Con Me la sono andata a cercare. Diari di una reporter di guerra, edito da Laterza, Giuliana Sgrena torna in libreria con un memoir potente, crudo e necessario. Non solo un resoconto di trent’anni di giornalismo sul campo, ma anche una riflessione personale e politica sulla condizione di chi sceglie – e soprattutto di chi osa, da donna – di raccontare la guerra dall’interno, sfidando stereotipi, silenzi e convenienze.
“Se una giornalista torna in una bara, è un’eroina. Se torna viva dopo un rapimento, se l’era andata a cercare.” Da questa feroce ambiguità, Sgrena prende le mosse per rileggere la sua carriera di inviata speciale nei principali teatri di conflitto del nostro tempo: Algeria, Iraq, Somalia, Afghanistan, Siria, Eritrea. Una geografia della violenza, della menzogna e dell’abbandono, dove i grandi proclami sulla democrazia occidentale si sono spesso infranti contro gli interessi economici, i cinismi strategici e le verità negate.
Con voce limpida e tagliente, Sgrena racconta la brutalità delle guerre moderne e i fallimenti delle missioni internazionali, il doppio standard riservato alle giornaliste donne, spesso accusate di imprudenza o di protagonismo e le figure luminose incontrate sul campo – militanti, civili, colleghi – che hanno scelto, come lei, la strada della testimonianza a qualunque costo.
Una pagina intensa del libro è dedicata a Nicola Calipari, l’agente che la liberò dopo il rapimento da parte di un gruppo islamista in Iraq nel 2005, e che venne ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un soldato americano. Il rimorso per quella morte – e il peso della sopravvivenza – attraversano il testo come una ferita mai rimarginata, facendo di Me la sono andata a cercare non solo un diario di guerra, ma anche un libro intimo e coraggioso.
Accanto al racconto delle missioni, Sgrena dedica pagine commosse e lucide al ricordo di Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, due giornaliste italiane uccise mentre facevano il loro lavoro: cercare e raccontare la verità.
Questo libro non è soltanto un atto di accusa contro il cinismo del potere e l’ipocrisia del giornalismo embedded. È anche una rivendicazione fiera, tutta al femminile, di una carriera vissuta senza compromessi, e di una voce che ha pagato il prezzo della libertà e del coraggio.
Me la sono andata a cercare è, in definitiva, il manifesto di una giornalista che ha scelto di esserci, dove tutto brucia. E che oggi ci consegna una testimonianza che è anche un’eredità.