“Uri” di Kamel Daoud: la voce silenziosa dell’Algeria che non vuole ricordare

Con “Uri”, pubblicato in Italia da La Nave di Teseo, Kamel Daoud – già noto per Il caso Meursault – firma un romanzo potente e lirico, capace di scavare nel dolore collettivo dell’Algeria e restituire voce ai fantasmi della sua storia recente. Dopo aver conquistato il Premio Goncourt 2024, Daoud approda nelle librerie italiane con un’opera che ha il coraggio di toccare le ferite ancora aperte della guerra civile algerina degli anni Novanta, raccontandole attraverso il corpo e il silenzio di una donna.

La protagonista è Alba, giovane donna di Orano, moderna e libera, che sfida i codici morali e sociali di una società sempre più conservatrice. Indossa jeans, mostra tatuaggi, fuma in pubblico. Il suo corpo, però, racconta una storia diversa: sopravvissuta al massacro della sua famiglia quando aveva solo cinque anni, Alba porta i segni visibili della violenza subita – una cicatrice sul collo, una cannula che le permette di respirare, corde vocali distrutte. È muta, ma proprio per questo la sua voce interiore diventa il canale attraverso cui Daoud racconta non solo la sua storia personale, ma quella di un intero Paese che ha scelto di dimenticare.

Alba scopre di essere incinta e prende la decisione di interrompere la gravidanza. Eppure, nel silenzio della sua esistenza, quel bambino diventa l’unico interlocutore in grado di “ascoltarla”. È a lui che racconta la sua vita, i suoi traumi, le sue paure. Attraverso questo dialogo intimo e invisibile, inizia un viaggio verso le origini, verso il villaggio dove tutto è cominciato, nella speranza che anche i morti possano finalmente rispondere.

“Uri” è un romanzo che scardina il silenzio imposto dalla legge e dalla cultura, in un paese dove parlare di guerra civile è ancora tabù, dove le donne sono ridotte al silenzio sia fisico che simbolico. Daoud affronta il nodo della memoria e dell’identità con la forza di una scrittura che mescola lirismo e dolore, introspezione e denuncia politica. Alba non è solo una sopravvissuta, è anche un simbolo di resistenza femminile, un corpo martoriato che si fa racconto e memoria vivente.

Con una prosa intensa e vibrante, Daoud ci consegna una riflessione profonda su ciò che resta dopo la violenza, su come il trauma si incarna nei corpi e si trasmette nelle generazioni future. Ma soprattutto, restituisce dignità e voce a chi è stato ridotto al silenzio – non solo con le armi, ma con l’oblio.

“Uri” è un romanzo necessario. Per l’Algeria, ma anche per ogni Paese che ha attraversato la guerra e ne ha occultato le conseguenze. È una lettura che scuote, che interpella e che invita a non dimenticare.

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