GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Giacomo Pratali - page 6

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Libia: nuovo governo o Califfato?

Medio oriente – Africa di

Sarebbero almeno 50 le vittime dell’attentato, messo a segno attraverso camion kamikaze, avvenuto la mattina del 7 gennaio nei pressi del campo d’addestramento della polizia di Tripoli a Zlitan. Anche se non c’è stata ancora nessuna rivendicazione, l’attacco sarebbe stato portato a termine da parte dei miliziani del Daesh.

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Un inizio d’anno nel segno della violenza, dunque, in Libia. Questa fase di stallo, di formazione del nuovo governo nazionale, sta giocando a favore dello Stato Islamico. E, in questo senso, appare flebile la condanna del delegato ONU Martin Kobler sui fatti di Zlitan,

Infatti, non solo l’Ovest, ma soprattutto l’Est del Paese è sotto attacco. Su tutti, il raid firmato dai militanti dello Stato Islamico nei pressi del porto petrolifero di Sidra, dove martedì 5 gennaio altri kamikaze hanno tentato di aprirsi un varco per conquistare lo strategico terminal. Adesso, gli uomini del Califfato si trovano a soli 50 chilometri da quest’area strategica. Mentre, come riportato dalle Nazioni Unite, l’ISIS controlla circa 300 chilometri di costa libica con 2000/3000 uomini.

L’obiettivo, sulla falsariga di quanto già accaduto in Iraq e Siria, è chiaro. Appropriarsi delle aree energetiche strategicamente più importanti e conquistare sempre più terreno in vista dell’annunciata missione internazionale conseguente all’accordo tra le fazioni libiche.

Su questo fronte, come rivelato dal quotidiano britannico Mirror, la missione ONU, a guida italiana, dovrebbe contare su 6000 unità. Corpi speciali di Stati Uniti e Regno Unito sono già presenti snel nord della Libia, così come quelli francesi arrivati nel Fezzan. L’ok alla missione, tuttavia, passerà dalla formazione del nuovo governo di Tripoli. Nel frattempo, il Daesh sta sempre più allargando la sua area di influenza oltre la roccaforte Sirte.
Giacomo Pratali

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Nigeria, Chibok girls: trattative con Boko Haram?

BreakingNews di

Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha annunciato ai media di voler negoziare con Boko Haram il rilascio delle 200 studentesse rapite (“Chibok girls”) nel 2014: “Se può essere stabilito un leader credibile e ci dicono dove si trovano le ragazze, siamo pronti a negoziare con loro senza precondizioni”, ha riferito alla stampa.

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Nel frattempo, il 2015 si è concluso con altre 80 vittime di attacchi terroristici avvenuti nello Stato di Borno, soprattutto nella capitale Maiduguri. Lo scorso 28 dicembre, l’organizzazione affiliata al Califfato ha attaccato moschee, mercati e stazioni servendosi di ragazze kamikaze. Sono solo gli ultimi episodi di un dicembre segnato da un cruento ritorno alla violenza, nonostante le vittorie ottenute dagli eserciti nigeriano e camerunense contro le milizie jihadiste.

Allargando l’orizzonte, le statistiche riguardo Boko Haram sono chiare. Soprattutto in merito alla sua drammatica efficacia d’azione. Dal 2014, almeno 5600 civili sono stati uccisi, mentre oltre 2000 donne e bambine sono state ridotte in schiavitù o addestrate. Infine, come riportato dall’UNICEF, oltre un milione di bambini, tra Nigeria, Camerun, Ciad e Niger, ha abbandonato la scuola.
Giacomo Pratali

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Nigeria, Chibok girls: talks with Boko Haram?

BreakingNews @en di

Nigerian President Muhammadu Buhari informed media he wants to negotiate with Boko Haram to Chibok girls’ release, after their kindapping in 2014: “If there is a plausible leader who tell us where are the girls, we’ll be ready to negotiate with them without preconditions, ” he told press.

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Meanwhile, the 2015 finished with other 80 killed. Last December 28, Boko Haram attacked on mosques, markets and bus stations through several young female suicide bomber. Terrorist attacks especially happened in Borno State and followed many others occured during December.

Statistics about Boko Haram are clear. Since 2014, at least 5600 civilians were killed, while over 2000 women and girls were kidnapped: they were reduced to slavery or enlisted. And, as reported by UNICEF, over 1 million children abandoned school among Nigeria, Camerun, Chad and Niger.
Giacomo Pratali

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Libya: UN endorsed Libyan deal

BreakingNews @en/Defence di

The UN Security Council endorsed UN agreement between Libyan factions on December 23.

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Written by UK, the unanimously resolution encouraged new Presidency Council to form national unity government within 30 days. Libyan stabilization is necessary to think about a military operation against Daesh, which will require a new resolution. This vote, which did not end arms embargo, urged all countries to help Libya to defeat Islamic State. UN envoy Martin Kobler is now working to allow new government to safely stay in Tripoli.

So, military intervention is expected from 2016. Italy, which wants to lead international mission, and UK will discuss to define targets and dispositions. Libya’s U.N. ambassador Ibrahim Dabbashi said Libya will hold off requesting Western countries, especially US and UK, to bombing Islamic State strongholds. While now, the priority was strengthening Libyan security capabilities with Western training and lifting the U.N. arms embargo.
Giacomo Pratali

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Libya: waiting for UN approval

Miscellaneous di

As announced following the International Conference in Rome, the Libyan factions, all of Tripoli and Tobruk, signed deal for unitt government in Skhirat (Morocco).The Presidential Council, composed of president Sarraj Fayez, three vicepresidents on behalf of Tripolitania, Cyrenaica and Fezzan and other five representatives, have to form new government within 40 days. Moreover, the UN Security Council will vote terms of military operation in the next days, to make safe Tripoli and train local forces. This international coalition will be led by Italy, while Great Britain will send 1000 troops.

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December 17 the 90 representatives of the Assembly of Tobruk and 27 of the GNC Tripoli signed the agreement. The new Presidential Council, in addition to choose new government, will have to convince the presidents of two parliaments to accept the deal. Among the problems which should be solved, there is also the military intervention because several factions prefer the training of Libyan army, rather than a foreign operation.

The most important perspective is about the presence of a unique executive to allow, after Syria, to open another front to fight the Islamic State in Libya, where Sirte became the Caliphate stronghold.

Some US troops are already present, as reported by many international media. As well as France and Great Britain, which reached Libya through southern borders.

And Italy? As leaked out by Italian Defence, the non-intervention in Syria, the contribution to the NATO mission in Iraq (450 soldiers will defende the strategic Mosul Dam), clearly show Italian line: optimize the best efforts, humanly and logistically, to the nearest, and therefore more crucial, Libya.
Giacomo Pratali

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Libia: in attesa del via libera dell’ONU

Medio oriente – Africa/Varie di

Come annunciato a seguito della Conferenza Internazionale di Roma, le diverse fazioni libiche, Tripoli e Tobruk su tutti, hanno raggiunto a Skhirat (Marocco) l’accordo per il governo di unità nazionale. Il Consiglio di Presidenza, presieduto da Sarraj Fayez, dai tre vicepremier in rappresentanza di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, più altri rappresentanti hanno il compito, entro 40 giorni, di trovare i ministri e formare il nuovo governo. C’è attesa, intanto, per la risoluzione ONU, che dovrà definire i termini dell’intervento militare per mettere in sicurezza Tripoli e addestrare le forze di sicurezza locali: l’Italia è pronta ad assumere il ruolo di guida della coalizione internazionale, mentre la Gran Bretagna invierà circa mille uomini.

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Nella giornata di giovedì 17 dicembre, con un giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia, i 90 rappresentanti dell’Assemblea di Tobruk e i 27 del GNC di Tripoli hanno firmato l’accordo, frutto di un’estenuante trattativa durata un anno. Il Consiglio di Presidenza neoeletto, oltre a scegliere i rappresentanti del nuovo esecutivo, dovrà convincere i presidenti dei rispettivi parlamenti ad accettare l’accordo. Tra i nodi da sciogliere, anche la modalità dell’intervento della coalizione internazionale: le diverse fazioni, infatti, caldeggiano l’addestramento delle forze di polizia libiche, piuttosto che un intervento militare straniero classico.

Se le reazioni positive da parte delle più cariche istituzionali globali si sprecano, sul campo iniziano già a vedersi i primi effetti dell’accordo sotto l’egida dell’ONU. La presenza di un esecutivo unico a Tripoli consentirà, dopo la Siria, di aprire in Libia l’altro fronte per la lotta allo Stato Islamico, radicalizzatosi a Sirte e presente in maniera forte in centri importanti come Bengasi.

Un piccolo nucleo di truppe statunitensi è già presente in loco, come riportato da molti media internazionali. Così come Francia e Gran Bretagna sarebbero già arrivati in Libia attraverso i confini meridionali.

E l’Italia? Come trapelato da ambienti vicino alla Difesa, il non interventismo in Siria, l’apporto alla missione NATO in Iraq di 450 soldati a difesa dei lavori presso la strategica diga di Mosul, mostrano chiaramente la linea di Roma: riservare il massimo sforzo, in termini umani e logistici, alla più vicina, e per questo più cruciale, Libia.

La missione militare internazionale in Libia, dunque, è già alle porte.
Giacomo Pratali

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La partita russa tra Ucraina e Turchia

Varie di

Il fronte ucraino torna ad essere caldo. Mercoledì 16 dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto (già annunciato in precedenza) che sospende l’accordo di libero scambio tra Kiev e la CSI. La sospensione arriva a seguito dell’accordo di libero scambio tra Ucraina e Unione Europea, in vigore dal 1° gennaio. Il capo del Cremlino ha motivato la decisione spiegando che tale patto lede gli interessi economici russi.

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Di fatto, come citato da molte fonti internazionali, la guerra nell’Est europeo non è ancora finita. In primis, per la conferma, arrivata da Putin nel corso della conferenza stampa di fine anno, della presenza di truppe russe all’interno del territorio ucraino. Poi, a causa del’ostacolo continuo da parte dei separatisti al lavoro dell’OSCE nel Donbass, dove il blocco degli aiuti umanitari, denunciato da Unicef e Medici Senza Frontiere, e la violazione del cessate il fuoco stanno mettendo in pericolo la sopravvivenza degli accordi di Minsk/2.

Un pericolo denunciato dallo stesso segretario generale NATO Jens Stoltenberg nel corso della conferenza stampa di giovedì 17 dicembre con il presidente ucraino Petro Poroshenko: “Ci sono stati progressi negli ultimi mesi. Tuttavia, recentemente, abbiamo registrato l’aumento delle violazione degli accordi di pace. Esiste un reale rischio di un ritorno alla violenza”.

La conferenza stampa congiunta si è tenuta il giorno dopo la firma del piano di cooperazione tra NATO e Ucraina, altro fattore che potrebbe rendere vani i progressi fatti a Minsk lo scorso febbraio e portare ad un ennesimo raffreddamento dei rapporti tra Occidente e Mosca. Il piano prevede la riconfigurazione del settore Difesa ucraino e il miglioramento del potenziale delle sue forze armate, e la partecipazione di Kiev ai progetti atlantici sulla “Difesa Intelligente”.

Con il continuare delle sanzioni europee ai danni della Russia fino a quando la situazione non andrà stabilizzandosi, come annunciato dal presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, e con la possibilità dell’ingresso della Turchia in Europa, il Sud-Est europeo si è fatto rovente in questo finale di autunno.

Sempre nel corso della conferenza stampa di fine anno, oltre a definire “atto ostile” l’abbattimento del caccia russo lo scorso 24 novembre, il capo del Cremlino ha parlato di una evidente volontà dei turchi “di mostrarsi compiacenti con gli americani”.

Pur essendo conciliante con gli Stati Uniti sul fronte siriano (“faremo il possibile per trovare il modo di superare questa crisi”) e appoggiando la linea italo-americana in Libia (appoggio del governo di unità nazionale e dell’intervento militare ONU), i rapporti tra Russia e Occidente destano ancora motivi di preoccupazione.

Soprattutto perché, oltre al tema dell’allargamento NATO e alla crisi di rapporti con Ankara, dobbiamo aggiungere la crisi economica russa “troppo dipendente – come dichiarato dallo stesso Putin – da fattori economici esterni, come il drastico calo del prezzo del petrolo” e, come denunciato nei mesi scorsi, dalle sanzioni inflitte da Stati Uniti e Unione Europea.
Giacomo Pratali

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Libya: new government and UN intervention

BreakingNews @en di

At the end of the International Conference on Libya in Rome, the US secretary of State John Kerry discloses the new government is to be formed within 40 days . While “the implementation of UNSCR 2213 and other relevant Resolutions to address threats to Libya’s peace, security, and stability” will be voted on December 17.

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“We affirm our full support for the Libyan people in maintaining the unity of Libya and its institutions that function for the benefit of the whole Country.  A Government of National Accord based in the capital Tripoli is urgently needed to provide Libya the means to maintain governance, promote stability and economic development.  We stand with all Libyans who have demanded the swift formation of a Government of National Accord based upon the Skhirat Agreement, including representatives of the majority members of the House of Representatives and General National Congress, Independents, Municipalities, political parties, and civil society who convened in Tunis on December 10-11. We welcome the announcement that the Libya political dialogue members will sign the political agreement in Skhirat on December 16. We encourage all political actors to sign this final agreement on December 16 and call on all Libyans to unite behind the Libya Political Agreement and the Government of National Accord.”

This is the most important passage in the joint communique publish after the International Conference on Libya, occured in Rome on 13 December and endorsed by Italian Ministry of Foreign Affairs. This public statement was signed by the EU, UN, LAS, AU and the 17 participating countries: Algeria, Saudi Arabia, China, Egypt, United Arab Emirates, France, Germany, Jordan, Italy, Morocco, Qatar, United Kingdom, Russia, Spain , United States, Tunisia, Turkey. The next step will be the signing in Morocco on December 16 and the UN Security Council Resolution on December 17, when permanent member will vote the humanitarian military intervention.

The rapid advance by Daesh, the rise of Sirte as Caliphate stronghold and the failed institutions imposed a global solution. Moreover, other enemy countries, which fight in Libya through local groups, were present: Saudi Arabia and Egypt, Qatar and Turkey. Just as the same representative of Libya factions, including GNC and Tobruk-based parliament leaders.

Rome, as Syria peace talks in Vienna, followed the same method. Europe, the US, Russia and China worked together to support stabilization in Libya, in order to stop Daesh.

“We cannot allow the status quo in Libya to continue. It is dangerous for the viability of Libya, it is dangerous for Libyans, and now, because of the increase of the presence of Daesh [Isis] purposefully migrating there, it is dangerous for everyone,” the US secretary of State John Kerry said. Italy’s foreign minister Paolo Gentiloni believes that “time is fundamental and we must speed up the solution to the Libyan crisis in the face of threats that also come from terrorism.”

Therefore, Italy comes back protagonist of international scene, after cautious attitude towards Syrian front. After over a year of negotiations in Libya, the UN delegate Martin Kobler, succeded Bernardino Leon, wants to force more than 200 yes from Tobruk-based parliament representative on December 16, despite their scepticism.

The UN military operation nature is still to explain. Because of Daesh radicalization, it will not probably be a peacekeeping mission: “We reiterate our full support for the implementation of UNSCR 2213 and other relevant Resolutions to address threats to Libya’s peace, security, and stability. Those responsible for violence and those who obstruct and undermine Libya’s democratic transition must be held strictly accountable. We stand ready to support the implementation of the political agreement and underline our firm commitment to providing the Government of National Accord with full political backing and technical, economic, security and counter-terrorism assistance, as requested.”
Giacomo Pratali

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Libia: nuovo governo e intervento ONU

Al termine della conferenza internazionale sulla Libia di Roma, il sottosegretario di Stato USA Kerry annuncia la formazione di un governo di unità nazionale entro “40 giorni”. I Paesi e le organizzazioni internazionali presenti varano un documento d’intenti, in attesa della risoluzione ONU del 17 dicembre su un intervento militare.

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“Affermiamo il nostro pieno appoggio al popolo libico per il mantenimento dell’unità della Libia e delle sue istituzioni che operano per il bene dell’intero paese. E’ necessario con urgenza un Governo di Concordia Nazionale con sede nella capitale Tripoli al fine di fornire alla Libia i mezzi per mantenere la governance, promuovere la stabilità e lo sviluppo economico. Siamo a fianco di tutti i libici che hanno richiesto la rapida formazione di un Governo di Concordia Nazionale basato sull’Accordo di Skhirat, ivi compresi i rappresentanti della maggioranza dei membri della Camera dei Rappresentanti e del Congresso Nazionale Generale, degli indipendenti, delle Municipalità, dei partiti politici e della società civile riunitisi a Tunisi il 10-11 dicembre. Accogliamo con favore l’annuncio che i membri del dialogo politico firmeranno l’accordo politico a Skhirat il 16 dicembre. Incoraggiamo tutti gli attori politici a firmare questo accordo finale il 16 dicembre e rivolgiamo a tutti i libici un appello affinché si uniscano nel sostegno dell’Accordo Politico per la Libia e il Governo di Concordia Nazionale”.

Questo il passo più importante del comunicato congiunto emesso al termine della conferenza internazionale sulla Libia, tenutasi a Roma il 13 dicembre e promossa dalla Farnesina. Il documento è stato firmato da UE, ONU, LAS, UA e dai 17 Paesi partecipanti: Algeria, Arabia Saudita, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Giordania, Italia, Marocco, Qatar, Regno Unito, Russia, Spagna, Stati Uniti, Tunisia, Turchia. Adesso, c’è attesa per la firma dell’accordo di mercoledì 16 e per la risoluzione ONU di giovedì 17, data in cui i membri permanenti si sono impegnati a firmare un accordo per “un intervento umanitario, di sicurezza e di stabilizzazione della Libia”.

L’avanzata del Daesh, l’ascesa di Sirte come epicentro del Califfato e un complesso istituzionale alla deriva hanno imposto, forse fuori tempo massimo, l’intervento delle principali potenze mondiali e persino di quegli attori internazionali che in Libia si combattono per conto terzi: su tutti, Arabia Saudita e Egitto, Qatar e Turchia. E gli stessi rappresentanti delle fazioni libiche, compresi i leader del GNC e dell’Assemblea di Tobruk.

Roma, sulla scia di quanto avvenuto al summit di Vienna sulla Siria, ha seguito lo stesso metodo. Europa, Stati Uniti, Russia e Cina si sono mosse all’unisono in direzione di un piano d’azione che possa portare ad un processo di stabilizzazione istituzionale della Libia, indispensabile per combattere il Daesh.

Mentre la pressione per un immediato intervento militare da parte di Francia e Gran Bretagna, già alleate sul fronte siriano, non ha avuto un seguito, visti gli errori commessi nel 2011.

“Tra 40 ci sarà un governo di unità nazionale”. Anche se “ci vorrà tempo per superare il retaggio di quattro decenni di dittatura. Ma ora i libici devono governare insieme”, ha detto il sottosegretario di Stato USA John Kerry. Mentre il ministro degli Affari Esteri italiano Paolo Gentiloni ha affermato che “contro il terrorismo serve un Paese stabile”. Mentre, l’Italia avrà “un ruolo fondamentale nelle prossime settimane e mesi nel quadro delle decisioni ONU e sulla base delle richieste del nuovo governo libico”.

L’Italia, dunque, torna, seppure timidamente, protagonista nella scena internazionale, dopo che sul fronte siriano aveva adottato una linea attendista. Dopo oltre un anno di negoziati in Libia, il delegato ONU Martin Kobler, che ha ereditato da Bernardino Leon, si aspetta di strappare oltre 200 consensi dai rappresentanti dell’Assemblea di Tobruk, restii, a partire dal Presidente, a trattare sulla costituzione di un governo unico assieme agli attuali rappresentanti di Tripoli.

Rimane ancora da chiarire, tuttavia, la natura dell’intervento ONU in Libia dopo la costituzione del nuovo governo a Tripoli che, al netto dei no comment, sarà di natura prettamente militare e non una missione di peacekeeping, vista la radicalizzazione del Daesh sul territorio: “Ribadiamo il nostro pieno appoggio all’applicazione della Risoluzione 2213 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e delle altre Risoluzioni in materia per affrontare le minacce alla pace, sicurezza e stabilità della Libia. I responsabili della violenza e coloro che impediscono e minacciano la transizione democratica della Libia devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Siamo pronti a sostenere l’attuazione dell’accordo politico e ribadiamo il nostro deciso impegno ad assicurare al Governo di Concordia Nazionale pieno appoggio politico e l’assistenza richiesta in campo tecnico, economico, di sicurezza e anti-terrorismo ”, recita ancora il comunicato.
Giacomo Pratali

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Libia: dubbi sull’accordo preliminare

Medio oriente – Africa di

A quasi un mese dalla fine del mandato di Bernardino Leon, il GNC di Tripoli ha annunciato di avere trovato un accordo preliminare con Tobruk per la formazione di un governo di unità nazionale, al di fuori però della precedente bozza ONU. Essa prevede la creazione di un comitato di dieci rappresentati, divisi equamente tra i due esecutivi in carica, i quali eleggeranno il nuovo premier e i due vicepresidenti.

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Un accordo che, seppure fuori dalla bozza Onu dell’ottobre scorso, è stato salutato in maniera positiva dallo stesso Kobler e dall’Italia. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, pur frenando su un intervento militare in Libia nel breve termine, ha affermato che il proprio Paese “è pronto a fare la propria parte”.

A partire dalla prima conferenza internazionale sulla Libia, in programma il prossimo 13 dicembre a Roma. Un po’ come accaduto con il vertice di Vienna sulla Siria dopo gli attentati di Parigi e la reazione francese sul suolo siriano, l’Italia cerca di guadagnarsi un ruolo di primo piano in quest’altro contesto geopolitico caldo, avendo al suo fianco gli Stati Uniti, ma anche la Russia, la quale, attraverso il proprio ministro degli Esteri Lavrov, ha dichiarato che Mosca “è pronta ad aiutare l’Italia sulla Libia”.

Un modo, dunque, per rimettersi in gioco dopo l’attendismo dimostrato a seguito dei fatti di Parigi. In più, la notizia riportata da un’agenzia stampa iraniana, ancora non confermata, della presenza del califfo al Baghdadi a Sirte, roccaforte dell’Isis in Libia, pone il problema della presenza dell’organizzazione jihadista a 300 chilometri dalle coste italiane. Una risposta comune dall’Europa è ora quanto mai necessaria.
Giacomo Pratali

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