EgyptAir: primi frammenti trovati, la ricerca della scatola nera, l’ipotesi dell’incidente
La coltre nuvolosa sul caso Egyptair pare ancora lontana dal diradarsi. La marina francese insieme a quella egiziana è impegnata in questa task force per ritrovare con “massima priorità corpi e la scatola nera” dell’airbus caduto nel Mediterraneo il 19 maggio durante la tratta Parigi-Il Cairo.
Per ora sarebbero stati ritrovati solo alcuni frammenti metallici della carlinga, uno zaino da bambino indumenti facenti parte dei bagli da stiva, qualche rivestimento dei sedili e un giubbotto salva gente. A distanza di tre giorni, ancora non ci sono ancora certezze su quanto accaduto quella notte.
I quotidiani francesi da Le Monde a Liberation riportano le espressioni caute di entrambi i governi coinvolti, dopo che anche il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi in un discorso tenuto in televisione proprio durante la mattinata di oggi 22 maggio, ha ripreso a considerare qualsiasi ipotesi aperta.
Sui media francesi si ascoltano molti esperti di aviazione che illustrano le più variegate ipotesi di guasto che possano essersi verificate in maniera così repentina. I segnalatori di fumo sarebbero stati attivati poco prima dello schianto per una dei fumi in gran quantità provenienti dalla toilette anteriore, chi ne sa qualcosa in più dice che potrebbe essere anche una depressurizzazione della cabina ad aver creato questo tipo di fenomeno. In generale l’opinione pubblica è piuttosto vaga nell’esprimersi sull’accaduto e la domanda principale è: possibile che con la tecnologia di cui disponiamo al giorno d’oggi non siamo ancora riusciti a sapere cosa sia successo?
La pista del terrorismo – intesa come atto mosso da organizzazioni come l’ISIS o Al Qaeda – è sempre meno presa in considerazione per il fatto che nel corso della giornata di sabato sono usciti dei comunicati ufficiali ( almeno da parte dello Stato Islamico) in cui non ci sarebbe nessun tipo di menzione rigurdante l’aereo EgyptAir. La questione in Francia sta iniziando a passare quasi “in secondo piano”, complice l’assenza di notizie determinanti e il fatto che la stampa d’oltralpe ben poco si presta a dare seguito a tesi “complottiste” non verificate.
da Parigi Laura Laportella