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Federica Mogherini @it

Il difficile ruolo dell’Alto Rappresentante UE Federica Mogherini

EUROPA di

Federica Mogherini ha un lavoro impossibile? La risposta è semplicemente si.

L’Alto Rappresentate UE per la politica estera e di sicurezza incarna una figura unica. Federica Mogherini oltre ad indossare il doppio cappello di Vice-Presidente della Commissione e Presidente del Consiglio Affari Esteri (il cosiddetto “Pattana”, cioè un mix di Pattern e Solana), deve coniugare la più classica funzione diplomatica con le diverse dimensioni della politica estera: dalla difesa alla cooperazione allo sviluppo, dalle politiche di allargamento al commercio. Il tutto senza per altro disporre, per sua scelta e in controtendenza rispetto ai suoi predecessori (Ashton e Solana), di un sistema di delegation che sarebbe necessario vista la fitta agenda.

Presenza sul campo e coordinamento sono sicuramente i due elementi che contraddistinguono il suo mandato. Sempre in prima linea nel presiedere i tavoli dei Ministri degli Affari Esteri e della Difesa, Federica Mogherini si è fatta promotrice di un coordinamento estremo con tutti gli apparati dell’Unione, dalla NATO all’Agenzia europea della Difesa, dal Parlamento Europeo (Strasburgo e Bruxelles) allo stretto rapporto con i due Commissioners a lei più prossimi in termini di dossier: Cecilia Malmstrom (commercio) e Johannes Hahn (allargamento).

Risulta veramente complicato assegnare dei voti al lavoro della Mogherini, costretta dalla stessa natura del suo incarico, ad oscillare tra una funzione “comunitaria e sovranazionale”, nel ruolo di Vice-Presidente della Commissione, ad un ruolo “intergovernamentale”, come rappresentante delle 28 diplomazie nazionali. A livello comunicazionale l’Alto Rappresentante svia le domande relative a questa contraddizione con una metafora musicale:

 “non serve un’unica voce per l’UE, serve cantare la stessa canzone; ogni geografia, come ogni strumento, aggiunge qualcosa all’UE”.

Molto significativa ma forse troppo semplicistica, specialmente quando si è nel campo della politica estera e di difesa, fortemente caratterizzato da una miscela di sovranismi e interessi nazionali talvolta difficilmente conciliabili.

Ci ha provato Politico.eu,[1] in occasione del giro di boa del mandato dell’Alto Rappresentante, a valutare il lavoro svolto finora, alternando giudizi positivi, ad esempio in relazione al ruolo dell’UE nella descalation nucleare dell’Iran (da condividere con Kerry), a voti intermedi riguardanti il rapporto con la Russia (e le criticate sanzioni), ma anche negativi per l’eccessiva lentezza e passività nei confronti del vicinato balcanico.

Quanto alla Global Strategy, resa nota pochi giorni dopo la Brexit, c’è chi la considera vuota in termini sostanziali, ma prima di dare giudizi sul merito bisognerà attendere l’interpretazione della stessa in fase d’implementazione (seguendo le linee guida del Piano d’Azione pubblicato nel Novembre 2016). Sicuramente Federica Mogherini si è tolta una soddisfazione personale considerando che l’ultima Strategia europea risale al 2003 (relativa ai rapporti USA-UE sulla questione irachena e afgana) e visti i precedenti fallimenti di Solana (che tentò di rinnovarla nel 2007, riuscendoci parzialmente un anno dopo) e di Ashton (2013).

 A mio avviso sul giudizio di fine mandato peseranno le future e prossime scelte su due dossier Libia e Siria. Spesso si tende a dimenticare ciò che è stato fatto sul fronte Meridionale, a partire dallo sforzo per spostare l’attenzione dal versante Est a quello Sud, passando per la capacità di coordinare un’azione partecipata nel Mediterraneo a servizio della missione marittima Sophia (25 Stati membri) all’interno di una strategia migratoria a lungo termine che prevede alcune concessioni (attraverso Accordi di Partenariato) ai paesi di origine e di transito in cambio di una gestione collaborativa del fenomeno migratorio. Quanto alla Siria l’Unione Europea ha l’opportunità di giocare un ruolo importante di mediatore fra Trump e Putin, facendo da garante al cessate il fuoco alla ricerca di una stabilizzazione sul piano politico, anche se dovrà fare i conti se’ stessa e con l’accordo di convenienza” firmato con un Erdogan uscito rafforzato dal voto referendario, per quanto concerne la questione migratoria (da Est) e il flusso siriano.

Tornando al ruolo, dato l’ampio raggio d’azione, ha una forte caratterizzazione personale. Nonostante le critiche iniziali, dovute più che altro al grado di seniority oltre a trascurabili dibattiti interni di partito (PD), la Mogherini è riuscita a stupire in un periodo segnato dalla minaccia terroristica e dal voto britannico. Meno interventista di Solana (ex Segretario Generale della NATO) ma sicuramente più attiva e presente di Lady Ashton, la Mogherini sta plasmando un ruolo molto delicato con stile e sobrietà. Ad un’interpretazione pro-attiva e presenzialista del ruolo deve però coincidere un cambiamento a livello strutturale. Il continuo richiamo all’Unione come primo attore economico e commerciale e primo donatore di aiuti monetari dà un lato denota una strategia di comunicazione prettamente renziana volta all’esaltazione delle conquiste, dall’altro una totale mancanza dell’altra faccia della medaglia: il cosiddetto “hard power”. L’obiettivo a medio e lungo termine al quale dovremmo mirare, non per avere un’Europa militarizzata o per sostituirsi alla NATO, ma per dare concretezza e valorizzare il cosidetto “soft power“, integrando lo strumento militare con quello economico, diplomatico e civile in una strategia europea lungimirante e al servizio della pace.

di Matteo Ribaldi

[1] R. HEAT, Mogherini’s mid-term report card, Politico.eu , 4/12/17 4/18/17

Libia: governo Tobruk colpisce petroliera a largo di Sirte

L’esecutivo riconosciuto a livello internazionale si è reso protagonista di una azione militare simile a quella contro il mercantile turco l’11 maggio scorso. I servizi segreti britannici, intanto, rivelano che la Francia e l’Italia sono diventate le corsie preferenziali dei foreign fighters che si arruolano tra le fila dell’Isis in Libia. Sullo sfondo, a sorpresa, si prospetta un intervento di ispezione e sequestro per i barconi partenti dalle coste libiche, sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea.

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Ancora un bombardamento, stavolta contro una petroliera vicino a Sirte. Dopo l’attacco contro un mercantile turco l’11 maggio scorso, alcuni caccia del governo di Tobruk hanno colpito la nave che, secondo l’esecutivo riconosciuto a livello internazionale, stava trasportando il greggio per un centrale elettrica in mano ad un gruppo terrorista vicino al governo di Tripoli. In più, c’era il sospetto che l’imbarcazione trasportasse con sé armamenti per i ribelli. Due componenti dell’equipaggio sono rimasti feriti.

Intanto, i foreign fighters, secondo il rapporto pubblicato dall’intelligence britannica, hanno sviluppato una nuova strategia per arruolarsi nello Stato Islamico in Libia. Per evitare i rigidi controlli aeroportuali, questi aspiranti jihadisti giungono in Francia via mare e, una volta in Italia, partono alla volta di Tunisi via traghetto. Da qui, poi, raggiungono Sirte e Derna, le città controllate dall’Isis.

Oltre alla partita dei combattenti di origine occidentale reclutati dal Califfato, l’altro fronte caldo è quello relativo all’immigrazione. Mercoledì 20 maggio, il governo di Tobruk ha spedito una lettera alle Nazioni Unite in cui apre ad un’azione comune assieme all’Unione Europea “al fine di sviluppare un piano d’azione per affrontare la crisi degli immigrati nel Mediterraneo”.

Una sostanziale ammissione di “incapacità della Libia di ridurre le migrazioni illegali”. Ma anche parole importanti, che vanno ad assecondare quello che la risoluzione Onu in materia dovrebbe dire: no al bombardamento e sì all’ispezione dei barconi prima che partano dalla Libia.

Una missione che, secondo fonti diplomatiche, dovrebbe avere il consenso di tutte le
parti in causa libiche e, quindi, anche del governo di Tripoli. In questo senso, la missione del mediatore Bernardino Leon di ricucire lo strappo istituzionale libico diventa cruciale.

Il futuro della Libia e la questione migratoria appaiono dunque correlati. “Il punto principale è decidere le operazioni europee in mare per smantellare le reti criminali e il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. L’accordo tra i due governi è essenziale”, ha affermato l’alto rappresentante Ue Federica Mogherini, in missione a New York per sollecitare la comunità internazionale a prendere una decisione rapida sulla politica da attuare nel Mediterraneo.

La partita interna al Consiglio di Sicurezza sarà decisiva nei prossimi giorni. Anche se, forse, già segnata. Tra i membri permanenti, la Russia è quella che si è opposta ad un intervento militare. Ma il Cremlino, così come Usa, Gran Bretagna, Francia e Cina, hanno dato il benestare ad un’operazione di polizia internazionale la quale, con solide basi legali, dia la “possibilità di ispezionare, sequestrare e neutralizzare le barche che sono sospettate di essere utilizzate per il traffico di migranti”, come recita il capitolo 7 della Carta Onu.
Giacomo Pratali

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L’Europa apre gli occhi sul Mediterraneo

BreakingNews/Difesa/EUROPA/POLITICA di

La Commissione Europea ha stilato e approvato l’agenda europea sull’immigrazione. Nel documento vengono delineate le misure previste nell’immediato per rispondere alla situazione di crisi nel Mediterraneo e le iniziative da varare negli anni a venire per gestire meglio la migrazione in ogni suo aspetto.

Triton e Poseidon, pur mantenendo la loro missione di controllo delle frontiere via mare dell’UE, vedono le loro funzioni ampliate nelle operazioni di soccorso, con molte similitudini con Mare Nostrum. Si prospetta un sistema di emergenza di quote, per ripartire fra tutti i paesi dell’Unione i profughi che riusciranno a sbarcare sulle nostre coste. Sarà obbligatorio per tutti, eccezion fatta per Italia e Grecia, alle quali viene riconosciuto di “aver fatto già abbastanza” e considerando il fatto che i due paesi rimangono impegnati nelle fasi di soccorso e prima accoglienza.

L’Europa si trova costretta a guardare negli occhi la gravità della situazione creatasi nelle sue frontiere sud. Il primo Vicepresidente Frans Timmermans ha dichiarato: “La tragica perdita di vite umane nel Mediterraneo ha sconvolto tutti gli europei. I nostri cittadini si aspettano che gli Stati membri e le istituzioni dell’UE agiscano per impedire il ripetersi di simili tragedie. Il Consiglio europeo ha dichiarato esplicitamente che occorrono soluzioni europee, basate sulla solidarietà interna e sulla consapevolezza che abbiamo una comune responsabilità nel creare una politica migratoria efficace.” Nel presentare il documento, ha aggiunto -” Per questo la Commissione propone oggi un’agenda che rispecchia i comuni valori europei e dà una risposta ai timori che nutrono i nostri cittadini sia difronte a una sofferenza umana inaccettabile che rispetto all’applicazione inadeguata delle nostre norme comuni e condivise in materia di asilo. Le misure che proponiamo contribuiranno a gestire meglio la migrazione e a rispondere alle legittime aspettative dei nostri cittadini”.

La Commissione ha elencato le azioni immediate da intraprendere subito:

– Triplicare le capacità e i mezzi delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon, nel 2015 e nel 2016. È stato adottato un bilancio rettificativo per il 2015 che assicura i fondi necessari: un totale di 89 milioni di EUR, comprensivo di 57 milioni per il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e 5 milioni per il Fondo Sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli Stati membri in prima linea, mentre entro fine maggio sarà presentato il nuovo piano operativo Triton;

– Proporre per la prima volta l’attivazione del sistema di emergenza previsto all’articolo 78, paragrafo 3, del TFUE per aiutare gli Stati membri interessati da un afflusso improvviso di migranti. Entro la fine di maggio la Commissione proporrà un meccanismo temporaneo di distribuzione nell’UE delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale. Entro la fine del 2015 seguirà una proposta di sistema permanente UE di ricollocazione in situazioni emergenziali di afflusso massiccio;

Proporre entro fine maggio un programma di reinsediamento UE per offrire ai rifugiati con evidente bisogno di protezione internazionale in Europa 20 000 posti distribuiti su tutti gli Stati membri, grazie a un finanziamento supplementare di 50 milioni di EUR per il 2015 e il 2016;

Varare un’operazione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) nel Mediterraneo volta a smantellare le reti di trafficanti e contrastare il traffico di migranti, nel rispetto del diritto internazionale.

I quattro pilastri della nuova agenda, in linea con la politica sullìimmigrazione auspicata da J.C. Juncker, Presidente della Commissione Europea, sono i seguenti:

  • Ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, in particolare distaccando funzionari di collegamento europei per la migrazione presso le delegazioni dell’UE nei paesi terzi strategici; modificando la base giuridica di Frontex per potenziarne il ruolo in materia di rimpatrio; varando un nuovo piano d’azione con misure volte a trasformare il traffico di migranti in un’attività ad alto rischio e basso rendimento e affrontando le cause profonde nell’ambito della cooperazione allo sviluppo e dell’assistenza umanitaria.
  • Gestire le frontiere: salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne, soprattutto rafforzando il ruolo e le capacità di Frontex; contribuendo al consolidamento delle capacità dei paesi terzi di gestire le loro frontiere; intensificando, se e quando necessario, la messa in comune di alcune funzioni di guardia costiera a livello UE.
  • Onorare il dovere morale di proteggere: una politica comune europea di asilo forte. La priorità è garantire l’attuazione piena e coerente del sistema europeo comune di asilo, promuovendo su base sistematica l’identificazione e il rilevamento delle impronte digitali, con tanto di sforzi per ridurne gli abusi rafforzando le disposizioni sul paese di origine sicuro della direttiva procedure; valutando ed eventualmente riesaminando il regolamento Dublino nel 2016.
  • Una nuova politica di migrazione legale: l’obiettivo è che l’Europa, nel suo declino demografico, resti una destinazione allettante per i migranti; bisognerà quindi rimodernare e ristrutturare il sistema Carta blu, ridefinire le priorità delle nostre politiche di integrazione, aumentare al massimo i vantaggi della politica migratoria per le persone e i paesi di origine, anche rendendo meno costosi, più rapidi e più sicuri i trasferimenti delle rimesse.

Subito dopo l’esposizione delle misure previste dall’agenda sull’immigrazione, paesi come Regno Unito, Irlanda e Danimarca, noti nelle loro politiche migratorie molto rigide, si sono chiamati fuori dal quadro concreto degli aiuti e delle quote da ripartire, creando un contesto parallelo nel cuore dell’Unione. Sarà il summit dei leader europei di giugno che deciderà sulle quote e in quell’occasione verrà discussa e definita la poszione di tutti.

A richiamare alle loro responsabilità i governi dell’Unione è stata anche l’Alta rappresentante/Vicepresidente Federica Mogherini la quale ha dichiarato: “È un’agenda audace quella con cui l’Unione europea ha voluto dimostrare di essere pronta ad affrontare la situazione disperata di coloro che fuggono guerre, persecuzioni e povertà. La migrazione è responsabilità condivisa di tutti gli Stati membri e tutti gli Stati membri sono chiamati ora a raccogliere questa sfida storica. Una sfida che non è solo europea, è globale: con l’agenda confermiamo e ampliamo la cooperazione con i paesi di origine e transito per salvare vite umane, combattere le reti di trafficanti e proteggere coloro che sono nel bisogno” e ha aggiunto ” Sappiamo tutti che una risposta reale, a lungo termine sarà possibile soltanto se affrontiamo le cause profonde, che vanno dalla povertà all’instabilità dovute alle guerre, fino alla crisi in Libano e in Siria. Come Unione europea, siamo impegnati e determinati a cooperare con la comunità internazionale”.

Alla eventualità di intervenire in Libia, cuore dell’instabilità e del traffico dei migranti nel Mediterraneo, la Mogherini ha dichiarato che non ci saranno boots on the ground, ma ci si affiderà a operazioni mirate di intelligence che i governi degli stati membri dovranno condividere il più possibile.

Sabiena Stefanaj

 

Immigrazione: attesa per la riunione Onu del 18 maggio

Per l’Ue sarà decisivo il parere del Consiglio di Sicurezza sulle misure militari da adottare per arginare il fenomeno migratorio. Prodi bolla questa possibilità come “inappropriata e dannosa”. Intanto, si continuano a contare i morti nel Canale di Sicilia.

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I 1500 migranti morti dall’inizio del 2015 e i continui sbarchi sulle coste italiane e maltesi delle ultime ore hanno portato le Nazioni Unite a convocare un Consiglio di Sicurezza straordinario previsto per lunedì 18 maggio. Dopo il Consiglio Europeo del 23 aprile, in cui sono stati triplicati i fondi per “Triton”, l’Unione Europea attende questa riunione per mettere sul tavolo nuove misure militari per combattere alla radice questa ondata migratoria direttamente collegata al caos politico, istituzionale e sociale della Libia. Il vertice sarà aperto da Federica Mogherini, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Ue.

A confermare la necessità di una incombente discussione a livello internazionale sulla questione migratoria, ci sono i fatti. Nelle ultime 24 ore, Malta e Messina hanno accolto 98 e 300 migranti a testa dopo essere stati soccorsi dalle marine militari. Non solo. La Procura di Catania sta indagando sulla presunta strage, raccontata dai sopravvissuti e denunciata da Save The Children, di circa 40 persone annegate a largo delle coste siciliane nella notte tra il 4 e il 5 maggio, poco tempo prima che le autorità italiane prestassero i soccorsi.

A rigettare, però, la soluzione militare nei confronti della Libia per arginare il flusso migratorio previsto per i prossimi mesi, è l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Europea Romano Prodi: “L’azione bellica – ha affermato nel corso dell’audizione presso la Commissione Esteri del Senato nella giornata di martedì – è inappropriata e dannosa, oltre che irrealistica. Adesso, la vera priorità è ripristinare la statualità in Libia”.

Intanto, l’Italia si sta muovendo in primis per cercare di arginare la situazione. Nell’incontro tra Antonello Cracolici, Presidente della Commissione Affari Istituzionali, ed Ezzedine al Awani, Ambasciatore libico in rappresentanza del governo di Tobruk, è stata prospettata una collaborazione tra il Paese nordafricano e la Sicilia in materia di sviluppo economico, immigrazione e protezione delle marinerie.

Giacomo Pratali

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Migranti: vertice Renzi-Ban Ki Moon

Difesa/EUROPA/POLITICA di

Il premier italiano in pressing sul Segretario Generale Onu per un’operazione di polizia internazionale contro i barconi provenienti dalla Libia.

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“Fermare i trafficanti di esseri umani per evitare una catastrofe umanitaria è un’assoluta priorità su cui contiamo di avere il sostegno delle Nazioni Unite”. Si è espresso così il premier italiano Matteo Renzi nel vertice a tre con il segretario Onu Ban Ki Moon e l’alto rappresentante dell’Ue Federica Mogherini, insignita del mandato esplorativo per constatare se ci siano le condizioni o meno per un intervento militare contro i barconi. L’incontro, avvenuto a bordo della nave S. Giusto nel Canale di Sicilia, si è svolto dopo il Consiglio Europeo straordinario di giovedì 23 aprile.

La strage di migranti e i molti sbarchi previsti nei prossimi mesi (già 25mila persone sono arrivate in Italia dall’inizio del 2015) hanno reso questo incontro necessario. Soprattutto, dopo l’aumento dei fondi destinati all’operazione Triton, Renzi ha cercato di spingere, con il sostegno di partner come Francia, Gran Bretagna e Spagna, sulla questione dei respingimenti, in una sorta di “operazione di polizia internazionale” che vada a distruggere i barconi e catturi gli scafisti.

Sul luogo dell’incontro, scelto dal Primo Ministro italiano per fare “vedere fisicamente e plasticamente a Ban Ki Moon che cosa sta facendo l’Italia”, il Segretario Generale ha affermato che “la concentrazione di tutti sia su salvare le vite, inclusa l’area libica delle operazioni di ricerca e soccorso”, ma “la sfida” è “anche assicurare il diritto all’asilo del crescente numero di persone che in tutto il mondo scappano dalla guerra e cercano rifugio”.

Mentre sulla Libia, ha ribadito che”non ci sono alternative al dialogo. Il mio Rappresentante speciale, Bernardino Leon, e la sua squadra continuano a lavorare in maniera instancabile con le parti libiche coinvolte, per aiutarle ad arrivare insieme ad uno spirito di compromesso”, conclude Ban Ki Moon.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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