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Flaminia Maturilli - page 18

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Governo inglese in crisi per la Brexit: dimissioni dei ministri Davis e Johnson

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Il raggiungimento dei negoziati con Bruxelles, per quanto riguarda la Brexit, non è stato affatto facile, tutt’altro. Con ciò che viene definito “terremoto Brexit” si intende il difficile contesto politico delle trattative Londra-Bruxelles, a partire dalle dimissioni delle principali figure istituzionali in tale ambito: il ministro della Brexit David Davis ed il ministro degli esteri Boris Johnson. Dunque, Theresa May sta affrontando una crisi molto difficile, insieme alla perdita della maggioranza in Parlamento dello scorso anno, che ora mette in pericolo anche la sua leadership nel partito e nel Paese.

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Parlamento europeo al voto sulla nuova legge elettorale per il 2019

EUROPA di

In vista delle elezioni di maggio 2019, il Parlamento europeo di Strasburgo ha votato una nuova legge elettorale con cui si cerca di rafforzare la partecipazione dei cittadini alle elezioni europee, prevedendo una soglia obbligatoria per collegi elettorali con più di 35 seggi e la possibilità del voto postale ed elettronico, misure contro il doppio voto e uno “sbarramento” obbligatorio.

Mercoledì 4 luglio 2018 l’Europarlamento ha approvato nuove misure per modernizzare la legge elettorale europea, il cui scopo principale è quello di migliorare il carattere europeo della procedura, aumentando anche la partecipazione. Al termine di oltre due anni di difficili trattative con i paesi membri dell’Unione Europea, le nuove misure sono state approvate con una maggioranza di 397 voti, mentre vi sono stati 207 voti contrari e 62 astensioni. I membri del Parlamento europeo hanno votato per modificare la legislazione che regola le elezioni europee, ma le riforme adottate sono lontane dagli ambiziosi piani che molti deputati europei avevano previsto. Ciononostante, alcune delle proposte saranno in vigore in tempo per le elezioni del prossimo anno.

Considerando le nuove disposizioni previste, il Parlamento ha approvato una proposta per introdurre una soglia obbligatoria per i collegi elettorali con più di 35 seggi, per evitare un’ulteriore frammentazione della Camera: questa soglia non deve scendere al di sotto del 2% e non superare il 5% dei voti espressi. In particolare, i paesi dell’Unione Europea con più di 35 seggi hanno tutti una soglia elettorale per le elezioni europee, tranne la Spagna e la Germania; alla luce di ciò, questi paesi dovranno quindi conformarsi al nuovo obbligo e introdurre una soglia per le elezioni europee del 2024.

Inoltre, la nuova legge elettorale prevede l’obbligo per i paesi dell’Unione Europea di introdurre ed applicare delle sanzioni volte ad evitare il doppio voto, cioè il caso in cui un cittadino europeo voti due volte in più di un paese. Gli Stati membri andranno a designare inoltre un’autorità di contatto responsabile dello scambio di informazioni sui cittadini dell’Unione Europea che desiderano votare o essere candidati politici in un paese di cui non sono cittadini. Tuttavia, questo scambio di informazioni deve avvenire almeno sei settimane prima delle elezioni europee. I paesi dell’Unione Europea possono consentire che il nome e il logo dei partiti politici europei siano visualizzati nelle schede nazionali e prevedere la possibilità di voto anticipato, postale, elettronico e via internet, purché vengano rispettati determinati criteri, come la protezione dei dati personali e il segreto del voto.

In conformità con le loro leggi nazionali, i paesi dell’Unione Europea sono anche liberi di consentire ai loro cittadini che vivono in paesi al di fuori dell’Unione Europea di votare alle elezioni europee, nonché di fissare un termine per la presentazione di candidati politici, di almeno tre settimane prima della data delle elezioni. A Strasburgo si ritiene che queste misure vadano a rafforzare la trasparenza e la fiducia nelle elezioni. In particolare, la correlatrice del Parlamento, Danuta Maria Hübner (PPE, PL), ha dichiarato: “La riforma della legge elettorale europea è un grande successo e un risultato per il Parlamento europeo. Renderà le elezioni più accessibili a milioni di cittadini e renderà più trasparente il modo in cui sono preparate e gestite. Inoltre, sono state introdotte misure contro il doppio voto e una scadenza minima per stabilire le liste elettorali”; la correlatrice del Parlamento Jo Leinen (S & D, DE) ha dichiarato: “La nuova legge offrirà ai cittadini più opzioni per partecipare alle elezioni europee, non solo introducendo la possibilità del voto postale ed elettronico, ma anche incoraggiando gli Stati membri a consentire ai loro cittadini che vivono in paesi non UE di votare. Infine, con le nuove regole, i cittadini saranno più consapevoli del legame tra partiti nazionali e candidati alle elezioni e la loro affiliazione a un partito politico europeo”.

Il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha discusso anche della partecipazione politica e del diritto di voto per tutte le persone con disabilità, dopo che l’eurodeputata Wikström, presidente della Commissione Petizioni del Parlamento europeo, ha proceduto con un’interrogazione su tale questione. La partecipazione politica e il diritto di voto per tutte le persone con disabilità sono questioni destinate ad assumere sempre maggiore visibilità, soprattutto alla luce delle Elezioni Europee del 2019 e delle consultazioni nei Paesi Membri dell’Unione, grazie all’impegno in questo ambito dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità.

È importante sottolineare che una volta che le disposizioni saranno state adottate in plenaria, dovranno anche essere approvate da tutti i paesi dell’Unione Europea, in linea con le loro rispettive norme costituzionali, prima che possano entrare in vigore. Ogni disposizione prevista dovrà essere adottata dagli Stati membri.

 

Apertura dell’Unione Europea a Macedonia e Albania, al via i negoziati nel 2019

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Il 26 giugno 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato un testo finale sulla politica di allargamento dell’UE e sul processo di stabilizzazione e associazione dei paesi dei Balcani occidentali nell’Unione Europea. Tale politica è stata intrapresa dal Consiglio sulla base di quanto proposto dalla Commissione per una prospettiva di allargamento credibile e un maggiore impegno dell’UE nei confronti dei Balcani occidentali, il 6 febbraio 2018.

Il Consiglio ha ribadito il suo impegno nei confronti dell’allargamento ad est, che è da sempre una politica chiave dell’Unione europea, poiché rappresenta un investimento strategico per la pace, la democrazia, la prosperità, la sicurezza e la stabilità europea. Nell’attuazione di tale politica, il Consiglio si aspetta che tutti gli Stati membri si assumano la titolarità e si impegnino pienamente nel rispetto dei valori europei e nel perseguimento delle riforme. Il Consiglio ha quindi confermato il sostegno inequivocabile dell’Unione Europea alla prospettiva europea dei Balcani occidentali: l’Unione Europea è determinata a rafforzare il suo impegno per sostenere la trasformazione politica, economica e sociale della regione, anche attraverso una maggiore assistenza con delle riforme socioeconomiche per i Balcani occidentali.

In particolare, la presidenza bulgara del Consiglio ha annunciato un’apertura dell’Unione Europea nei confronti di Macedonia e Albania, così da dare loro una “chiara prospettiva europea”. L’accordo di compromesso raggiunto prevede che nel giugno 2019 partiranno i negoziati di adesione all’Unione Europea per Skopje e Tirana. Nelle conclusioni adottate dal Consiglio, si richiede alla Commissione europea di procedere con i lavori per l’avvio dei negoziati di Macedonia e Albania, ma il raggiungimento di tale obiettivo non è stato facile.Il ministro degli Esteri bulgaro Ekaterina Zaharieva ha detto che quello di martedì è stato “un giorno importante” per le due nazioni e “per i Balcani occidentali nel loro complesso”.Si parla, tuttavia, di accordo di compromesso perché non vi è stata una decisione unanime in tal senso: vi sono state delle discussioni al Consiglio Affari generali, a Lussemburgo, che hanno portato al raggiungimento di un accordo dei ministri europei ma solo dopo alcuni giorni. Alcune fonti diplomatiche hanno definito tale risultato come positivo e di incoraggiamento per i paesi coinvolti ma, ad ogni modo, avrebbe potuto essere raggiunto in modo politicamente diverso.

Paesi come Francia e Olanda hanno espresso la loro posizione contraria all’avvio dei negoziati per l’adesione di Skopje e Tirana all’Unione Europea, causando non poche difficoltà al Consiglio, che si è visto costretto ad aspettare per aprire i negoziati. In particolare, il Ministro degli Esteri olandese, Stef Blok, ha affermato che i progressi fatti sulla lotta alla corruzione, alla criminalità e sullo stato di diritto non sono sufficienti per poter entrare a far parte dell’Unione Europea, aggiungendo che la decisione migliore era quella di rinviare i negoziati. La posizione del ministro Blok è stata supportata anche dal Parlamento olandese che, con un’ampia maggioranza, ha deciso di porre il veto ai negoziati con Tirana. Anche la Francia si è posta in modo contrario all’inizio dei negoziati che avrebbero portato un allargamento ad est, rifiutando quindi l’entrata nell’Unione Europea di Macedonia e Albania. In realtà, il rifiuto di Francia e Olanda non era tanto per la Macedonia, soprattutto alla luce dell’accordo raggiunto con la Grecia che ha posto fine alla disputa pluridecennale, quanto piuttosto per l’Albania; tale rifiuto era inoltre sostenuto anche da altri paesi, come ad esempio la Danimarca.

È stato necessario, in sede di Consiglio, l’intervento di altri Stati membri dell’Unione Europea, che sono riusciti a far raggiungere l’obiettivo finale coinvolgendo anche Olanda e Francia. In particolare, paesi come Germania e Italia sono risultati fondamentali in tale operazione. Il ministro degli Affari europei tedesco, Michael Roth, ha affermato che la Germania è “pronta a dare luce verde” all’apertura dei negoziati, chiedendo inoltre all’Olanda e alla Francia di unirsi agli altri paesi. Si crede, infatti, che chiudere ai paesi balcanici potrebbe comportare una destabilizzazione dell’area, che invece migliorerebbe se fosse parte dell’Unione Europea.

Anche l’Italia ha contribuito a risolvere l’impasse, ponendosi a favore dell’apertura dell’Unione Europea verso i Balcani e, quindi, dell’integrazione dei due paesi nell’UE. Si è arrivati ad avere un vero e proprio schieramento, 26 contro 2, e proprio per questo è stato necessario mettere in atto un accordo di compromesso. La dura opposizione di Francia e Olanda ha fatto sì che l’apertura dei negoziati venisse rimandata a giugno del 2019: i due paesi hanno accettato proprio in vista del lungo periodo di attesa, rifiutando l’apertura immediata dei negoziati.

L’accordo di compromesso è stato raggiunto con l’obiettivo di soddisfare tutti i paesi, grazie anche al lavoro di mediazione svolto da Germania e Italia, che hanno permesso di terminare i lavori del Consiglio con una conclusione politica accettata da tutti.

Vertice Conte – Merkel: collaborazione su più fronti

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Il 18 giugno 2018 a Berlino ha avuto luogo il primo incontro tra il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e la Cancelliera delle Repubblica Federale di Germania, Angela Merkel.

Il vertice ha avuto come tema principale la questione dei migranti, da sempre centrale nella politica nazionale ed internazionale, ma ancor di più nell’ultimo periodo, caratterizzato da posizioni divergenti sia da un punto di vista interno nei governi, sia da un punto di vista esterno negli Stati. Il contesto in cui si è svolto il colloquio tra Giuseppe Conte e Angela Merkel è infatti molto particolare, poiché l’immigrazione è uno degli aspetti più delicati e dibattuti in politica.

Nel governo tedesco è in atto un dibattito politico fra la Merkel e il ministro dell’Interno Seehofer, esponente dell’importante partito della Baviera, il CSU (Unione Cristiano-Sociale in Baviera), che dispone della maggioranza assoluta nello Stato federato conservatore, che si pone come primo Stato tedesco raggiunto dai flussi migratori provenienti da sud. Alla luce di ciò, Seehofer ha presentato un piano al governo tedesco per affrontare la questione dell’immigrazione. In particolare, tra gli altri punti, si richiede di conferire ai Länder il potere di respingere al confine quei rifugiati che hanno la propria domanda registrata in un altro paese europeo di arrivo. La Cancelliera ha preso in considerazione il piano del ministro dell’Interno, ma allo stesso tempo ha posto il veto su quest’ultimo punto, guadagnando maggior tempo per poter negoziare degli accordi con gli altri Stati membri dell’Unione Europea interessati dal fenomeno dell’immigrazione. La Merkel in concreto ha accettato di risolvere entro due settimane con gli Stati europei il problema dell’immigrazione, entro il prossimo vertice di fine giugno.

Anche la questione italiana è altrettanto delicata, ed infatti Conte ha portato all’attenzione della Cancelliera non soltanto la questione dell’immigrazione ma anche altri temi cruciali nella politica italiana di oggi: riforma dei centri di pubblico impiego, disoccupazione, inclusione sociale. Per quanto riguarda il tema migranti, Conte ha ribadito il principio che aveva già espresso a Parigi, secondo cui “chi mette piede in Italia, mette piede in Europa”, ed ha richiesto un cambio di prospettiva all’Unione Europea, ritenuta fondamentale in questa situazione di crisi, alla quale si richiede solidarietà verso l’Italia. Conte sottolinea come anche la Germania sia consapevole del cambiamento che deve avvenire nelle politiche comunitarie in tema di immigrazione, facendo riferimento anche alla crisi di governo tedesca in questo ambito; è necessaria quindi una gestione europea del fenomeno così da garantirne il controllo. La Cancelliera tedesca Merkel si è dimostrata comprensiva nei confronti dell’Italia, affermando di essere disponibile a collaborare in quest’ambito poiché il fenomeno delle migrazioni non riguarda solo l’Italia ma anche la Germania. La Merkel ha condiviso quindi la richiesta del Primo Ministro italiano di solidarietà da parte dell’Unione Europea, il quale ritiene che se l’UE non riesce a cambiare approccio si arriverà alla fine dell’accordo di Schengen, cioè l’insieme delle normeintegrate nel diritto dell’Unione europeavolte a favorire la libera circolazione dei cittadini all’interno dello Spazio Schengene che regolano i rapporti tra gli Stati che hanno siglato la Convenzione di Schengen. Il Premier Conte ha fatto presente che le frontiere italiane sono frontiere europee, sottolineando che l’Italia ha bisogno del sostegno degli altri Stati. La Merkel ha quindi mostrato un’apertura: sulla politica della migrazione si lavorerà a un “pacchetto complessivo”, che comprenda diversi aspetti, quali il rafforzamento delle frontiere esterne, la gestione dei flussi e i movimenti secondari. Inoltre, si vuole potenziare Frontex – l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, il sistema di controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen e dell’Unione europea che comprende le autorità nazionali competenti per il controllo delle frontiere (guardia costiera e guardia di frontiera) degli stati membri dell’Unione europea e dello Spazio Schengen e una nuova agenzia– per poi prevedere dei centri di accoglienza dei migranti nei paesi di transito, ma anche delle politiche per la stabilizzazione della Libia che consentano di diminuire i flussi migratori.

Il Presidente del Consiglio italiano ha voluto portare all’attenzione della Cancelliera anche altre questioni cruciali nel governo italiano, che si trova ad affrontare anche problematiche legate alla disoccupazione giovanile e all’inclusione sociale: Conte ha riportato i dati della povertà in Italia, affermando che “lo scorso anno 2,7 milioni di persone, di cui 445 mila bambini sotto i 15 anni, sono state costrette a chiedere aiuto per poter mangiare, contando anche 200mila anziani sopra i 65 anni e circa 100mila persone senza fissa dimora”. L’Europa è quindi essenziale anche sul piano finanziario, e l’Italia esporrà le proprie necessità al prossimo Consiglio europeo, in sede di discussione sul bilancio pluriennale, al fine di orientare i fondi europei verso misure di sostegno a favore dell’inclusione sociale in Italia. Conte ha quindi richiesto una maggiore condivisione dei rischi tra gli Stati membri dell’Unione Europea in ogni campo, non solo quello fondamentale delle migrazioni, ma anche in quello economico e sociale.

La cancelliera Merkel ha riconosciuto i problemi interni italiani dal punto di vista lavorativo e sociale ed anche in questi ambiti si è detta pronta a collaborare con l’Italia, a partire dall’incontro già avvenuto tra i ministri del Lavoro italiano e tedesco. Conte ha infine affermato che “le questioni dell’immigrazione e dell’economia europea sono un’occasione per costruire un’Europa più forte e più equa che possa rispondere ai bisogni primari dei cittadini”.

Unione Europea tra difesa e pace: 13 miliardi per il Fondo europeo di Difesa

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Il 12 giugno 2018 la Commissione ha adottato l’ultima serie di proposte legislative per i programmi che saranno finanziati dal prossimo bilancio dell’UE dal 2021 al 2027 ed ha proposto di triplicare i finanziamenti per la migrazione e la gestione delle frontiere.

In generale, sulla base di quanto accaduto in passato, la Commissione sta ora proponendo di incrementare significativamente i finanziamenti a livello generale, con 10,4 miliardi di euro per la migrazione, 9,3 miliardi di euro per la gestione delle frontiere, 2,5 miliardi per la sicurezza interna e 1,2 miliardi per la disattivazione più sicura delle attività nucleari in alcuni Stati membri, raggiungendo oltre 23 miliardi di euro complessivi. Inoltre, il sostegno alle agenzie dell’UE in materia di sicurezza, gestione delle frontiere e migrazione aumenterà da 4,2 a 14 miliardi di euro.

La proposta della Commissione è una risposta alle crescenti sfide migratorie, di mobilità e di sicurezza, con strumenti di finanziamento più flessibili per affrontare eventi migratori imprevisti e la protezione delle frontiere, al centro del nuovo bilancio. Il nuovo fondo di frontiera aiuterà inoltre gli Stati membri ad effettuare controlli doganali, si concentrerà su un maggiore sostegno agli Stati membri nel garantire le frontiere esterne dell’UE, garantendo una politica comune in materia di visti dell’Unione che si adegui alle sfide della sicurezza legate alla migrazione e alle nuove opportunità offerte dagli sviluppi tecnologici.

Ponendosi al di fuori del bilancio europeo 2021-2027, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini ha proposto, con il sostegno della Commissione, un nuovo Fondo europeo per la pace che prevede 10,5 miliardi di euro e che vuole contribuire a migliorare la capacità dell’Unione europea per prevenire i conflitti, garantire la pace e la sicurezza internazionale, considerando i meccanismi fuori bilancio già esistenti destinati alla sicurezza e alla difesa, al fine di superare i problemi attuali e le varie limitazioni in materia.

Inoltre, la Commissione ha previsto la creazione di un Fondo europeo per la Difesa (Edf): con circa 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, si vuole promuovere l’utilizzo di nuove tecnologie ed attrezzature avanzate ed interoperabili, così da aumentare la competitività del settore e promuovere la cooperazione tra gli Stati membri. In particolare, il Fondo prevede 4,1 miliardi per finanziare i progetti di ricerca e 8,9 miliardi per finanziare i prototipi e realizzare le attività dei collaudi. Dopo il G7 in Quebec e prima del vertice NATO, l’11 e 12 luglio a Bruxelles, che potrebbe segnare un’altra tappa importante nel rapporto tra Stati Uniti ed Europa, l’affermazione di tale Fondo ha un forte significato simbolico. Il Fondo potrebbe infatti contribuire alla creazione di una strategia dell’Unione Europa, trasformandola in un attore autonomo con una propria politica di difesa e sicurezza. La Mogherini ha affermato che l’Unione europea ha previsto delle misure in materia di sicurezza e difesa che prima erano impensabili, mentre attualmente si può investire nella ricerca e nella cooperazione per sviluppare una capacità di difesa, adottando delle misure che facilitino il movimento delle forze degli Stati membri in Europa. L’obiettivo è coordinare e amplificare gli investimenti realizzati a livello nazionale, senza sostituire gli Stati membri in un settore in cui la sovranità rimane fondamentale; è comunque fuori discussione vedere l’Unione dotarsi di capacità militari.

Queste iniziative sono dovute anche alla cooperazione decisa dagli Stati membri UE nel campo della difesa comune con la PeSCo, la cooperazione strutturata permanente, le cui iniziative godono di finanziamenti, circa il 10%, da parte del Fondo; in particolare, l’Italia partecipa a quattro progetti (sorveglianza marittima e blindati leggeri). La cooperazione strutturata permanente nel settore della politica di sicurezza e di difesa, istituita con una decisione del Consiglio dell’11 dicembre 2017, prevede la possibilità di una collaborazione più stretta tra alcuni Stati membri dell’UE nel settore della sicurezza e della difesa

Gli Stati membri possono sviluppare congiuntamente le capacità di difesa, investire in progetti comuni ed accrescere il contributo a livello operativo delle rispettive forze armate.

Il Fondo previsto dalla Commissione europea, ma anche quello proposto dalla Mogherini, sottolineano la necessità di sviluppare una politica di difesa comune europea, che rispetti la sovranità statale ma allo stesso tempo che possa consentire lo sviluppo di un’Unione europea politica che vada a salvaguardare pace e sicurezza. Si vuole aumentare l’efficacia dei finanziamenti a favore delle operazioni militari per la politica di sicurezza e di difesa comune, al fine di agevolare il contributo dell’Unione alle operazioni di pace condotte dai suoi partner, considerando sia le spese previste dal bilancio 2021-2027, sia quelle esterne per la pace.

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Flaminia Maturilli
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