9 gennaio 2015 Parigi sotto assedio
Parigi sotto assedio si sveglia il 9 di gennaio con la il reparto dei Corpi Speciali Francesi che si trovano a Dammaritin, a circa 40 km dalla capitale, nella regione di Senna et Marne, circondando una stamperia in cui si sono rinchiusi i fratelli Kouachi, responsabili della strage di Charlie Hebdo.
Andandosi anche solo al prendere un caffè senti la gente che chiacchiera e qualcuno che inizia a dire “ per fortuna li hanno isolati, sembrava che se li fossero persi nel bosco stanotte ”. Camminando per la strada, il clima era ovattato la tensione nella gente era comunque palpabile.
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Un collega giornalista proveniente dal Marocco racconta di esser stato fermato tre volte dalla polizia quel giorno, la tensione è alta. Parigi aveva subito una brutta ferita, alla quale si era aggiunta la sparatoria a Montrouge in cui era stata uccisa una poliziotta. “E’ un fatto isolato” – diceva la stampa locale –“Tragiche conseguenze di un incidente stradale”, queste le informazioni della Prefettura e qui tutti ci volevamo credere per non pensare a due atti violenti in meno di ventiquattro ore. Parlando il giorno prima con un ragazzo francese che vive nel mio quartiere alle porte di Parigi, commentando l’ultima sparatoria ho detto: “Ma mi chiedo solo come sia possibile che qualcuno vada in giro indisturbato con un mitra in macchina”. Questo ragazzo mi ha risposto con aria rassegnata “Purtroppo c’è molta più gente di quella che noi immaginiamo che va in giro con le armi qui”; lui faceva certamente riferimento ai fatti di cronaca locale, perché per chi vive qui è noto che ci sono alcune zone, specialmente nelle periferie a nord est della capitale francese , che sono un po’ il ricettacolo di piccole bande di malviventi locali, zone che esistono più o meno in tutte le grandi città.
La mattinata del 9 trascorre più o meno in una normalità quasi surreale. I terroristi assediati e si comincia a vedere la fine di questo dramma con i terroristi che hanno dichiarato ad un giornalista della BFM-TV di “voler morire da martiri”. Tutti sapevamo che non si sarebbero arresi fino alle estreme conseguenze, ma la verità è che era stata talmente tanto grande l’efferatezza del loro gesto, che non importava a nessuno se fossero vivi o morti, bastava solo che sparissero dalla circolazione. In un modo o nell’altro.
Poi alle 13, seduta nel piccolo ristorante in cui stavamo pranzando con un gruppo di colleghi, sul televisore messo senza audio posizionato infondo alla stanza, leggiamo il sottopancia che scorre sotto le immagini “dell’assedio” ai fratelli Kouachi che dice “Un uomo armato ha fatto irruzione in un supermercato Kosher a Port de Vincennes, prendendo degli ostaggi”. “Non è un caso” abbiamo pensato tutti. Poi l’angoscia, Port de Vincennes si trova a circa due kilometri di distanza da dove ci trovavamo noi in quel momento. Immediatamente iniziano ad arrivare le agenzie che dicono che il sequestratore è l’assassino di Montrouge, che è legato ai fratelli Kouachi. Il quadro si fa inquietante. La tensione per la strada è al massimo, chiuso il tram 3a , chiusa la Periferìque – la “tangenziale” che circonda Parigi – volanti e blindati della Gendarmerie che sfrecciano ovunque a sirene spiegate e le ambulanze. All’interno del supermercato ci sono stati degli spari, ci potevano essere delle vittime e tra gli ostaggi c’erano anche bambini.
Le ore passano, le televisioni dividono le inquadrature tra l’assedio di Dammartine e Port de Vincennes, arriva la dichiarazione del sequestratore Coulibaly che dice esplicitamente “ Se la polizia farà il blitz a Dammartine , io ucciderò tutti gli ostaggi”. La conferma ufficiale della correlazione di tutti questi avvenimenti. Continua a passare il tempo, massima attenzione da parte di tutti, telefonate e messaggi di preoccupazione che arrivano continuamente dall’Italia, si è in attesa: in un’angosciante attesa che questo incubo finisca.
La sensazione generale era quella di essere in mezzo ad una guerriglia, ma non contro i musulmani come sta iniziando a pensare l’opinione pubblica italiana, si è in guerra contro il terrorismo. Noi qui a Parigi eravamo tutti insieme: cristiani, atei, musulmani, ebrei: tutti con la stessa sensazione di orrore. Alle 17 e 30 circa iniziano i blitz praticamente in contemporanea, le forze speciali sono agli ordini diretti del Presidente Hollande che sta guidando in prima persona le operazioni. La contemporaneità dei blitz era l’unica via possibile da un punto di vista strategico considerato che la presa di ostaggi a Port de Vincennes era la conseguenza del primo assedio. Le immagini vengono trasmesse in diretta mondiale. Tutti abbiamo visto la fine dei fratelli Kouachi e sentito gli spari che hanno ucciso Coulibaly . Era finalmente finita, ma non ci si riprendeva, la conta delle vittime era straziante e continuavano ad arrivare notizie sugli attentatori. I due fratelli erano stati addestrati in Siria ed avevano dichiarato di essere parte di Al Qaeda, il sequestratore ha detto “di far parte dello Stato Islamico”.
Nella notte la conferma: il ramo yemenita di Al Qaeda rivendica la strage di Charlie Hebdo. Tra le ultime notizie quella della telefonata che sarebbe stata fatta dal sequestratore alla famiglia, ormai certo che sarebbe stato ammazzato ed avrebbe detto “ continuate la mia opera”. Parigi è una città sotto shock, le persone hanno paura, nessuno pensa “che sia finita qui”. Bene o male, prima o poi, la vita ricomincerà a scorrere normalmente nonostante le nuove minacce che gia arrivano nella notte. Le misure di sicurezza sono strettissime, blindati ovunque, controlli delle borse nei centri commerciali. L’atmosfera è surrealmente ovattata. Il cielo grigio continua a rendere pesante l’aria di una Parigi, di una Francia e dell’Europa intera che hanno subito una profonda ferita al cuore.
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Da Parigi
Laura Laportella