Un amore in guerra, di Riccardo Bacchelli

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La Legge Bacchelli è stata approvata nel 1985 durante il governo Craxi e istituisce un fondo in favore di cittadini illustri che versino in uno stato di particolare necessità economica. Tra i beneficiari che hanno usufruito del vitalizio troviamo personaggi importanti della cultura italiana si possono ricordare: lo scrittore, poeta e drammaturgo Dario Bellezza, la poetessa Alda Merini – che fu ricoverata per 8 anni in manicomio probabilmente per un disturbo bipolare –, l’attrice Alida Valli, il pugile Duilio Loi, l’attore Franco Citti, l’eroeGiorgio Perlasca (che fu fascista ma non condivise la scelta delle leggi razziali operata dal regime e si adoperò per salvare 8000 ebrei ungheresi dalla deportazione e venne nominato Giusto tra le Nazioni); anche il poeta e filosofo Guido Ceronetti, scomparso nel 2018, ottenne questo assegno. Tra i viventi è da ricordare certamente Gavino Ledda lo scrittore, poeta, glottologo e accademico sardo autore di Padre padrone.

Altri importanti personaggi del cinema come Anita Ekberg e Laura Antonelli non poterono o non vollero usufruire della pensione, così come Gino Bartali e Franco Califano.

Questa Legge della Repubblica Italiana prende il nome dallo scrittore Riccardo Bacchelli (1891-1985) che, ironia della sorte, non potè beneficiarne perché morì prima della sua assegnazione.

Lo scrittore di origine bolognese fece la Grande Guerra come ufficiale volontario di fanteria è stato autore di romanzi storici e il più famoso è Il mulino del Po’ pubblicato nel 1957.

Indeciso se aderire o meno al regime fascista perché aveva ricevuto un pressante invito da parte di Mussolini a cui era piaciuto molto il suo romanzo Il diavolo di Pontelungo, nel 1927 si recò a Napoli per chiedere un consiglio a Benedetto Croce e il filosofo liberale gli espresse il suo parere favorevole.

Il 16 dicembre 1940 l’Università di Bologna gli conferisce la laurea honoris causa in Lettere. L’Accademia d’Italia lo accoglie fra i suoi membri, tuttavia egli scelse nel 1944 di dimettersi.

Una delle sue opere meno conosciute ma non per questo di minor valore è Un amore in guerra ripubblicato nel 2017 dalle Edizioni di Ar ora nella collana Il Cavalo alato e precedentemente ne Le librette di controra sempre per la casa editrice padovana-irpina.

In questo breve romanzo si narrano le vicende di Enrico De Nada, un barone napoletano prestato alla caccia bellica nel periodo della sconfitta di Caporetto del 1917 e racconta la guerra per quella che è stata nella realtà: scavare trincee, resistere, combattere, vedere in faccia la propria morte e quella degli amici.

La guerra nel racconto di Bacchelli è un’esperienza che negli esseri umani mette in rilievo gli aspetti sia positivi che negativi del loro animo: viltà ed eroismo, egoismo e solidarietà, paura e coraggio; sono sentimenti che ogni uomo prova perché non è un Dio ma deve far prevalere le virtù e la positività se vuole rimanere equilibrato e non cadere nella follia che in diversi casiha provocato questa esperienza così estrema.

Per tornare alla trama, De Nada dopo essere stato consapevole delle atrocità e delle difficoltà incontrate superate con virilità e saggezza, incontra una nobildonna durante la ritirata: si chiama Cecchina Gritti e pian piano se ne innamora ed è da lei ricambiato pur sapendo di essere sposato. Il loro amore è tormentato dai sensi di colpa, dalle incertezze e dubbi di entrambi.

Scrive l’Autore: «Quando fra i due l’attesa del primo bacio aveva grandeggiato tanto da confondere tutti i loro pensieri, quando dubitavano ormai che fosse possibile baciarsi».

Lo stile del libro è lirico è a volte suggestivo lontano anni luce dal grigiore e dallo squallore che contraddistinguono una buonaparte della narrativa contemporanea che tra nevrosi devirilizzanti e crisi esistenziali ha perso ogni slancio vitale ed eroico, fu definito dall’aristocratico ed avventuriero Enrico de Boccard (1921-1988) di cui è da ricordare la collaborazione alla nota rivista erotica Playman dove nel 1970 intervistò il filosofo tradizionalista Julius Evola destando scalpore tra gli ambienti della destra più conservatrice, già combattente della Repubblica Sociale Italiana e autore di uno dei migliori libri della «letteratura dei vinti» Donne e mitra del 1950 – riedito col titolo Le donne non ci vogliono più bene nel 1995 – «come le pagine migliori che si siano potute leggere sulla famosa ritirata, 1917, dell’esercito italiano da Caporetto al Piave».

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