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Ucraina: il fallimento di Minsk 2 è dietro l’angolo

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Gli scontri tra esercito e separatisti sono tornati ai livelli precedenti a febbraio. Sul fronte interno, l’accordo appare lontano. Sul fronte internazionale, Nato e Russia continuano a mostrare i muscoli.

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Complici le miti temperature estive, il conflitto nell’Ucraina orientale è tornato ad essere cruento. L’avvicinarsi dell’inverno, con la questione delle forniture di gas che tornerà centrale nell’agenda di tutti i Paesi europei, acuisce i sintomi di un’ulteriore intensificazione delle violenze. Il 3 agosto scorso, tre soldati dell’esercito di Kiev sono morti a seguito degli scontri con i separatisti. In contemporanea, si è materializzato il fallimento dei negoziati per la costituzione di una zona cuscinetto tra i gruppi di contatto degli accordi di Minsk 2.

I sintomi di una escalation di violenze, appunto. Di natura interna, tra gli ucraini, che chiedono la deposizione delle armi ai filorussi in cambio di concessioni autonomiste nella carta costituzionale, e i separatisti, intenzionati a non cedere e a volere partecipare al processo legislativo.

Di natura internazionale. Come rigurgiti di una Guerra Fredda tornata di attualità, la guerra civile ucraina non è altro che il terreno di una resa dei conti a livello internazionale. Con la Nato, intenzionata ad intensificare sempre di più l’apporto di unità speciali nei Paesi dell’Est Europa. Con Stati Uniti e Unione Europea, decisi a non cedere sulle sanzioni nei confronti di Mosca. Con la Russia, infine, determinata ad uscire dal progressivo isolamento rispetto ai partner occidentali.

La guerra a colpi di sanzioni economiche potrebbe spingere il Cremlino a non retrocedere. L’aumento del numero di addestramento dei separatisti del Donbass ne è un chiaro indicatore. Infine, i rapporti privilegiati con Siria e Iran, i nuovi canali economici e commerciali istituiti con Cina e India, potrebbero indurre Washington ad ammorbidirsi. La degenerazione del conflitto ucraino e la conseguente caduta nel caos del Paese sono dietro l’angolo.
Giacomo Pratali

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Ucraina: 7 morti e 15 feriti nelle ultime 24 ore

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Tra le vittime ci sono ribelli filorussi, civili e un soldato dell’esercito. Nella giornata di domenica altri 7 militari separatisti sono rimasti uccisi in un attentato.

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Altre 7 morti e almeno 15 feriti tra lunedì 25 e martedì 26 maggio nel Donbass. Questo il bilancio degli scontri che continuano nell’est dell’Ucraina. Tra le vittime ci sono 4 miliziani, 2 civili (a seguito dei bombardamenti contro l’impianto siderurgico di Avdiyivka) e 1 soldato. A riportare le cifre sono stati Andrii Lisenko, Portavoce dell’esercito di Kiev, ed Eduard Basurin, Viceministro della Difesa di Donetsk.

Ma la tregua sancita dagli accordi di Minsk di febbraio continua a scricchiolare. Domenica 24 maggio, infatti, 7 soldati separatisti sono rimasti uccisi a seguito di un attentato sull’autostrada Lugansk-Perevalsk. Tra questi, Alexiei Mozgovoi, Comandante della ‘Brigata Fantasma’ e tra i più influenti leader del fronte filorusso. Le accuse sono ricadute fin da subito sul governo ucraino, ma Kiev ha risposto che l’omicidio sarebbe avvenuto dopo un regolamento di conti interno tra i ribelli.
Giacomo Pratali

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Ucraina, vacilla l’accordo di Minsk: 8 morti

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Le vittime sarebbero scaturite dopo i bombardamenti di Kiev contro l’aeroporto filorusso di Donetsk. Il ministro degli Esteri Gentiloni apre le porte a Putin, alleato di importanza strategica in Siria e Libia.

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Si fa sempre più fittizio il cessate il fuoco in Ucraina. L’ultimo episodio di una guerra civile mai spenta è accaduto domenica 3 maggio. L’esercito regolare, secondo fonti filorusse, avrebbe ucciso 8 persone (un militare e 7 civili) nel corso dei bombardamenti contro l’aeroporto di Donetsk, roccaforte dei filorussi. La notizia è ancora da confermare, mentre il Ministero della Difesa di Kiev ha parlato di “bugie” e che “i militanti (separatisti filorussi, ndr) in 24 ore hanno aperto il fuoco 35 volte”.

Intanto, il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, attraverso un’intervista a La Stampa, pur ribadendo che “l’Italia sostiene Kiev, e Kiev deve fare le necessarie, dolorose riforme economiche e costituzionali, compresa l’autonomia del Donbass” e che “ha applicato correttamente le sanzioni alla Russia, pagando un prezzo pesante”, incalza con un’importante apertura nei confronti di Vladimir Putin, atteso nei prossimi giorni all’Expo: «La data non è ancora stata fissata, ma certamente l’incontro ci sarà. Senza illudersi di poter tornare d’incanto alla situazione pre-crisi Ucraina, occorre mantenere aperti i canali con Mosca. Non sfugge – prosegue – il ruolo che la Russia già ha nella scacchiera della gestione delle crisi internazionali, dall’accordo sul nucleare iraniano fino alla crisi più drammatica, quella in Siria. E potrebbe essere utile anche in Libia», conclude il titolare della Farnesina.

Giacomo Pratali

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Ue: “Nessuna missione militare in Ucraina”

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Questo quanto emerso nel corso del summit di Kiev tra Tusk e Poroshenko. Entro il 2020 l’ex Paese sovietico potrebbe entrare nell’Unione Europea.

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“Siamo favorevoli ad un’operazione civile, ma non militare”. Non lascia margini di interpretazione il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk nel corso del vertice di Kiev con il presidente ucraino Poroshenko, il quale aveva chiesto all’Unione Europea il sostegno armato contro i ribelli del Donbass. Apertura, invece, per quanto riguarda l’accesso all’Ue: “Entro i prossimi cinque anni potremmo raggiungere i requisiti necessari”.

Intervistato proprio su quest’ultimo punto il 21 aprile scorso da La Repubblica, il premier ucraino Arsenij Yatseniuk aveva constatato come questa ipotesi “abbia causato le offensive di Putin e dei filorussi nell’est dell’Ucraina. La nostra guerra civile ci è costata 1800 soldati e 6000 civili morti dal 2014. Inoltre, i separatisti non stanno rispettando il cessate il fuoco”.

Ma la situazione sta precipitando, a dispetto degli accordi di Minsk, a partire dalla capitale Kiev. Nei giorni scorsi, infatti, tre giornalisti vicini alle posizioni russe, Oles Buzina, Sergej Sukhobok e Oleg Kalashnikov sono stati uccisi. E le reazioni non si sono fatte attendere. Se Vladimir Putin ha bollato i fatti come “omicidi politici”, molti oligarchi e personaggi pubblici ucraini hanno incredibilmente festeggiato di fronte a questa notizia.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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