GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Tag archive

Libia - page 2

Libia: nuovo governo o Califfato?

Medio oriente – Africa di

Sarebbero almeno 50 le vittime dell’attentato, messo a segno attraverso camion kamikaze, avvenuto la mattina del 7 gennaio nei pressi del campo d’addestramento della polizia di Tripoli a Zlitan. Anche se non c’è stata ancora nessuna rivendicazione, l’attacco sarebbe stato portato a termine da parte dei miliziani del Daesh.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Un inizio d’anno nel segno della violenza, dunque, in Libia. Questa fase di stallo, di formazione del nuovo governo nazionale, sta giocando a favore dello Stato Islamico. E, in questo senso, appare flebile la condanna del delegato ONU Martin Kobler sui fatti di Zlitan,

Infatti, non solo l’Ovest, ma soprattutto l’Est del Paese è sotto attacco. Su tutti, il raid firmato dai militanti dello Stato Islamico nei pressi del porto petrolifero di Sidra, dove martedì 5 gennaio altri kamikaze hanno tentato di aprirsi un varco per conquistare lo strategico terminal. Adesso, gli uomini del Califfato si trovano a soli 50 chilometri da quest’area strategica. Mentre, come riportato dalle Nazioni Unite, l’ISIS controlla circa 300 chilometri di costa libica con 2000/3000 uomini.

L’obiettivo, sulla falsariga di quanto già accaduto in Iraq e Siria, è chiaro. Appropriarsi delle aree energetiche strategicamente più importanti e conquistare sempre più terreno in vista dell’annunciata missione internazionale conseguente all’accordo tra le fazioni libiche.

Su questo fronte, come rivelato dal quotidiano britannico Mirror, la missione ONU, a guida italiana, dovrebbe contare su 6000 unità. Corpi speciali di Stati Uniti e Regno Unito sono già presenti snel nord della Libia, così come quelli francesi arrivati nel Fezzan. L’ok alla missione, tuttavia, passerà dalla formazione del nuovo governo di Tripoli. Nel frattempo, il Daesh sta sempre più allargando la sua area di influenza oltre la roccaforte Sirte.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Libia: in attesa del via libera dell’ONU

Medio oriente – Africa/Varie di

Come annunciato a seguito della Conferenza Internazionale di Roma, le diverse fazioni libiche, Tripoli e Tobruk su tutti, hanno raggiunto a Skhirat (Marocco) l’accordo per il governo di unità nazionale. Il Consiglio di Presidenza, presieduto da Sarraj Fayez, dai tre vicepremier in rappresentanza di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, più altri rappresentanti hanno il compito, entro 40 giorni, di trovare i ministri e formare il nuovo governo. C’è attesa, intanto, per la risoluzione ONU, che dovrà definire i termini dell’intervento militare per mettere in sicurezza Tripoli e addestrare le forze di sicurezza locali: l’Italia è pronta ad assumere il ruolo di guida della coalizione internazionale, mentre la Gran Bretagna invierà circa mille uomini.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Nella giornata di giovedì 17 dicembre, con un giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia, i 90 rappresentanti dell’Assemblea di Tobruk e i 27 del GNC di Tripoli hanno firmato l’accordo, frutto di un’estenuante trattativa durata un anno. Il Consiglio di Presidenza neoeletto, oltre a scegliere i rappresentanti del nuovo esecutivo, dovrà convincere i presidenti dei rispettivi parlamenti ad accettare l’accordo. Tra i nodi da sciogliere, anche la modalità dell’intervento della coalizione internazionale: le diverse fazioni, infatti, caldeggiano l’addestramento delle forze di polizia libiche, piuttosto che un intervento militare straniero classico.

Se le reazioni positive da parte delle più cariche istituzionali globali si sprecano, sul campo iniziano già a vedersi i primi effetti dell’accordo sotto l’egida dell’ONU. La presenza di un esecutivo unico a Tripoli consentirà, dopo la Siria, di aprire in Libia l’altro fronte per la lotta allo Stato Islamico, radicalizzatosi a Sirte e presente in maniera forte in centri importanti come Bengasi.

Un piccolo nucleo di truppe statunitensi è già presente in loco, come riportato da molti media internazionali. Così come Francia e Gran Bretagna sarebbero già arrivati in Libia attraverso i confini meridionali.

E l’Italia? Come trapelato da ambienti vicino alla Difesa, il non interventismo in Siria, l’apporto alla missione NATO in Iraq di 450 soldati a difesa dei lavori presso la strategica diga di Mosul, mostrano chiaramente la linea di Roma: riservare il massimo sforzo, in termini umani e logistici, alla più vicina, e per questo più cruciale, Libia.

La missione militare internazionale in Libia, dunque, è già alle porte.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Libia: dubbi sull’accordo preliminare

Medio oriente – Africa di

A quasi un mese dalla fine del mandato di Bernardino Leon, il GNC di Tripoli ha annunciato di avere trovato un accordo preliminare con Tobruk per la formazione di un governo di unità nazionale, al di fuori però della precedente bozza ONU. Essa prevede la creazione di un comitato di dieci rappresentati, divisi equamente tra i due esecutivi in carica, i quali eleggeranno il nuovo premier e i due vicepresidenti.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Un accordo che, seppure fuori dalla bozza Onu dell’ottobre scorso, è stato salutato in maniera positiva dallo stesso Kobler e dall’Italia. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, pur frenando su un intervento militare in Libia nel breve termine, ha affermato che il proprio Paese “è pronto a fare la propria parte”.

A partire dalla prima conferenza internazionale sulla Libia, in programma il prossimo 13 dicembre a Roma. Un po’ come accaduto con il vertice di Vienna sulla Siria dopo gli attentati di Parigi e la reazione francese sul suolo siriano, l’Italia cerca di guadagnarsi un ruolo di primo piano in quest’altro contesto geopolitico caldo, avendo al suo fianco gli Stati Uniti, ma anche la Russia, la quale, attraverso il proprio ministro degli Esteri Lavrov, ha dichiarato che Mosca “è pronta ad aiutare l’Italia sulla Libia”.

Un modo, dunque, per rimettersi in gioco dopo l’attendismo dimostrato a seguito dei fatti di Parigi. In più, la notizia riportata da un’agenzia stampa iraniana, ancora non confermata, della presenza del califfo al Baghdadi a Sirte, roccaforte dell’Isis in Libia, pone il problema della presenza dell’organizzazione jihadista a 300 chilometri dalle coste italiane. Una risposta comune dall’Europa è ora quanto mai necessaria.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Vertice NATO: Libia snodo cruciale per Mogherini e Gentiloni

BreakingNews di

Discorsi convergenti quelli dell’alto rappresentante dell’UE Federica Mogherini e del ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni in occasione della seconda giornata del seminario congiunto NATO a Firenze. Entrambi, infatti, hanno indicato non solo la Siria, ma anche la Libia come terreno cruciale nella lotta al terrorismo.

In collegamento da Bruxelles, Mogherini si è rivolta ai partecipanti al seminario spiegando che “non è ancora venuto il momento di un’azione militare europea congiunta in Siria. Ma è comunque indispensabile trovare una soluzione politica di concerto assieme a tutti gli altri attori politici, anche se le posizioni di partenza restano distanti”. E ancora: “Ritengo che la Siria sia sì importante, ma non inscindibile dal contesto libico, sul quale dobbiamo lavorare per combattere il Daesh. Dalla questione migratoria e dei rifugiati che arrivano in Europa fino agli attacchi terroristici di Parigi: il nostro continente deve poter gestire questa minaccia proveniente da fuori”.

Interpellata, invece, sul ricorso all’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona da parte della Francia, Mogherini ha difeso l’operato congiunto dichiarando che “è vero che i singoli stati stanno discutendo bilateralmente le soluzioni militari contro il terrorismo assieme a Parigi”, ma “l’Unione Europea – sottolinea -, fin dal 13 novembre, ha dato la sua solidarietà e il suo pieno appoggio al governo francese. Purtroppo è necessario l’uso della forza per difendere la sicurezza dell’UE”.

Dal canto suo, Gentiloni, intervenuto sul dibattito del pomeriggio sulla Libia, rilancia l’idea che, come nel caso siriano, anche in quello libico “serve una soluzione comune che porti all’accordo tra le fazioni. Dopodichè, le Nazioni Unite metteranno nero su bianco un piano d’intervento nel Paese. L’Italia, così come in Iraq e Afghanistan, è pronta ad assumersi le proprie responsabilità. Il destino della Libia, al pari di quello della Siria, è di fondamentale importanza per l’Europa e per l’Italia sia per la questione dei flussi migratori sia per la lotta al Daesh e al terrorismo”

Mentre, sui rapporti con la Francia dopo l’intervento in Siria e il ricorso all’art. 42.7, il titolare della Farnesina ha assicurato che “l’Italia è al fianco della Francia, con la quale stiamo studiando forme di collaborazione ulteriore in altri contesti geopolitici caldi”, ha concluso Gentiloni.

Vertice NATO Firenze sulla lotta al terrorismo

BreakingNews di

Giovedì 26 e venerdì 27 novembre, presso Palazzo Vecchio a Firenze, si terrà il seminario del Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio Oriente (GSM) dell’Assemblea Parlamentare della NATO, promosso dal presidente della Delegazione italiana all’Assemblea NATO, Andrea Manciulli. A seguito dei fatti di Parigi, è stato stravolto il programma originario. Il tema del terrorismo e della sicurezza saranno al centro dell’agenda. Spazio anche a questioni come il finanziamento delle organizzazioni jihadiste, la Libia, le prospettive energetiche e i riflessi economici nei rapporti di interscambio nell’area Mena.

Oltre ai circa 120 parlamentari dei Paesi Nato e degli Stati della sponda sud del Mediterraneo presenti, interverranno alcune tra le più importanti cariche istituzionali italiane: Pietro Grasso, Presidente del Senato; Laura Boldrini, Presidente della Camera; Angelino Alfano, Ministro dell’Interno; Paolo Gentiloni, Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale; Roberta Pinotti, Ministro della Difesa; Marco Minniti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e il gen. Claudio Graziano, Capo di Stato maggiore della difesa. Attesa anche Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione.

Proprio a seguito degli attacchi nella capitale francese, a Firenze sono state implementate le misure di sicurezza. Tiratori scelti e unità cinofile sono già attive nel capoluogo toscano e pronti a garantire la sicurezza delle circa 40 delegazioni Nato presenti in città.

Nella giornata di mercoledì 25 novembre, verso le 17,30, si terrà infine una manifestazione di protesta organizzata da“Assemblea fiorentina contro il vertice Nato”. Sel, Rifondazione Comunista, i No Tav e altri movimenti formeranno un corteo che si snoderà lungo le vie del centro storico della città.

Libia: “Impossibile soluzione politica rapida”

Medio oriente – Africa di

La profanazione del cimitero italiano a Tripoli e il presunto confinamento di alcune imbarcazioni italiane nelle acque territoriali libiche. In questo scorcio di novembre, i rapporti diplomatici tra Italia e Libia hanno subito un brusco raffreddamento. Per trattare questi temi, European Affairs ha intervistato la dottoressa Giovanna Ortu, Presidente dell’Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia, espulsa da Gheddafi, assieme ad altri 20mila connazionali, nel 1970.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Dopo la devastazione del cimitero italiano in Libia, qual è stata la posizione assunta dal governo italiano? Avete ricevuto sostegno?

“Sono andata dal sottosegretario agli Esteri Mario Giro, con il quale avevo in programma un appuntamento già prima che accadesse questo episodio: ho trovato molta disponibilità ma anche preoccupazione circa il contesto creatosi in quel Paese. Nel frattempo, c’è stato anche il fallimento del mediatore ONU Bernardino Leon. La situazione tra le diverse fazioni si è ormai troppo incartata. Secondo me, il prolungarsi di questa dualità tra Tripoli e Tobruk ha aumentato le frizioni: se l’accordo, invece, fosse stato raggiunto prima, non ci sarebbe stato il tempo per i gheddafiani di riprendersi e per le altre organizzazioni di radicarsi sul territorio”.

 

Non è la prima volta che il cimitero italiano in Libia è stato vittima di azioni simili. L’ultimo caso risale al gennaio 2014. Crede che questi episodi siano mossi da un sentimento antitaliano o siano gesti politici premeditati?

“A mio parere, non sono fatti mossi da sentimento antitaliano. I fatti criminosi accaduti fino agli anni 2000, che poi ci indussero a restaurarlo nel 2004, sono collegabili alla microcriminalità. Anche l’episodio del gennaio 2014 o altri più recenti sono dello stesso tenore. Tuttavia, non posso giudicare se l’ultimo fatto sia di stampo politico. Quello che è certo è che già da diverso tempo la nostra associazione temeva che le devastazioni e i furti presso il sacrario italiano in Libia potessero divenire oggetto di strumentalizzazione politica”.

 

Il recente incidente diplomatico tra Italia e Libia è una chiara strategia internazionale atta a volere escludere il nostro Paese dal ruolo guida di un’eventuale azione militare sotto l’egida dell’Onu?

“In questo momento, noto una grande dicotomia tra il sentimento del popolo libico e chi intende speculare sulle divisioni interne per mettere in crisi i rapporti tra Italia e Libia che, in fondo, si erano rimessi sulla giusta strada nella fase finale della dittatura di Gheddafi. Mi chiedo: quanto tempo ci vorrà per ritornare a quella identità di sentimenti e vedute che ha caratterizzato gli ultimi 100 anni dei rapporti tra italiani e libici?
Tornando all’incidente diplomatico di qualche giorno fa, ritengo che, mentre tutti lodano Berlusconi per il trattato firmato con Gheddafi nel 2008 che sembrava così a favore dell’Italia, gli altri partner europei si siano ingelositi di quel rapporto tra Italia e Libia, dato che questo Paese è ricco dal punto di vista energetico e fonte di enormi commesse per il settore delle grandi opere. Quel trattato aveva tolto una fetta troppo grossa agli altri Stati europei. Comunque, non avrei mai creduto che i Paesi occidentali si lanciassero in una guerra, come accaduto nel 2011, senza avere un piano istituzionale ed economico postbellico”.

 

Lei che conosce il contesto sociale libico, crede che vi siano margini per la creazione di un governo di unità nazionale? Ormai la presenza dello Stato Islamico è radicalizzata: davvero questa organizzazione rispecchia la cultura religiosa del popolo libico?

“Sono molto pessimista per una soluzione positiva nel breve termine. Infatti, anche le analisi moderatamente ottimistiche fatte da esperti di geopolitica sono state smentite dai fatti. La Libia che conosco è quella di molti decenni fa. Tuttavia, nelle tre volte che ho avuto occasioni di tornare a Tripoli, i giovani incontrati erano pieni di sentimenti ma poco alfabetizzati e a contatto con il mondo esterno attraverso la televisione italiana. Quello che mi aveva colpito era stato il trovare donne che lavoravano nelle istituzioni e nei ministeri a volto scoperto. Però, non è possibile uscire da 40 anni di dittatura indenne. La popolazione, vulnerabile, è stata vittima di organizzazioni come il Daesh, insediatesi nel tessuto sociale libico”.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Leader Isis in Libia ucciso da F-15 Usa

Abu Nabil al Anbari, leader dell’Isis in Libia, considerato il regista delle stragi al Museo Bardo e nelle spiagge di Sousse a Tunisi, è stato colpito nei pressi di Derna, nella notte tra il 13 e 14 novembre, da due droni F-15 americani. Secondo il Pentagono, esiste la ragionevole certezza che l’uomo sia rimasto ucciso nel corso del raid.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
L’azione statunitense, avvenuta in contemporanea con gli attacchi terroristici parigini, segue quella in Siria del 12 novembre in cui è stato eliminato il boia Jihadi John.

A capo delle tre cellule del Daesh presenti in Libia, Wisam al Zubaidi (il vero nome di al Anbari) è stato capo operativo dell’Isis in Iraq nel 2014. Nello stesso anno, il leader Abu Bakr al Baghdadi, suo compagno di prigione in Iraq nel 2003, lo invia nel Paese nordafricano per sviluppare una rete di gruppi affiliati allo Stato Islamico.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Libia: accordo in bilico

Medio oriente – Africa/Varie di

Tobruk boccia il Consiglio di Presidenza, ma non si esprime sulla proposta del 9 ottobre. C’è attesa per la risposta di Tripoli. La formazione del governo di unità nazionale rischia di saltare. Tuttavia, il mandato di Leon in scadenza e la radicalizzazione del Daesh in alcuni centri nevralgici del Paese richiedono un cambio di rotta in tempi rapidi.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
L’ottimismo mostrato dal delegato Onu in Libia Bernardino Leon al termine delle positive trattative dello scorso 9 ottobre, in cui era stata stilata la bozza dell’accordo e i nomi del nuovo governo di unità nazionale, cozzano con la bocciatura del 19 ottobre del Parlamento di Tobruk dei nomi del Consiglio di Presidenza presentati dalle Nazioni Unite.

Non un voto formale contro l’accordo, dunque. Ma i 153 deputati dell’Assemblea hanno comunque lanciato un messaggio forte alle Nazioni Unite e a Tripoli. Un malcontento che conterebbe una settantina di rappresentanti, pronti, secondo quanto riportato dal Libyan Herald, a defilarsi rispetto alle posizioni del governo di Tobruk.

Adesso, c’è attesa per la risposta di Tripoli, anche se le premesse del 16 ottobre scorso, data della bocciatura dell’accordo di Skhirat da parte del Presidente del Congresso Nuri Abu Sahimin, l quale ha condanato “l’essere stato invitato a New York alla presenza del Ministro degli Esteri di Tobruk, sostenuto da un parlamento illegale poiché sciolto dalla Corte Costituzionale, di un delegato libico presso l’Onu rimosso dal Congresso e dei ministri degli Esteri di Egitto ed Emirati”.

Tuttavia, se uno spiraglio è ancora aperto, il mandato del Parlamento di Tobruk è ufficialmente scaduto proprio lunedì 19 ottobre (anche se poi è stato prorogato). Così come per Leon, a cui succederà il tedesco Martin Kobler e vicino al fallimento della sua missione libica. E il piano militare, economico e sociale a sostegno di un eventuale governo di unità nazionale e dei libici dell’Unione Europea, annunciato dall’alto rappresentante Federica Mogherini lo scorso 20 ottobre, appare utopistico se Tobruk e Tripoli non diranno sì alla bozza delle Nazioni Unite.

Oltre alla dichiarazione congiunta di molti Paesi Onu dei giorni scorsi, le reazioni delle ultime ore tendono a minimizzare quanto è accaduto a Tobruk: “Non ha né approvato né bocciato. È stato solo deciso di non sottoporre la proposta al voto della Camera dei Rappresentanti, ha affermato il ministro degli Affari Esteri italiano Paolo Gentiloni. Mentre Leon ha ribadito che “la minoranza non terrà in ostaggio il processo negoziale. La soluzione politica è l’unica possibile”.

Al netto delle dichiarazioni, tuttavia, le prossime ore appaiono decisive. Le varie scadenze istituzionali ma, soprattutto, la radicalizzazione del Daesh in una città strategica come Bengasi pongono come urgente una soluzione politica univoca per la Libia.

Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Nigeria-Libia: viaggio di sola andata

Medio oriente – Africa di

La Multi National Joint Task Force ha annunciato il dispiegamento di quasi 9000 unità contro Boko Haram, dopo le 200 vittime nelle ultime due settimane. Lo stesso Boko Haram è pronto a supportare i miliziani del Daesh a Sirte.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
8700 soldati dispiegati contro Boko Haram. È quanto annunciato lo scorso 26 agosto dalla coalizione africana Multi National Joint Task Force, composta Nigeria, Camerun, Ciad, Niger e Benin. Soprattutto i primi tre Paesi, sono sempre più il bersaglio dell’organizzazione islamista affiliata all’Isis.

Un provvedimento che potrebbe essere tardivo. Nello Stato di Borno, tornato ad essere l’epicentro degli scontri tra milizie regolari e truppe islamiste, sono state oltre 200 le vittime civili nelle ultime due settimane. Una risposta alle altrettante persone liberate dall’esercito nigeriano nello stesso arco di tempo.

Ma c’è un altro fronte. Oltre ai profughi in fuga da questi continui massacri e diretti verso la Libia, c’è un’altra rotta che porta allo Stato nordafricano: quella dei combattenti di Boko Haram, arrivati a Sirte per dare manforte ai miliziani del Daesh. Come riportato da molti media internazionali, le fonti libiche hanno stimato che “200 combattenti nigeriani sarebbero pronti ad unirsi alle truppe dell’Isis”.

Dallo Stato di Borno, passando per il Lago Ciad e il sud del Camerun, fino ad arrivare a Sirte. La rete del Califfato si sta allargando a macchia d’olio e non appare più sporadica sulle carte geografiche. E la modalità del terrore, già testimoniata nei villaggi nigeriani, ciadiani e camerunensi, è la medesima a Sirte. Solo pochi giorni fa, il leader spirituale dello Stato Islamico Hassan al Karami aveva fatto il seguente annuncio choc nel corso di un sermone nella moschea di Rabat: “Decapiteremo i ribelli dell’opposizione dopo la preghiera del venerdì, gli abitanti di Sirte consegnino le loro figlie ai combattenti che le sposeranno”.

Parole dure. Parole che sono la testimonianza di quanto l’organizzazione di al Baghdadi si sia radicata nella città di Sirte da giugno ad oggi. Moschee, istituzioni e media sono nelle loro mani. E le vittime, esponenti di Fajr Libia, delle Brigate di Misurata e di altri gruppi libici, testimoniano quanto la mancanza di unione nazionale alla Libia faccia il giorno dello Stato Islamico.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

La Difesa italiana nel contesto globale

Difesa/EUROPA/POLITICA di

Intensificare lo sforzo della Difesa italiana per mantenere stabilità nelle aree di crisi, facendo i conti con i nuovi tagli imposti al settore e massimizzando i benefit delle cooperazioni internazionali.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
E’ questo il nuovo indirizzo della politica militare nazionale, inserita in un sistema di relazioni globali che da un lato garantiscono il supporto di sinergie operative e tecnologiche, dall’altro esigono risposte efficienti alle nuove sfide poste dal contesto geopolitico mondiale. Mentre l’America ci chiede formalmente di impegnarci ad arginare il problema dell’Ucraina e distendere i rapporti con la Russia, l’Europa ci affida un ruolo preponderante nella risoluzione della crisi mediterranea che la minaccia da vicino.

Ciò significa instaurare un dialogo “super partes” con i Paesi del medio oriente, rinsaldare i rapporti fondamentali con l’Egitto, appianare la questione libica, monitorare le rotte dei migranti e assumerci la responsabilità di stabilizzare l’intera area. Significa, soprattutto, acquisire una leadership che garantisca l’efficacia di strumenti collettivi quali l’Unione Europea e l’Alleanza atlantica per il rafforzamento della Politica Comune di Sicurezza e Difesa, promuovere la condivisione delle risorse tra i Paesi membri, anche in termini di misure fiscali che favoriscano incentivi al comparto militare.

Come da direttive del Libro Bianco presentato dal Ministro Pinotti, l’Italia punta a preferire le partnership multilaterali a quelle bilaterali, in assoluta controtendenza rispetto al passato, allo scopo di valorizzare il legame transatlantico alla luce dell’intesa tra la dimensione europea della Difesa e la NATO. Individuate quindi nelle regioni euro-atlantica e mediterranea le aree d’intervento prioritarie su cui concentrare gli sforzi, la presenza dei nostri militari impegnati in operazioni marginali è stata considerevolmente ridotta.

Delle oltre trenta missioni sparse in tutti i continenti, dunque, ne restano attive ventiquattro, in ambito ONU, NATO e UE. Tra queste, strategiche le missioni UNIFIL e MIBIL in Libano, volte a supportare la popolazione e le condizioni socio-economiche del Paese a seguito del conflitto siriano; la Risolute Support in Afghanistan, successiva ad ISAF e incentrata sull’addestramento delle milizie afghane; la KFOR in Kosovo, che garantisce il supporto alle organizzazioni umanitarie per l’assistenza ai profughi; le missioni European Union Training Mission in Mali, contro i gruppi terroristici locali, e in Somalia, dove l’Italia partecipa alla strategia europea per la sicurezza nel Corno d’Africa; l’operazione Prima Parthica in Iraq, di contrasto all’Isis, e infine la MIL in Libia, successiva alla guerra civile scaturita dalla caduta di Gheddafi.
Viviana Passalacqua
[/level-european-affairs]

Viviana Passalacqua
0 £0.00
Vai a Inizio
×