Elba Book Festival 2025: un arco condiviso verso nuovi orizzonti

Ogni struttura solida ha bisogno di una chiave di volta: quel punto centrale che sostiene, tiene insieme, consente il passaggio. È proprio attorno a questa potente metafora architettonica e simbolica che ruota l’undicesima edizione dell’Elba Book Festival, che torna nel cuore dell’isola per interrogarsi sul ruolo della cultura in tempi di profonda trasformazione.

“Chiavi di volta” è il tema scelto per l’edizione 2025: un invito a riconoscere ciò che regge le nostre comunità, a costruire ponti tra tradizione e innovazione, tra radici locali e visioni globali. Ma è anche un richiamo alla responsabilità individuale e collettiva: ogni gesto culturale, ogni libro, ogni incontro può essere una pietra che unisce, che sostiene, che apre a nuove possibilità.

Ne abbiamo parlato con Marco Belli, direttore artistico e cofondatore del festival, in un dialogo che attraversa i temi portanti di questa edizione: dal ruolo politico dell’editoria indipendente alla potenza evocativa della traduzione, dal legame con il territorio alla partecipazione attiva di studenti e detenuti, fino all’impegno ambientale incarnato nel Premio Demetra.

Il tema di quest’anno è “chiavi di volta”, un concetto simbolico e strutturale al tempo stesso. In che modo questa metafora si riflette nella programmazione e nella visione complessiva dell’undicesima edizione del festival?

Nella struttura di un arco, la chiave di volta è quella pietra centrale che tiene insieme tutte le altre. Senza di essa, l’intera costruzione crollerebbe. È un punto di equilibrio e di sostegno, ma anche un passaggio: il culmine di un arco, l’inizio di una nuova apertura.

Abbiamo scelto questo tema perché sentiamo che viviamo un tempo in cui è necessario interrogarsi su ciò che regge, unisce e consente il passaggio. In un mondo che cambia rapidamente – tra crisi ambientali, conflitti, rivoluzioni tecnologiche e profonde trasformazioni sociali – quali sono oggi le nostre chiavi di volta? Quali sono i concetti, le narrazioni, i valori che tengono insieme le nostre comunità, la nostra cultura, la nostra identità?

Nel corso del festival, esploreremo questo tema da molteplici angolazioni: la chiave di volta come punto di equilibrio tra tradizione e innovazione, tra locale e globale, tra memoria e futuro.”Chiavi di volta” è anche un invito alla responsabilità. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, può essere quella pietra che sostiene, che connette, che rende possibile un attraversamento. 

Elba Book 2025 cercherà di riflettere su un arco costruito insieme, un passaggio condiviso ed essere un momento per riconoscere e celebrare ciò che ci tiene uniti agli altri: la Rete Pym l’associazione di manifestazioni culturali di cui siamo cofondatori dal 2018, per esempio, il nostro profondo legame con il territorio elbano che si è rafforzato con la sottoscrizione del Patto per la Lettura oppure la recente collaborazione con l’istituto Cerboni di Portoferraio che porterà all’inaugurazione del primo murale a Rio nell’Elba grazie all’artista livornese Oblo.

Elba Book si definisce fin dalle origini un festival che rifiuta ogni forma di conflitto e prevaricazione sociale. In un periodo storico segnato da crisi e tensioni, come può l’editoria indipendente contribuire a costruire un immaginario alternativo?

Secondo noi, uno dei compiti dell’editoria indipendente è quello di pubblicare tutti quei testi che detonano nel cervello del lettore interrogando il mondo in cui viviamo con domande scomode e soprattutto che non danno risposte accomodanti alle nostre esistenze. Di questo abbiamo bisogno per tornare a respirare: leggere libri che diventano strumenti di reincanto, che aprono visioni e immaginari nuovi e che si oppongono a un pensiero unico del “there is not alternative” che colonizza ogni cosa, appiattito su un rapace e virulento modello capitalistico.

Il Premio Lorenzo Claris Appiani rappresenta un momento molto significativo del festival. Cosa significa per voi dare continuità a questo riconoscimento e quale valore assume oggi la traduzione come strumento di dialogo tra culture?

Per noi è molto importante portare avanti la memoria di Lorenzo, sono già passati dieci anni dalla sua tragica scomparsa. Grazie alla forza di Aldo e Alberta, i suoi genitori, e alla collaborazione con l’Università per Stranieri di Siena e Ilide Carmignani siamo riusciti a trasformare il nostro premio in un grande appuntamento estivo per tutti i traduttori e le traduttrici di case editrici indipendenti italiane.

L’iniziativa affonda le proprie radici nel territorio, ricorda un uomo di legge di origini elbane attraverso una pratica, quella della traduzione, che è essenzialmente pratica di pace, di dialogo e di inclusione, risposta alla violenza che sempre più spesso si concretizza in episodi tragici e assurdi.

All’interno di un festival che, seppur sostenuto da un’eco mediatica nazionale si svolge nel piccolo, al margine, nella periferia, il premio alla traduzione letteraria rappresenta un’apertura verso il mondo, sia per la presenza di lingue “altre”, sia perché la letteratura racconta storie che hanno come centro l’essere umano, nella sua essenza e nella sua molteplicità.

Quest’anno avete inserito nel programma anche performance teatrali, dibattiti pasoliniani e attività dedicate a studenti e detenuti. Quanto conta per Elba Book l’intreccio tra letteratura e partecipazione sociale?

Fin dalla prima edizione abbiamo sempre pensato di incarnare un ruolo politico non solo sul territorio, ma anche nel panorama italiano; Elba Book non ha mai voluto essere una kermesse dove gli autori vengono semplicemente a presentare le proprie ultime uscite; chiediamo loro di sbarcare sull’isola, invece, per portare una riflessione, una visione sul tema che abbiamo scelto per quell’anno. Non vogliamo essere un contenitore di voci labili che non si sedimentano nella memoria collettiva, ma un luogo dove il pensiero di artisti e scrittori costruisca orizzonti di senso che possano trasformarsi in prospettive sociali e politiche di rinnovamento per il territorio elbano.

Con il Premio Demetra e le sue cinque sezioni, il festival guarda anche all’ecologia e all’educazione ambientale. Qual è il ruolo della letteratura nel sensibilizzare il pubblico sui temi del cambiamento climatico e della sostenibilità?

Fin dall’inizio l’impegno per l’ambiente è stato uno dei temi più significativi che hanno attraversato la nostra manifestazione. L’istituzione cinque anni fa del Premio Demetra grazie a l’intuizione di Carlo Montalbetti e al sostegno del Consorzio Comieco per noi è stata la logica evoluzione del palinsesto del festival. La crisi climatica, per esempio, è spesso comunicata attraverso grafici, statistiche e scenari complessi. La letteratura ha il potere di tradurre queste informazioni in esperienze emotive, rendendo più accessibili e comprensibili le conseguenze del riscaldamento globale e del degrado ambientale. Romanzi, racconti e poesie permettono al lettore di empatizzare con persone e luoghi colpiti dalla crisi climatica. Gli scrittori possono immaginare futuri sostenibili, offrendo visioni alternative del rapporto tra uomo e natura. Questo potere immaginativo può ispirare azioni concrete e cambiamenti culturali, proponendo modelli di convivenza più equilibrati con l’ambiente. Attraverso la narrazione, la letteratura può far emergere le storie di comunità marginalizzate o di territori spesso ignorati nelle narrazioni ufficiali. Questo è particolarmente rilevante per i temi ecologici, dove spesso chi subisce le conseguenze peggiori del cambiamento climatico ha meno accesso ai mezzi di comunicazione.

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