sembra aver risparmiato il mercato del libro.

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