GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Category archive

POLITICA - page 4

L’espulsione della Russia dal Consiglio dei diritti umani

POLITICA di

La comunità internazionale, oltre ad aver adottato misure sanzionatorie economiche e commerciali, ha deciso di sospendere la Federazione russa dal Consiglio dei diritti umani, organo sussidiario. Già vi è stato un precedente dove questo organo sussidiario onusiano aveva sospeso la Libia Stato membro, in quanto si era reputato responsabile di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani. Adesso è toccata alla Russia che è un avvertimento forte e netto che tale organismo internazionale, parte dell’architettura delle Nazioni Unite, di condanna per la condotta illecita di atrocità commesse sul territorio ucraino.

Leggi Tutto

Un nuovo ordine internazionale

 

Russian President Vladimir Putin, right, and Chinese President Xi Jinping (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

Il 4 febbraio scorso, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Pechino, nella sede del China Aerospace Studies Institute, Cina e Russia hanno firmato una dichiarazione congiunta, denominata “Joint Statement of the Russian Federation and the People’s Republic of China on the International Relations Entering a New Era and the Global Sustainable Development”.

Il documento rappresenta un atto di profondo valore geopolitico, i cui elementi fondamentali sono stati recepiti in modo generico dall’opinione pubblica occidentale che ne ha superficialmente interpretato i contenuti riducendoli a un accordo, più o meno formale, tra Pechino e Mosca volto, principalmente, a esprimere il sostegno e il supporto reciproco tra i due Paesi in vista delle possibili azioni russe verso l’Ucraina.

Ma il fine del documento non è affatto questo! Se si scorre il testo ci si accorge subito che si tratta di un programma volto a porre le basi per l’affermazione di un nuovo ordine mondiale che soppianterebbe quello emerso al termine del Secondo Conflitto Mondiale e, soprattutto, quello che è stato sviluppato al termine della Guerra Fredda.

E l’intenzione programmatica non è affatto celata, ma, addirittura, apertamente esplicitata già nel titolo stesso, dove viene sottolineata l’inizio di un Nuova Era delle Relazioni Internazionali.

Il punto cardinale dell’intero documento è centrato sulla convinzione che la leadership mondiale dell’Occidente sia al tramonto e che quindi il sistema delle relazioni internazionali debba essere gestito impostando una nuova serie di regole.

Il contenuto del documento, lungo e articolato nel suo svolgimento, sottolinea la volontà dei due firmatari di partecipare in modo attivo e responsabile alla risoluzione delle molteplici problematiche di interesse globale (sviluppo economico, clima, sicurezza nucleare, cyber domain, controllo dello spazio), sottolineando l’importanza degli organismi internazionali (ONU in primis) e l’adesione ai valori universalmente riconosciuti (democrazia e diritti umani).

Da un punto di vista formale il documento è un capolavoro di diplomazia, in quanto esplicita le stesse idee e gli stessi propositi formali che contraddistinguono il concetto di relazioni internazionali dell’Occidente (convivenza pacifica, reciproco rispetto, collaborazione internazionale); li propone in termini assolutamente condivisibili e, soprattutto, tocca e ribadisce l’assoluto rispetto e la convinta adesione agli stessi ideali – la democrazia e i diritti umani – che hanno rappresentato i criteri fondamentali del sistema di valori sviluppato nel secondo dopoguerra.

Anzi, nel sostenere la loro tesi Russia e Cina si identificano come i veri rappresentati della democrazia e dei diritti umani.

In generale, quindi, il documento espone dei concetti pienamente condivisibili e assolutamente non nuovi, ribadendo la centralità delle Organizzazioni Internazionali quali elementi di sviluppo e di stabilità.

Se però si legge con attenzione il testo ci sono una serie di indizi che preludono all’atto finale di accusa rivolto contro gli Stati Uniti e contro tutto l’Occidente. Già nelle prime righe si afferma che la democrazia è un valore universale dell’umanità e non un privilegio di un limitato numero di Stati (Cap I “…the democracy is a universal human value, raher than a privilege of a limited number of State…”).

Immediatamente dopo viene esplicitato il concetto su cosa sia la democrazia definendola come il mezzo attraverso il quale i cittadini partecipano al bene comune e all’implementazione del concetto di governo popolare. La democrazia è quindi esercitata in tutte le sfere della vita pubblica e ha come scopo il soddisfacimento delle necessità del popolo, garantendone i diritti e salvaguardandone gli interessi. A questo concetto, condivisibile nella sua generalità, ne fa seguito un altro che, invece, rappresenta il vero paradigma ideologico che il documento sostiene.

Non esiste un tipo di formato la cui validità sia generale per indirizzare i Paesi verso la democrazia (Cap. I “There is no-size-fits-all template to guide countries in establishing democracy”) e dipende solamente dalla popolazione decidere se il proprio Paese è uno Stato democratico (Cap I “It is only up to the people of the country to decide wheter their State is a democratic one.”).

A questa serie di affermazioni fa da corollario il concetto che il tentativo di certi Stati di imporre il loro standard di democrazia, monopolizzando, a loro favore, un concetto universale e stabilendo alleanze esclusive finalizzate al conseguimento di una egemonia ideologica, costituisca una minaccia totale e pericolosa per la stabilità dell’ordine mondiale stesso (Cap. I “Certain States’ attempts to impose their own democratic standards…….undermine the stability of the world order.”).

L’atto introduttivo completa il presupposto ideologico con l’affermazione che il sostegno della democrazia e dei diritti umani non devono essere usati come strumento di pressione nei rapporti internazionali.

A tale proposito Russia e Cina si oppongono all’abuso dei valori democratici e al sostegno della democrazia e dei diritti umani come pretesto per l’ingerenza negli affari interni di uno Stato, chiedendo invece, il rispetto delle differenze culturali e delle differenze degli Stati, concludendo che è interesse dei firmatari promuovere una reale democrazia (Cap. I “They oppose the abuse of democratic values ……interference in internal affairs of sovereign states…..to promote genuine democracy.”).

Fatta questa premessa di carattere ideologico è nel terzo punto del documento che Cina e Russia sviluppano il loro concetto di ordine caratterizzato dai seguenti principi:

  • dichiarazione di mutuo supporto per la protezione dei loro interessi fondamentali, integrità della loro sovranità e opposizione a ogni forma di interferenza nei loro affari interni;
  • completo supporto di Mosca al principio di una sola Cina e opposizione a ogni forma di indipendenza di Taiwan;
  • contrasto di ogni tentativo da parte di Stati esterni di alterare la stabilità delle regioni di interesse e di interferire negli affari interni delle nazioni sovrane e opposizione a ogni forma di rivoluzione di qualsiasi colore.

Il testo prosegue con l’affermazione che certi Stati, certe alleanze politico militari e certe coalizioni sono ritenute responsabili di ricercare vantaggi a detrimento della sicurezza generale, stimolando rivalità e instabilità a detrimento dell’ordine pacifico. Vengono citate sia la NATO sia la AKUS quali elementi di instabilità regionale. i cui fini sono in netto contrasto, invece, con le organizzazioni promosse dalla Cina e dalla Russia.

L’affondo conclusivo evidenzia la visione degli interessi specifici di Pechino e di Mosca in merito agli scacchieri geopolitici di riferimento:

  • condanna della politica degli Stati Uniti nello scacchiere indo-pacifico, in quanto ritenuta responsabile di produrre effetti negativi sulla pace e sulla stabilità della regione;
  • supporto e condivisione da parte della Cina alle proposte avanzate dalla Russia, per dare vita ad accordi legalmente astringenti che consentano di creare delle condizioni di sicurezza durevoli in Europa.

Il documento, quindi, presenta una nuova interpretazione dei valori su cui l’Occidente basa la sua concezione filosofico-morale: la democrazia e i diritti umani non rappresentano più due concetti oggettivi ma devono essere intesi soggettivamente, a seconda delle situazioni, delle popolazioni che li devono applicare e degli Stati che ne devono salvaguardare l’applicazione. In sintesi, i valori non sono assoluti ma variano a seconda della percezione dei singoli Stati!

Con questo documento la Cina, soprattutto, ha deciso di proporsi, formalmente, come l’alternativa a un Occidente ormai ritenuto in declino, sostituendosi agli Stati Uniti come campione di valori e modelli universali. Per questo motivo ha cooptato la Russia, offrendo i termini di un accordo politico di mutuo sostegno e di cooperazione ad ampio spettro, facendo leva sulla ambizione di Mosca di riprendere il ruolo di grande potenza del quale si ritiene, ingiustamente, spodestata dall’Occidente.

Le implicazioni che derivano da questo documento sono praticamente dirompenti e volte a stravolgere il complesso delle relazioni internazionali così come concepito.

Il documento, infatti, sostiene la creazione di un sistema dove alla popolazione viene riconosciuto primariamente il diritto a poter beneficiare di un livello di sviluppo economico e sociale, ma dove libertà e interessi individuali si sfumano sino a scomparire quando sono considerati un ostacolo per la solidità e la sicurezza del sistema di governo. E perché questo modello funzioni non c’è spazio per la visione di democrazia che l’Occidente si ostina a voler imporre.

Se un tale sistema può, difficilmente, suscitare un proselitismo in Occidente, dove democrazia e rispetto dei diritti umani sono valori radicati e pienamente condivisi, vi sono tuttavia alcune tipologie di regimi che possono aderire e supportare una tale impostazione dell’ordine mondiale.

Il primo e, forse, più importante scacchiere a cui è indirizzata una tale interpretazione di un nuovo corso delle relazioni internazionali è senz’altro l’area mediorientale e nordafricana (MENA), dove la Cina è attiva da parecchio tempo. I contenuti del documento, infatti, possono costituire un’alternativa ideologica valida per gli Stati dell’area che indipendentemente dalla loro forma di governo (repubbliche nazionaliste, monarchie e regimi religiosi) potrebbero sicuramente trovare nella formula proposta del conseguimento di un benessere sociale e di uno sviluppo economico elevato, conseguenza di uno Stato autoritario, la risposta ideale alla pretesa occidentale di imporre valori che, considerati in senso assoluto universali, non tengono conto della necessità di un’applicazione soggettiva e in linea con il mantenimento primario di una formula autoritaria di Governo.

A questo punto, non è solo un sistema di valori che viene messo in discussione dal documento, ma l’intero impianto geopolitico che è stato creato dalle due guerre mondiali.

L’Occidente ha il dovere di rispondere e di sostenere i valori universali che sono i pilastri della nostra civiltà accettando la sfida e sostenendo la sua posizione, iniziando proprio da quello scacchiere del quale l’Europa è parte integrante: il Mediterraneo, l’Africa del Nord e il Medioriente.

 

Ma l’ONU, così, serve ancora?

Il conflitto che sta sconvolgendo l’Ucraina ha messo in evidenza un vuoto pauroso nel panorama delle istituzioni internazionali che a vario titolo sono coinvolte nella risoluzione della crisi. Questo vuoto è dato dall’assenza di quella che dovrebbe essere l’istituzione primaria per il mantenimento della pace, cioè dell’ONU!

Questo organismo internazionale creato per “prevenire la guerra, per condannare la guerra, per fermare la guerra!” come ribadito dell’ambasciatrice USA presso le Nazioni Unite, Linda Thomas Green-Field, allo stato attuale dei fatti ha fallito ancora il suo compito dimostrando di essere incapace di assolvere la missione per la quale sono state decise la sua costituzione e il suo sviluppo.

Pur non essendo una novità, in quanto la storia dell’Organizzazione è segnata da clamorosi insuccessi, anche in questa occasione la vacuità delle azioni operate ha evidenziato la reale impotenza dell’ONU a ricoprire con successo il ruolo per il quale è nato e dovrebbe operare.

L’ONU ha, infatti, dimostrato ancora una volta che da solo non è in grado di imporre nulla ed è completamente inerme nei confronti di una crisi come quella che attualmente scuote il nostro continente, soprattutto quando uno dei protagonisti principali risulta essere uno dei cinque Paesi che nel Consiglio di Sicurezza hanno il diritto di veto.

La scorsa settimana – dopo quasi 20 giorni dall’inizio del conflitto – l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato in favore di una risoluzione che chiedesse l’immediata fine delle operazioni in Ucraina.

L’esito della votazione, che ha ottenuto 141 voti a favore, 4 voti contrari e 35 astensioni, ha rappresentato una dimostrazione di supporto all’Ucraina condivisa ed estesa – ma non generale come ci si sarebbe potuto aspettare -, che si è tradotta in una dichiarazione di intenti non cogente e assolutamente simbolica. In sintesi, assolutamente inutile per il paese attaccato e moralmente ambigua per il ruolo che l’ONU dovrebbe interpretare

Il valore formale della votazione dell’Assemblea Generale risulta ulteriormente sminuito se si considera che solo alcuni giorni prima il Consiglio di Sicurezza, organo molto più importante e rilevante a livello diplomatico, aveva veicolato un differente e ben più pesante messaggio.

Infatti, in tale sede il Segretario Generale non aveva potuto emanare una risoluzione che imponesse l’immediata cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe russe, in quanto, benché sostenuta da 11 voti favorevoli, la mozione era stata bloccata dal “no” del rappresentante russo, che, come membro permanente del Consiglio, aveva esercitato il suo diritto di veto secondo quanto previsto dalla procedura dell’Organizzazione.

Considerazioni di opportunità politica hanno impedito ai Paesi membri di sfidare il veto e, quindi, hanno consentito la limitazione delle prerogative del Segretario Generale.

L’utilizzazione di questo diritto da parte di uno dei cinque membri permanenti al fine di supportare gli interessi specifici delle proprie politiche estere è una delle caratteristiche che hanno da sempre contraddistinto l’attività dell’Organizzazione; tuttavia, è opportuno notare come questa procedura negativa si sia intensificata negli ultimi anni, rendendo poco o nulla incisive le attività dell’ONU nell’ambito della gestione delle varie crisi internazionali, non ultima l’annessione della Crimea nel 2014.

L’irrilevanza nell’ambito del palcoscenico delle relazioni internazionali che contraddistingue da diversi anni l’Organizzazione è conseguenza di questa peculiarità organizzativa che, creando le premesse per un’impasse decisionale nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, ne vanifica la funzione.

Le proposte per la soluzione di questa criticità sono state diverse, da un allargamento dei membri con diritto di veto a una differente ripartizione dei posti nel Consiglio di Sicurezza, sino all’abolizione del concetto stesso di veto, ma tutte sono naufragate nell’impossibilità di trovare un accorso che potesse essere accettato da tutti i Paesi, in quanto la percezione comune è stata quella di evitare una qualsiasi compromissione della possibilità di tutelare gli interessi nazionali ritenuti indispensabili.

Ma questa non è stata la sola causa della perdita di credibilità che sta condizionando l’ONU, svuotando di significato le sue istituzioni e privando di efficacia le sue azioni.

Purtroppo, non è solo l’Assemblea Generale che attraversa un momento di crisi, ma anche le molteplici Agenzie Specializzate, che sono state costituite come parte operativa dell’Organizzazione (tra cui l’UNESCO, la FAO, il WFP, il WHO, l’IMF), hanno dimostrato una flessione notevole nella percezione generale sia della loro utilità sia delle loro capacità intrinseche di esprimere valori fondamentali riconosciuti e universalmente condivisi.

La perdita di consenso globale e la diminuzione dell’efficacia organizzativa sono state determinate da differenti fattori di carattere tecnico specifico come la crescente complessità delle problematiche mondiali, l’evoluzione delle situazioni geopolitiche di riferimento nelle quali le Agenzie dovrebbero svolgere la loro opera, l’estensione temporale delle attività connesse alla risoluzione di problematiche specifiche, la crescita esponenziale dei fondi necessari alla realizzazione dei progetti. Tutte queste condizioni, avendo come risultato il mancato conseguimento degli obiettivi fondamentali stabiliti dalle Agenzie, determinando la scarsa incisività nella risoluzione delle problematiche, evidenziando l’impiego di fondi e risorse secondo criteri di dubbia efficacia, hanno avuto come conseguenza il declino dell’efficienza dell’Organizzazione in generale e la perdita di fiducia che globalmente i Paesi riponevano nell’ONU.

A questo declino non è estraneo, inoltre, un fenomeno che ha percorso trasversalmente l’Organizzazione stessa, che è quello della percezione dell’incapacità nel fornire soluzioni di successo alle varie problematiche, dell’inadeguatezza di gran parte del personale a ricoprire ruoli e funzioni e della corruzione che spesso ha caratterizzato le attività messe in atto nelle operazioni internazionali, nell’assunzione del personale e nella scelta dei dirigenti.

A questo punto si impone la necessità di operare una riflessione profonda sulla opportunità di rivitalizzare un’organizzazione, la cui importanza originale rimane immutata e oltremodo critica in un mondo che attraversa un’evoluzione caratterizzata da conflitti e da attriti internazionali sempre più frequenti e pericolosi, ma che è cresciuta in maniera esagerata, con ramificazioni che si estendono ai campi più disparati e che ha visto la sua credibilità offuscata dalla applicazione di criteri organizzativi e gestionali stabiliti in una condizione geopolitica che ormai non esiste più.

Il fatto che nell’ambito dell’Assemblea Generale, durante la votazione per la risoluzione sulla crisi in Ucraina, come detto in apertura, ben 35 Paesi si siano astenuti (circa un quarto degli Stati Membri!) dovrebbe stimolare una revisione critica che dia una risposta alle seguenti domande.

Il ruolo dell’ONU di organizzazione mondiale che ha come scopo il mantenimento della pace e il prevalere del diritto nei rapporti internazionali è ancora un valore fondamentale condiviso e perseguito dalla Comunità Internazionale?

Il concetto di universalità dei principi che hanno ispirato l’ONU e che ne guidano le sue azioni deve essere ancora il presupposto fondamentale dell’Organizzazione?

Se la risposata a queste domande, come fermamente credo debba essere, è sì, allora la Comunità Internazionale deve procedere a una rifondazione dell’ONU, provvedendo a individuare e stabilire nuovi criteri e nuove modalità operative al fine di consentire che le funzioni di garante della pace e custode del diritto internazionale che, a suo tempo, sono state individuate come i pilastri costitutivi di questa organizzazione, possano ritornare a essere assolte con successo nell’ambito di un rinnovato consenso globale di tutti gli Stati Membri.

 

 

 

Costituito il Comitato “Giuristi Siciliani per il SI ai Referendum sulla Giustizia”

POLITICA di

Si è costituito il Comitato “Giuristi siciliani per il SI ai Referendum sulla Giustizia”, proseguendo l’impegno profuso nei due ultimi referendum costituzionali.

Il Comitato è formato dal Prof. avv. Gaetano Armao e dall’avv. Francesco Greco Vicepresidente del CNF, per la provincia di Palermo, dall’On. avv. Giorgio Assenza per Ragusa, dall’avv. Antonio Campione per Caltanissetta, dall’avv. Antonio Gaziano per Agrigento, dall’On. avv. Bernadette Grasso per Messina, dall’avv. Eliana Maccarrone per Enna, dall’On. Avv. Stefano Pellegrino per Trapani, dall’avv. Paolo Reale per Siracusa, dall’avv. Enrico Trantino per Catania.

I giuristi che aderiscono al Comitato, che si strutturerà su base provinciale, svolgeranno un’ampia attività di informazione diffusa per i cittadini durante la campagna referendaria in stretta collaborazione con i promotori dei referendum. 

I coordinatori regionali del Comitato, Gaetano Armao e Paolo Reale, esprimono soddisfazione per la decisione della Corte Costituzionale di ammettere i referendum sulla giustizia. Tale scelta assume un’importanza straordinaria nel percorso verso una profonda e radicale riforma della giustizia che garantisca i diritti dei cittadini e assicuri equilibrio, assenza di correntismo e reale indipendenza.

Il Referendum, oltre che essere lo strumento democratico che consente di rimettere la decisione al popolo, è diventato oggi anche l’unica strada per riformare un sistema bloccato a fronte dell’inerzia del parlamento su questi temi.

I giuristi del Comitato terranno la settimana prossima una conferenza stampa  per illustrare il manifesto d’impegno e le iniziative che saranno assunte.

Armao: Tajani riferimento sicuro per l’Italia e per la sua strategia internazionale

Europe/POLITICA/RUBRICHE di

“La rielezione del Presidente Antonio Tajani alla guida della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo costituisce il riconoscimento del suo prestigio ed impegno nella politica europea nella fase in cui si definisce il futuro dell’Unione, ma anche del riacquisito rilievo dell’Italia nell’UE.
L’On. Antonio Tajani per il consolidato prestigio europeo, e l’elezione per acclamazione ne è la conferma, rappresenta un riferimento sicuro per il Paese e per la sua strategia internazionale”.
Così il Vicepresidente della Regione Siciliana e coordinatore della Commissione affri europei della Conferenza delle Regioni, prof. Gaetano Armao

IL GENNAIO NERO DELL’AZERBIAGIAN: LA TRAGEDIA CHE SEGNO’ UN PUNTO DI SVOLTA

POLITICA/STORIA di

Sono passati 32 anni dal “Gennaio Nero dell’Azerbaigian”. In occasione di quella che è una giornata di lutto nazionale per il paese, è stata organizzata dalla Biblioteca Archivio del CCSEO Orientale, in collaborazione con il Centro Studi sull’Azerbaigian, una conferenza che, tramite l’intervento di studiosi ed esperti, ha analizzato gli eventi e le conseguenze di questo tragico evento, avvenuto nella notte fra il 19 e il 20 gennaio 1990, quando le truppe dell’URSS invasero Baku e altre città dell’Azerbaigian provocando centinaia di vittime e feriti.

20 Gennaio 2022 – Il 20 gennaio in Azerbaigian è giornata di lutto nazionale. Si ricordano infatti gli eventi accaduti nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1990, quando, per ordine della leadership dell’URSS, 26.000 soldati sovietici invasero Baku, Sumgait e altre città dell’Azerbaigian. Come risultato di questo intervento militare, 147 civili vennero uccisi e 744 gravemente feriti. Leggi Tutto

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON E’ UN PILOTA MA UN MECCANICO

POLITICA di

Tra “toto nomi”, piani machiavellici e divisioni si è persa di vista la vera sostanza di ciò che il Presidente della Repubblica dovrebbe rappresentare. Un organo di garanzia costituzionale a rappresentanza della nazione che dovrebbe unire invece di dividere.

 

Stando a quanto insegna e stabilisce la Costituzione italiana il Presidente della Repubblica è un organo di potere neutro, cioè un potere che non entra nel gioco politico, che è posto al di sopra delle parti e non svolge alcun ruolo che riguardi la determinazione o l’attuazione dell’indirizzo politico.

Il Presidente della Repubblica, nel quadro di quanto disciplinato dalla Costituzione, vigila sul funzionamento del meccanismo costituzionale ed interviene nel momento in cui le regole che lo disciplinano non vengono rispettate, al fine di assicurare il rispetto di tutte quelle norme che sono state scritte dai nostri padri costituenti.

Dunque, volendo riprendere una metafora del celebre costituzionalista, Michele Ainis, “il Presidente della Repubblica non è un pilota ma un meccanico”. Ed è proprio in virtu’ di queste sua funzione di “meccanico” che il Presidente è il rappresentante dell’unità nazione e, come dice l’art 87 della costituzione, il Capo dello Stato. Egli è un Patriota, ma non nel senso risorgimentale del termine che vede il patriota come una persona che dimostra il suo amore verso la patria lottando e combattendo per essa, ma è un patriota nel senso democratico e istituzionale del termine, che dimostra il suo amore verso la patria accudendola e curandola, quando ne ha bisogno.

Un anno fa Mario Draghi veniva eletto Presidente del Consiglio nel momento più tragico della storia repubblicana. A proporre la sua candidatura a premier fu proprio Sergio Mattarella, che in virtù della sua carica istituzionale, lo ritenne la cura e l’uomo giusto per mettere insieme tutte le forze politiche in nome di un’unità nazionale, che in quel momento di crisi era necessaria.

Dunque, in ragione di quanto accaduto un anno fa e di un corretto funzionamento del sistema, risultano irresponsabili e incoerenti i “toto nomi”, i piani machiavellici e gli innumerevoli accordi sottobanco e soprattutto le divisioni tra le forze partitiche parlamentari che stanno caratterizzando la vigilia della prossima elezione per il Quirinale.

La pandemia non è ancora finita, l’Italia continua a piangere la morte di centinaia di persone al giorno.

Tutto questo riflette e dimostra la poca consistenza e la mancanza di visione della nostra classe dirigente che, nel momento più drammatico della sua storia, è incapace di guardare al futuro e continua ad agire seguendo logiche particolari e a vedere l’elezione della carica più alta dello stato come una sfida piuttosto che un’opportunità.

Se le nostre forze politiche vogliono risollevare veramente questo paese e costruire un futuro per i giovani, come fecero i Togliatti e i De Gasperi del secondo dopo guerra, devono ripartire proprio dalla costituzione e dalla prossima elezione per il Quirinale, che dovrebbe essere vista e interpretata come un’occasione per unire il Parlamento piuttosto che dividerlo. Sono stati proprio i nostri padri costituenti a volere, per il bene del nostro sistema democratico, che la forza politica di cui il Presidente della Repubblica è dotato fosse sempre esercitata in maniera tale da non trasformarlo in uomo di parte. Il Presidente della Repubblica, infatti, deve essere sempre e solo dalla parte della Costituzione e dell’unità nazionale, ed è proprio per questo che le divisioni che stanno caratterizzando la vigilia della sua prossima votazione appaiono, senza dubbio, fuori luogo, specie in un momento di crisi come questo.

 

Dimitri Caporilli

Giorgetti: riforma strumento degli Accordi per l’Innovazione

POLITICA di

Roma, 18 gennaio 2022. Procedure semplificate per la concessione di contributi e finanziamenti agevolati per realizzare progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di rilevanza strategica per la competitività tecnologica di imprese e centri di ricerca presenti sul territorio nazionale, anche al fine di favorire l’innovazione di specifici settori, salvaguardare l’occupazione e rafforzare la presenza di prodotti italiani in mercati caratterizzati da una forte competizione internazionale. E’ quanto prevede il decreto firmato dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che riforma lo strumento degli Accordi per l’innovazione, per cui è prevista dal Fondo complementare al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza una dotazione finanziaria di 1 miliardo di euro. Leggi Tutto

Accordo Funzione Pubblica-Confassociazioni: i CV di 750000 professionisti subito sul portale InPA

POLITICA di

Firmato il protocollo d’intesa con il Ministro Renato Brunetta per il Portale del Reclutamento inPA, l’innovativo punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro previsto dal PNRR. All’incontro, che si è svolto a Palazzo Vidoni  insieme al Ministro Renato Brunetta e al Presidente di Confassociazioni Angelo Deiana, hanno partecipato la Vice Presidente Nazionale con delega alle Pari Opportunità Federica De Pasquale e il Direttore Generale Adriana Apicella.

“Da questo momento i nostri professionisti – ha continuato il Presidente Deiana – potranno aderire al portale e partecipare uniti a questa sfida stimolante e innovativa per il nostro Paese. Fare rete mettendo a sistema le risorse professionali, rappresenta quel salto di qualità che serve all’Italia per confrontarsi in maniera competitiva nelle sfide nazionali e internazionali che ci pone il mondo pandemico e post pandemico”.

“Grazie all’asse con Confassociazioni – ha sottolineato il ministro Renato Brunetta – la rete di inPA acquisisce altri professionisti con competenze diversificate, che si aggiungono ai 5,6 milioni di profili già censiti. Contiamo di arrivare entro l’anno a 7-8 milioni di profili. La sinergia con il mondo delle professioni, ordinistiche e non ordinistiche, è assolutamente feconda per la nostra Pubblica amministrazione e per il rilancio dell’Italia. Chiediamo a tutti di mettere esperienze e conoscenze al servizio del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Redazione
0 £0.00
Vai a Inizio
×