Nel panorama dei premi letterari italiani, il Premio Fondazione Megamark – Incontri di Dialoghi si è ormai affermato come un punto di riferimento per la narrativa esordiente, grazie a un progetto culturale che intreccia passione per i libri, attenzione alle nuove voci e forte radicamento territoriale. Alla sua decima edizione, il Premio ha segnato un traguardo importante: numeri record, crescente visibilità nazionale e, per la prima volta, una doppia vittoria ex aequo. Abbiamo incontrato Giovanni Pomarico, presidente della Fondazione Megamark, per fare il punto su questa edizione speciale, riflettere sull’evoluzione del premio e guardare al futuro della lettura e della narrativa emergente in Italia. In un momento storico in cui l’editoria vive sfide complesse, la visione della Fondazione si conferma chiara e ambiziosa: sostenere i giovani scrittori, avvicinare i lettori e fare della cultura un motore concreto di sviluppo.
Presidente Pomarico, quest’anno il Premio Fondazione Megamark ha visto per la prima volta due vincitori ex aequo: cosa ha significato per lei questo esito inedito e cosa dice, secondo lei, sul livello della narrativa emergente italiana?
Vedere due vincitori ex aequo per la prima volta nella storia del Premio è stato per me motivo di grande soddisfazione e anche di sorpresa. Questo risultato, frutto del lavoro di una giuria popolare molto attenta e partecipe, dimostra quanto la narrativa emergente italiana sia oggi vivace e capace di esprimere talenti diversi ma ugualmente meritevoli. Ritengo che questa doppia vittoria sia il segno di una generazione di scrittori esordienti che non solo osa, ma sa anche parlare al cuore dei lettori con storie profonde e originali.
La decima edizione del premio ha registrato numeri da record in termini di partecipazione e montepremi. Quali strategie e visioni hanno portato a questo traguardo, e cosa ci possiamo aspettare per il futuro?
Il successo di questa decima edizione è il risultato di una visione che da sempre guida la Fondazione Megamark: credere nel talento, investire nella cultura e creare occasioni concrete di crescita per gli autori emergenti. Come il doppio appuntamento con i romanzi finalisti, quello di Bisceglie nell’ambito del ‘Festival 42Gradi – Idee Sostenibili’ e quello della serata finale a Trani, che permette agli autori di parlare di sé e della loro opera in un dialogo a cuore aperto che ha l’obiettivo di riavvicinare i lettori al mondo dei libri con semplicità. Guardando al futuro, il nostro obiettivo è continuare su questa strada, rafforzando il legame con i lettori e ampliando le opportunità per gli scrittori esordienti. Vogliamo che il Premio resti un punto di riferimento per chi ama la letteratura e per chi desidera contribuire, con la propria voce, alla crescita culturale del nostro Paese.
Il premio è nato con l’obiettivo di valorizzare gli autori esordienti: in questi dieci anni, quali impatti concreti ha riscontrato sulla carriera dei vincitori e sull’editoria italiana?
In questi dieci anni il Premio ha rappresentato per molti autori esordienti un vero trampolino di lancio. Abbiamo visto diversi vincitori e finalisti proseguire con successo il loro percorso letterario e ottenere riconoscimenti anche a livello nazionale. Se guardiamo al passato più recente, Michele Ruol, vincitore della scorsa edizione del Premio con “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” (TerraRossa), quest’anno era con lo stesso romanzo nella cinquina dei finalisti del Premio Strega. E ancora, andando a ritroso, anche Fabio Bacà e Veronica Galletta (rispettivamente nella cinquina dei finalisti nel 2019 e nel 2020) sono poi giunti nel 2022 in finale al Premio Strega. Il nostro impegno è stato quello di creare un ambiente accogliente e stimolante, contribuendo a rafforzare il dialogo tra autori, editori e lettori e favorendo la scoperta di nuove voci e la diffusione della lettura.
Il legame con il territorio pugliese è molto forte, anche grazie alla sinergia con la kermesse ‘I Dialoghi di Trani’. Quanto è importante per la Fondazione unire cultura e identità locale in questo tipo di iniziative?
Il legame con il territorio pugliese è uno degli elementi distintivi del nostro impegno. La collaborazione con la kermesse ‘I Dialoghi di Trani’ ci permette di valorizzare ancora di più le eccellenze del nostro territorio, mettendo in dialogo autori, lettori e comunità, restituendo occasioni di confronto, apertura e arricchimento. È una scelta che ci guida da sempre e che continueremo a perseguire e che va di pari passo a una crescente apertura verso il panorama editoriale nazionale. Un esempio di questo impegno è stata la partecipazione al ‘Salone del Libro di Torino 2025’, dove abbiamo presentato il concorso grazie alla preziosa collaborazione dello scrittore Paolo Di Paolo – che dalla prossima edizione sarà nella giuria degli esperti del premio – e alla presenza di alcuni autori vincitori delle passate edizioni, in un momento di grande condivisione e visibilità, che ha rafforzato il dialogo tra scrittori, lettori e case editrici.
In un’epoca in cui la lettura sembra spesso in crisi, lei continua a investire nei libri e nei giovani autori. Da dove nasce questa fiducia nel potere della parola scritta e quale messaggio vuole mandare ai lettori di domani?
Credo che i libri siano strumenti insostituibili di crescita personale e collettiva. E in un’epoca in cui la lettura sembra attraversare momenti di difficoltà, investire nei giovani autori significa investire nel futuro della nostra società. I libri ci aiutano a comprendere il mondo e a sviluppare il pensiero. Ai lettori di domani vorrei dire di non smettere mai di cercare storie che li emozionino e li facciano riflettere. La lettura permette di conoscere ed essere liberi: coltivarla è il modo migliore per crescere, per sognare e per contribuire, perché no, a una comunità più consapevole e solidale.
