“Quello che siamo noi” e lo slancio alla vita di anime insolute. Intervista all’Autrice Alessandra Morelli.

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E’ sempre un incastro, un gioco di sguardi e di intenti. E’ sempre la volontà che spinge a fare delle scelte più o meno ponderate o consapevoli. E’ sempre l’amore che prende ciò che è rimasto dalla sofferenza per recuperare un senso dai traumi passati e per restituire il coraggio di affrontare a testa alta un nuovo futuro.

“Io scrivo da quando ero piccolissima e il mio sogno è sempre stato quello di scrivere. In ogni caso, non avrei mai creduto di farcela. Ho vissuto tanti anni da lettrice divorando libri su libri e adesso invece sono al Salone Internazionale del Libro di Torino per presentare il mio <<Quello che siamo noi>>”.

Alessandra Morelli in veste di esordiente ci parla così del suo sogno adesso, finalmente, tangibile: un libro con la sua copertina, le sue pagine e il nome di lei impresso in superficie.

Un elaborato scritto inizialmente in previsione di una terapia individuale che racchiudeva in sé un senso aggiuntivo, proiettato al di là della semplice sfera personale e questo Alessandra l’aveva compreso. Il collante tra lei e l’edizione del suo libro con la casa editrice La Corte è stata Chiara Beretta Mazzotta, una editor freelance e scouter che affezionatasi al manoscritto ha deciso, previe limature, di piazzarlo per un’eventuale pubblicazione.

“Si tratta di un romanzo che ho scritto per anestetizzare un dolore che mi portavo dentro. La trama attraversa il percorso relazionale che intercorre tra Caterina e Natalia, due sorelle diametralmente opposte intente a risanare, ognuna a suo modo, le proprie ferite. Le due, poi, incontrano Andrej, un ragazzo che ha avuto la loro stessa storia: tutti e tre, infatti, giovani di origini russe e sono stati adottati– ci spiega l’Autrice.

Katerina si profila fin da subito come la protagonista più radiosa mentre è sua sorella, Natalia, l’anima distrutta. Quella opaca che non riflette luce e non la propaga. Se la prima è riuscita ad adattarsi al nuovo ambiente italiano la seconda, di contro, sente il continuo richiamo della sua terra spinta dalla voglia di tornare in quel luogo che è stato per lungo tempo lo scenario delle sue sofferenze e degli abusi che ha subito per assumersi il rischio di affrontarli. E forse chissà, riuscire finalmente a ripulirsi da quel turpe senso di ingiustizia che le macchiava il corpo e la mente. Infine, ecco Andrej che cammina in sospensione lungo un filo sottile, sottile… una minima disattenzione porterebbe con sé un improvviso squilibrio e quindi il vuoto inesorabile del baratro. Lui stesso a volte vorrebbe abbassare la guardia e cadere giù ma, proprio quando tutto sembra irrecuperabile, l’istinto alla sopravvivenza e forse un intimo, inconscio amore per la vita lo richiama puntualmente all’equilibrio. Tra lui e Katerina nasce una storia d’amore guidata da una fraterna identificazione delle loro anime, dall’aspirazione al riscatto e dalla voglia di salvarsi a vicenda dal passato. Natalia invece, facendo i conti con ciò che porta dentro, troverà poi una soluzione estrema per rendersi libera.

“Il filo conduttore che lega i tre personaggi è quello di cercare nell’altro la salvezza in una cooperazione di anime estremamente diverse, ognuna con la propria percezione della realtà, con la propria visione e con la propria idea di cosa voglia dire svincolarsi dal passato o di quali siano le mosse migliori per affrancarsi da esso”.

Un libro che mostra un’intimità non usuale che trasuda da ogni pagina perché forte è il legame che connette ogni singolo lemma al vissuto personale di Alessandra, mamma adottiva di un meraviglioso bambino di origini russe. Non a caso quella nazione e non a caso Andrej, il nome nel suo cuore, quello di suo figlio.

“Ho adottato mio figlio Andrej quando era piccolissimo e ho deciso di essere madre nonostante tutte le possibili difficoltà. E di problemi ne ho avuti per rientrare a pieno titolo nella complessità del ruolo. A mio figlio è stata diagnosticata la sindrome di iperattività e, a volte, non è facile”.

Una donna, Alessandra, che si muove con amore all’interno del mondo dell’adozione, un ambiente sociale dalle  dinamiche spesso non semplici e che ha deciso di non limitarsi soltanto a considerare la propria esperienza da madre adottiva. Per scrivere il libro ha deciso di dedicarsi ai confronti e alla conoscenza, al dialogo con ragazzi che si trovano nella stessa condizione di Andrej, decidendo poi di ripercorrere ogni storia e di inserirne un pezzetto di ognuna all’interno del suo romanzo. Uno studio sociologico e umano come pochi, un richiamo ad esistenze da lei sentite ed ascoltate. Per recuperare poi i nodi di quel filo rosso che lega la storia di Natalia a quella della madre biologica di suo figlio e la storia di Katerina a quella della sua figlioccia, anche lei adottata e con la quale ha un forte legame. Ma lasciamo alla vita i veri nomi e al romanzo la finzione di una <<rosa>> che, anche se chiamata con un altro nome, manterrebbe comunque lo stesso profumo parafrasando la Giulietta di Shakespeare, che aveva capito l’essenza delle persone al di là dei tumulti, dei nomi, delle ostilità e della sofferenza.

“La domanda che girava come un ritornello nella mia mente durante la stesura era: come può un essere umano sopravvivere all’abbandono? Come può sopportare il rifiuto, il distacco biologico; e come incide questo nel percorso della sua vita? Sono quesiti a cui cercavo di dare una risposta non solo scrivendo, ma anche facendo attenzione allo lo sguardo di Andrej, quel bambino che ho la fortuna di guardare ogni giorno e di cui riesco a notare tutte le difficoltà, tutta la sua quotidiana problematicità. Sto cercando di salvarlo e, di rimando, sto cercando di salvare me stessa come madre”.

Nella maggior parte dei casi, una persona che ha subìto la ferita del rifiuto si accontenta del poco, sprofondando nell’assuefazione di forme d’amore a metà, a volte addirittura inesistenti, facili o manipolatorie. E’ così che un’anima insoluta si perde non riconoscendosi il diritto di essere felice o rinunciando a percorrere una strada per la salvezza che forse richiederebbe una responsabilità ulteriore insieme alla prontezza e al sangue freddo di essere disposti a giocarsi anche gli ultimi pezzi di vita che rimangono, le ultime certezze.

Andrej oggi ad 11 anni non ha piena consapevolezza di ciò che ha fatto la propria mamma e di quanto amore ha messo nello scrivere un libro che la faceva pensare nient’altro che a lui. Magari, ora come ora, racconterà ai suoi piccoli amici che la sua mamma scrive libri, ma la sua consapevolezza crescerà di anno in anno guidata dall’amore di Alessandra e da un libro che, fino all’ultima pagina dei ringraziamenti, è dedicato a lui.

“Per essere una mamma adottiva ci vuole una determinazione e un’abilità di cui ti rendi conto solo a posteriori. La voglia di diventare mamma è scaturita con naturalezza in me e non ho mai sofferto nell’impossibilità di avere figli miei. Avrei cercato comunque mio figlio, anche in capo al mondo”.

E infine una presa di coscienza dal profumo di umanità, quella che riconosce i propri limiti richiamati dalle aspettative che ci costruiamo come palazzi di idee, di sensazioni o di presentimenti positivi o negativi che siano. Aspettative confermate o a volte disattese che nonostante tutto, nella commistione delle une nelle altre si fondono equamente diventando il pretesto per stabilire i compromessi ideali, quelli equilibrati e quieti di pace:

“Che si tratti di una maternità naturale o meno, in ogni caso ci si scontra non solo con l’idea che viene meno del bambino perfetto che avevi idealizzato e fatto crescere nei tuoi sogni, ma ci si scontra anche con la propria idea di essere madre. Perché? Perché anche tu, nonostante tutta la buona volontà e le buone intenzioni, non sei perfetta. Per me essere mamma è stata una scelta, mentre per altri è un passaggio obbligato: vedo bambini senza attenzioni e genitori terribilmente distanti. Quello della maternità non è un sentimento naturale o scontato e il percorso adottivo mi sta facendo imparare ad essere un vero genitore, con tutte le sfide che ne derivano”.

Con un ultimo augurio di amore e di carezze tra una madre e un bambino che si sono trovati per non perdersi e per amarsi. Ma soprattutto per Alessandra che nel sentimento, nel piccolo e nel grande, nelle azioni di ogni giorno, sta facendo penetrare fino in fondo ogni radice affinché venga tenuto ben saldo il terreno di questo legame.

Il prossimo appuntamento con Alessandra Morelli e il suo libro “Quello che siamo noi” edito da La Corte Editore sarà questo 29 giugno presso la Biblioteca Comunale di Terni (Umbria).

                                        Di Ginevra Lupo

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