GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Elena Saroni

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Il lascito di Fidel Castro

AMERICHE di

Il 25 di novembre, Fidel Castro è morto all’età di 90 anni, dopo aver governato l’isola di Cuba dal 1959 al 2008. Come tutti gli uomini che hanno cambiato il corso della storia, il suo operato ha suscitato tanta ammirazione quanto rancore. Cuba ha decretato 9 giorni di lutto nazionale per ricordare il padre della rivoluzione. Le ceneri del líder máximo sono state esposte al Memoriale José Martí all’Havana e percorreranno tutta l’isola fino a Santiago de Cuba, dove si terranno i funerali il 4 di dicembre. E’ importante ricordare chi fu questo personaggio che sconvolse il corso della storia del ‘900 e la cui morte oggi suscita sentimenti contrastanti in tutto il mondo.

Fidel Castro nacque nel 1926 in una famiglia cubana benestante e di origini spagnole. Ciò gli permise di studiare e di interessarsi da subito alla politica ed al diritto. Quando si approcciò a svolgere la professione di avvocato, si scontrò con la dura realtà esistente nell’isola: la povertà immensa ed il potere delle multinazionali statunitensi. Nella sua professione decise di difendere i contadini più poveri che non sempre potevano permettersi di pagare il suo onorario. Questo lo costrinse a vivere grazie all’aiuto economico di amici e compagni nella Cuba della dittatura di Batista. Era un uomo di grandi ideali, ma soprattutto un uomo d’azione. Tentò dunque di realizzare una rivolta il 26 luglio del 1953 con la presa della Caserma Moncada, ma fu una sconfitta e venne incarcerato insieme ad altri compagni. Durante il processo fu egli stesso a pronunciare la sua difesa in un’arringa dal titolo “la Storia mi assolverà”,  dando mostra di una grande capacità oratoria. Si dice che avesse prodotto il testo del suo discorso dopo aver trascorso la notte a leggere “J’accuse”, la celebre opera di Émile Zola sul caso Dreyfus. Più che una difesa, “la Storia mi assolverà” ha, infatti, i connotati di un’accusa al regime cubano.

Durante l’esilio in Messico, Fidel organizzò la rivoluzione. Fu in quella circostanza che conobbe alcuni dei suoi futuri compagni, tra cui Ernesto Guevara. Sul primo colloquio che Fidel intrattenne col “Che”, quest’ultimo disse di esser rimasto colpito dal carisma di Castro e di aver pensato che “sarebbe stato tanto bello e consolatore morire per degli ideali così puri su una spiaggia straniera”. Infatti, in quel momento nessuno pensava che un gruppetto di uomini sarebbe riuscito a rovesciare un regime militare sostenuto dagli Stati Uniti d’America. Se riuscirono nell’impresa fu grazie all’ingegno. In primo luogo, i rivoluzionari sfruttarono i mezzi di comunicazione per far credere all’opinione pubblica mondiale di essere un numero superiore a quello reale, ma soprattutto beneficiarono del sostegno della popolazione che condivideva la loro causa. Inoltre, Fidel scelse la strategia della guerriglia sulle montagne poiché permetteva ad un piccolo gruppo di volontari di fronteggiare un esercito regolare e preparato. La tattica consisteva nell’attaccare a sorpresa obiettivi strategici come le caserme militari, senza coinvolgere la popolazione.

Dopo il trionfo della rivoluzione nel 1959, gli Stati Uniti sembrano essere ben disposti verso il nuovo leader e tentano di negoziare accordi vantaggiosi per mantenere i loro interessi economici nell’isola. Ma Castro non acconsente e nazionalizza le immense proprietà statunitensi sull’isola, che a suo avviso erano la causa della povertà estrema del popolo cubano.

Se la vittoria della rivoluzione cubana ha tutti i connotati di una lotta idealistica e rivoluzionaria non disposta a compromessi, una volta al potere Fidel dovette scontrarsi con la realtà. Gli Stati Uniti decretarono l’embargo economico e tentarono una controrivoluzione con l’invasione della Baia dei Porci. Apparve allora evidente l’impossibilità di sopravvivere per la neonata Cuba sovrana, se non con il sostegno dell’Unione Sovietica. Nella logica della guerra fredda, Mosca aveva interesse ad allearsi con un Paese così geograficamente vicino agli Stati Uniti ed assoggettato fin dall’indipendenza nel 1898 alla sfera di influenza statunitense. Per questo, alla rivoluzione cubana fu consentito sopravvivere. E Castro, pur non condividendo a pieno il modello sovietico, scelse di abbandonare l’idealismo puro per permettere la sopravvivenza dell’esperienza cubana. Tuttavia, ben presto emersero le vere ragioni dell’interessamento sovietico alle sorti di Cuba. La crisi dei missili del 1962 fu un tentativo dell’URSS di ottenere maggior potere negoziale nei confronti degli USA, minacciando di installare testate nucleari a Cuba. Fortunatamente lo scontro tra le due superpotenze fu evitato e l’URSS ottenne lo smantellamento di basi missilistiche in Turchia in cambio della rinuncia ad installare missili a Cuba. Cuba ottenne l’assicurazione di non essere invasa. Castro rimase deluso dall’apprendere di esser stato usato dall’URSS, ma il realismo prevalse e decise di non abbandonare l’alleanza.

La caduta dell’URSS, nel 1989, aprì la fase più critica dell’esperienza rivoluzionaria cubana. Il venir meno del sostegno sovietico alla piccola isola produsse una forte crisi economica. Nel 1990 viene annunciato l’inizio del “periodo speciale”: una serie di misure economiche eccezionali volte a ridurre i consumi di combustibili ed alimenti per permettere che tutta la popolazione potesse continuare ad aver accesso almeno ai beni primari. Un miglioramento significativo si ebbe solo a partire dal 2004. Si trattò di 15 anni molto difficili, in cui il Paese dovette modificare il proprio sistema economico in virtù del venir meno degli scambi commerciali con l’URSS. Le misure introdotte compresero una progressiva apertura all’iniziativa economica privata sull’isola ed agli investimenti stranieri.

Dal punto di vista della politica estera Cuba ha rappresentato fin dagli anni ’60 il punto di riferimento per i movimenti di liberazione nazionale e per la lotta anticoloniale di numerosi popoli dell’America latina e dell’Africa soprattutto. Si pensi alla Bolivia, al Congo e all’Angola tra gli altri. Il sostegno offerto da Cuba a tali movimenti consisteva nell’addestramento dei guerriglieri e nell’invio di consulenti militari. Ma Cuba ha orientato la sua politica estera anche verso missioni di carattere umanitario nei Paesi più poveri del mondo, inviando medici ed offrendo borse di studio per giovani che non potevano accedere all’istruzione scolastica nei loro Paesi.

E’ opportuno ora passare ad un bilancio di quelle che sono state le criticità e conquiste nella politica interna cubana durante il periodo castrista. Le criticità sono relative alle limitazioni del diritto di proprietà, dell’iniziativa imprenditoriale ed alla impossibilità per gli oppositori politici di partecipare a libere elezioni. Molti oppositori al regime cubano, o semplicemente cittadini che non si rispecchiavano nella visione socialista dello Stato e stufi delle privazioni materiali sopportate per il fine superiore della sovranità statale, hanno deciso negli anni di lasciare il Paese. L’embargo ha strozzato l’economia della piccola isola fin dagli anni ’60 e l’attrazione verso il benessere proposto dalle economie capitaliste è stato forte per parte della popolazione cubana. La libertà individuale è anche libertà di scegliere in quale sistema economico riconoscersi e condurre la propria vita. In questo, senso il regime cubano non ha lasciato spazio a quella componente della popolazione che avrebbe desiderato un sistema diverso. Il sistema cubano, dal canto suo, ha ottenuto grandi conquiste dal punto di vista assistenziale e sociale. Il sistema sanitario ha raggiunto livelli di eccellenza ed è completamente gratuito. Anche l’istruzione è completamente gratuita fino all’Università e di ottimo livello. Veniamo al punto cruciale: la forma di governo cubana non è un regime parlamentare rappresentativo, bensì un regime socialista. Vi è un partito unico nel Paese e la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche avviene attraverso l’elezione di un’Assemblea del potere popolare. Si tratta di scelte che non possono, tuttavia, mettere in discussione la natura socialista dello Stato. Su tali modalità sono state innumerevoli le critiche mosse, poiché si ritiene non siano idonee a garantire l’effettivo esercizio della sovranità da parte del popolo cubano. A tale proposito Aleida Guevara, medico cubano e figlia del Che, ha affermato: “non ci aspettiamo che comprendiate o condividiate il nostro modo di concepire l’organizzazione dello Stato, ma vi chiediamo di rispettarlo”.

In definitiva, Castro ha cambiato il corso della storia di Cuba ed ha rappresentato un esempio per i popoli soggetti a regimi coloniali o a nuove forme di colonialismo. Il suo operato ha fatto apparire possibile liberarsi dal giogo coloniale in modo effettivo, ed intraprendere una via nazionale allo sviluppo del proprio Paese. Non tutti ne condividevano la scelta socialista, ma senza dubbio ammiravano la forza con cui Cuba si è opposta allo sfruttamento neo-coloniale. L’impatto dell’operato di Castro è stato di ordine mondiale. Se in vita è stato aspramente criticato da diversi schieramenti politici, oggi viene riconosciuto anche il merito del suo operato dai principali mezzi di comunicazione. Allora quello su cui dobbiamo interrogarci oggi è se la Storia ha assolto quest’uomo dalle accuse che gli sono state mosse in vita, e la risposta è rimessa alla coscienza di ognuno di noi.

Fidel Castro’s legacy

Americas di

On the 25th of November, Fidel Castro died at the age of 90, after governing Cuba from 1959 to 2008. As every man that changed the history course, his actions caused both admiration and resentment. Cuba declared 9 days of National mourning to honour the father of the revolution. The leader’s remains are exhibited at the José Martí Memorial in Havana and they will be carried to Stantiago de Cuba, where the funeral is due to be celebrated on the 4th of December. It is important to remember who was this personality who deeply influenced the course of the twentieth century.

Fidel Castro was born in 1926, in a wealthy family. He studied law at University and when he became a lawyer decided to take a stand for the poorest farmers, against the foreign companies on the island. His ideals led him to organize a first action against the Batista’s regime in 1953. However, the Moncada attack failed, and Castro was arrested. During the trial, he made his own defense speech, called “History will absolve me”. On that occasion, he demonstrated a great talent in public speech.

During the exile in Mexico, Fidel organized the revolution and met some of his future companions like Ernesto Guevara. The “Che” declared that he was fascinated by Castro’s charisma, so he decided to join the Cuban expedition. The revolution succeeded in 1959, thanks to the support of the population, as well as the clever use of the media.

Castro nationalized the foreign companies and properties on the island. This worsened the relations with the US, whose government imposed an economic embargo on Cuba. Fidel had to deal with the threat of an isolation of Cuba, so he decided to accept the protection of the Soviet Union.

However, the dissolution of the Soviet Union in 1989 marked the most difficult moment in the Cuban revolution. The end of the economic support offered by the Soviet Union, caused a deep economic crisis. In 1990, the Cuban government declared the beginning of a “Special period”, in which it would adopt a series of measures to assure decent living conditions to the population. The government also adopted measures that changed the economic system, allowing small private businesses and foreign investments.

Castro’s foreign policy focused on the support to the anti-colonial and revolutionary movements in developing countries. Cuba sent military consultants to many countries like Bolivia, Congo and Angola. However, Cuba also carried out humanitarian missions in the poorest countries, sending doctors and offering scholarships to young people unable to access to education in their countries.

Let’s focus now on the most controversial aspects of Castro’s domestic policy. The most criticized policies were the restrictions on private property, businesses and the lack of free elections (including the opposition forces). Many Cubans decided to leave the country in order to find a better standard of life abroad. In fact, the economic deprivation, mainly dependent on the embargo, is considerable. However, the Cuban system obtained great achievements in welfare. The National health service is excellent and completely free, as well as all levels of education. The crucial point is that Cuba is not a parliamentary and representative regime, it is a socialist regime. As a consequence, in Cuba there is only one party, and the elections are held in order to choose the members of an Assembly that makes political decisions without having the power of changing the socialist nature of the State.

To sum up, Castro changed the Cuban history and his revolution was an example for the people who fought against a colonial or neo-colonial regime. He showed them that it was possible to achieve independence and to find a National development strategy, not imposed by any other country. If many people did not share the communist ideals of Castro, the most of them recognized the efforts made by Cuba to gain its independence. Castro’s policy influenced the international stage. Even though he was widely criticized during his life, today the media are reconsidering part of his actions. After the death of the Cuban leader, we have to ask ourselves whether History absolved him from all the accusations or not.

L’incerto futuro delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti

AMERICHE/BreakingNews di

Negli ultimi due anni, le relazioni tra Cuba e Stati Uniti sono migliorate significativamente. L’amministrazione Obama ha condotto una serie di proficui negoziati nel corso dell’ultimo mandato presidenziale. I principali punti della politica estera del Presidente Barack Obama verso Cuba sono stati: la storica ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, gli sforzi per far cessare l’embargo economico e l’impegno a chiudere la prigione di Guantanamo. Tuttavia, questo periodo di riconciliazione tra i due Paesi è oggi minacciato dall’incertezza della posizione che assumerà al riguardo il prossimo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Cuba e Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche nel 1961, dopo che i rivoluzionari guidati da Fidel Castro presero il potere nel 1959. Tale decisione fu influenzata principalmente dal fatto che il nuovo governo cubano nazionalizzò tutte le imprese e proprietà statunitensi presenti sull’isola. Come conseguenza, dal 1960 il governo statunitense adottò progressive sanzioni economiche contro Cuba.

Nel 2014, dopo un periodo di negoziati bilaterali, Obama e Raúl Castro hanno annunciato la volontà di ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. In tale occasione i due leader hanno anche raggiunto un accordo per lo scambio di prigionieri. I negoziati sono stati incoraggiati da Papa Francesco.

Nell’aprile 2015, il Presidente Obama e Raúl Castro si sono incontrati al Summit delle Americhe di Panama. Per la prima volta dal 1961 i capi di Stato di Cuba e Stati Uniti hanno avuto modo di incontrarsi di persona. Infine, nel luglio 2015 Cuba e Stati Uniti hanno ripristinato le relazioni diplomatiche ed aperto ambasciate in entrambi i Paesi. Il riavvicinamento è stato poi coronato dalla visita formale di Obama a Cuba avvenuta nel marzo 2016.

Ciò nonostante, vi sono ancora dei problemi irrisolti tra i due Paesi. Il primo e più difficile problema da risolvere è senza dubbio l’embargo. Il blocco economico verso l’isola è stato parzialmente rimosso dall’amministrazione Obama, la quale ha ripristinato i voli commerciali tra i due Paesi, rimosso i divieti di viaggio, nonché le restrizioni sulle rimesse e i servizi bancari. Tuttavia, Obama non ha potuto abolire completamente l’embargo a causa dell’opposizione del Congresso, il quale deve necessariamente approvare la misura. Un altro problema irrisolto nei negoziati tra Stati Uniti e Cuba riguarda la prigione di Guantanamo. Il carcere è stato aperto nel 2002 su una porzione del territorio cubano, che era stato occupato dagli Stati Uniti fin dal 1903 come compenso per aver sostenuto Cuba nella guerra di indipendenza contro i coloni spagnoli. Cuba ha poi rivendicato il territorio di Guantanamo dal trionfo della rivoluzione. Obama ha promesso di chiudere la prigione di Guantanamo perché l’opinione pubblica e diverse organizzazioni hanno protestato per le violazioni di diritti umani che in essa avevano luogo. Nella prigione in questione, persone sospettate di terrorismo venivano incarcerate a seguito degli attacchi terroristici del 2001, senza avere accesso ad un giusto processo. Anche se Obama ha trasferito gran parte dei prigionieri in altri luoghi, assicurando il rispetto dei loro diritti, ad oggi non ha ancora potuto chiudere la prigione.

La recente elezione del Presidente Donald Trump, avvenuta l’8 di novembre, influenzerà molto probabilmente le relazioni tra i due Paesi. Anche se il modo in cui la situazione cambierà non è ancora sufficientemente chiaro. Trump, infatti, non ha espresso una chiara posizione sulla questione cubana, limitandosi a criticare l’accordo raggiunto da Obama con l’isola caraibica e sostenendo che tenterà di rinegoziare un nuovo accordo più vantaggioso. D’altro canto va menzionato il fatto che, durante la campagna elettorale, Trump è stato apertamente accusato di aver violato l’embargo economico contro Cuba alcuni anni fa, avendo inviato dei manager della sua società a Cuba per verificare se vi fossero condizioni per poter fare affari sull’isola.

Gli Stati Uniti cambiano direzione sotto la Presidenza Trump

AMERICHE di

L’8 di novembre il popolo statunitense ha eletto il repubblicano Donald Trump come prossimo Presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, i risultati elettorali hanno preso alla sprovvista quasi tutti. La vittoria di Donald Trump è stata assolutamente inaspettata, soprattutto perché i sondaggi avevano previsto il successo di Hillary Clinton. In ogni caso, i risultati elettorali mostrano un Paese profondamente diviso tra due opposte visioni dell’America e opposte idee sul ruolo che gli Stati Uniti dovrebbero svolgere sul piano delle relazioni internazionali. Per comprendere perché gli statunitensi hanno eletto Donald Trump a dispetto delle previsioni, sarà utile esaminare le sue proposte di politica interna oltre a quelle di politica estera.

La politica interna di Donald Trump può essere sintetizzata nello slogan “Make America great again”. Trump ha svolto la sua campagna elettorale concentrandosi sulla classe lavoratrice ed enfatizzando l’idea che l’America abbia un grande potenziale che non è stato a pieno utilizzato fin’ora. Secondo Trump, le ragioni di tale situazione sono da riscontrarsi nell’eccessivo sviluppo dell’economia finanziaria a scapito di quella reale. L’economia reale sostiene la crescita economica e rende possibile un miglioramento del benessere, mentre l’economia finanziaria è considerata responsabile della bolla immobiliare, che è esplosa nel 2007. Trump si è riferito ai suoi sostenitori definendoli un grande movimento, volenteroso di cambiare l’America. La sua retorica è stata considerata come populismo da gran parte del Paese, tuttavia la maggioranza ha visto in essa un modo per sentirsi in potere di cambiare le sorti dell’America. Secondo alcuni esperti, i votanti hanno preso posizione contro l’establishment. Il rifiuto della classe politica tradizionale non è un fenomeno isolato nello scenario internazionale come abbiamo potuto osservare in occasione del referendum sulla Brexit, oltre che nei recenti risultati elettorali in diversi Paesi europei. I principali strumenti per ridare grandezza all’America, secondo Trump, sono i tagli alle tasse per le imprese, misure più restrittive sull’immigrazione e leggi inflessibili contro criminali e terroristi. Il taglio delle tasse è pensato per sostenere la crescita economica aiutando le imprese a restare negli Stati Uniti invece di delocalizzare la produzione all’estero. La posizione di Trump sull’immigrazione è stata largamente criticata, poiché ha proposto di costruire un muro al confine con il Messico e di espellere tutti gli stranieri irregolari che risiedono negli Stati Uniti. Infine, la sua posizione sui criminali ed i terroristi è stata considerata razzista da gran parte dei cittadini americani. In particolare, Trump ha proposto di introdurre leggi stringenti e rafforzare i poteri della polizia per risolvere il problema della conflittualità razziale negli USA. Tuttavia, questo tipo di misure preoccupa la popolazione afroamericana che è stata protagonista di numerose proteste durante l’ultimo anno poiché si sente discriminata dalla polizia. La durezza della posizione di Donald Trump in merito alla questione razziale potrebbe portare ad incrementare la conflittualità già esistente tra il governo e le comunità afroamericane.

Passiamo ora ad analizzare la politica estera di Donald Trump. Il suo progetto può essere identificato nell’espressione “isolazionismo”. Per quanto riguarda le relazioni economiche con altri Paesi, Trump vorrebbe introdurre misure protezionistiche, poiché ritiene che i problemi economici degli USA siano principalmente dovuti al processo di globalizzazione. Non si tratta di una posizione isolata se pensiamo al Regno Unito che probabilmente negozierà l’uscita dal Mercato Unico Europeo. L’idea di focalizzarsi sui problemi interni degli USA, piuttosto che realizzare interventi militari in tutto il mondo, è l’argomento di politica estera che ha convinto maggiormente gli elettori. Gli statunitensi non comprendono le ragioni del consistente coinvolgimento degli USA in Medio Oriente come in altre parti del mondo, anche perché non percepiscono alcun vantaggio diretto da tali operazioni. Trump ha sostenuto, durante la sua campagna, che gli USA dovrebbero spendere meno soldi nel finanziare la NATO e gli interventi all’estero, concedendo maggiore indipendenza militare ai loro alleati ed usando il denaro per migliorare lo standard di vita americano. Tale isolazionismo in politica estera porta ad alcune importanti conseguenze. In primo luogo, le relazioni con l’UE cambieranno, in campo militare ma anche nel settore economico. Infatti, Trump ha espresso la sua opposizione al Trattato di Partenariato Transatlantico sul commercio e gli investimenti, che dovrebbe essere firmato tra l’UE e gli USA. Ciò nonostante, il più importante cambio nelle relazioni internazionali sarebbe dato da un mutamento di attitudine verso la Russia. Dal canto suo, il Presidente Putin ha subito espresso la sua volontà di ripristinare relazioni amichevoli con gli Stati Uniti. La principale conseguenza di una riconciliazione tra gli USA e la Russia sarebbe un possibile accordo sulle crisi in Siria ed in Ucraina. La stabilizzazione del Medio Oriente, oltre alla soluzione della crisi in Ucraina, allontanerebbe la minaccia di uno scontro diretto tra Russia e Stati Uniti. D’altro canto, le future relazioni con la Cina sono incerte. Trump ha fatto alcune dichiarazioni contro la strategia economica cinese ed ha espresso la volontà di essere più economicamente indipendente dalla Cina. Tuttavia, dobbiamo tenere a mente che la Cina possiede la maggior parte del debito statunitense. Un altro aspetto della politica estera di Trump, in grado di influenzare tutto il mondo, è la scelta di rispettare o meno l’accordo sul cambio climatico negoziato a Parigi lo scorso anno ed entrato in vigore pochi giorni fa. Infine, non è chiaro se Trump proseguirà nella riconciliazione con l’Iran e se rispetterà l’accordo sul nucleare concluso lo scorso anno con tale Paese.

In conclusione, è ancora troppo presto per fare previsioni su come gli Stati Uniti e le loro relazioni con il resto del mondo cambieranno. La questione dipende fondamentalmente dal fatto che Trump  rispetti o meno il programma elettorale. Secondo le sue prime dichiarazioni, tuttavia, sembra che l’intenzione sia quella di moderare alcuni punti controversi del programma elettorale (si veda la posizione sulla questione razziale, sugli omosessuali e sui musulmani). Trump ha annunciato la volontà di collaborare con l’amministrazione Obama per preservare le maggiori conquiste ottenute negli ultimi 8 anni. Obama, da parte sua, ha manifestato il proprio sostegno al nuovo Presidente ed ha dichiarato che farà tutto il necessario per aiutarlo a svolgere in modo soddisfacente il proprio mandato.

America’s new direction under President Trump

Americas di

On the 8th of November the American people elected the republican Donald Trump as the next President of the United States. However, the election results took almost everyone by surprise. In fact, the victory of Donald Trump was absolutely unexpected, mainly because of the polls that had predicted the success of Hillary Clinton. In any case, the election results show a deeply divided country between two completely different visions of America and opposite ideas of the US role on the international stage. In order to understand why Americans elected Donald Trump in spite of predictions, it will be useful to examine his domestic policy proposals as well as his foreign policy goals.

Donald Trump’s domestic policy can be summarized by the slogan “Make America great again”. He ran his campaign focusing on the American working class and emphasizing the idea that America has a great potential that has not been put into practice so far. The reasons, according to Trump, can be found in an excessive privilege of the financial economy at the expense of real economy. Real economy boosts the economic growth and makes it possible to achieve prosperity, while financial economy is considered responsible for the housing bubble, burst in 2007. Trump referred to his sustainers as a great movement willing to change America. His rhetoric has been considered as populism by a large part of the country, but the majority of the population saw in it a way to feel they had the power to change the direction of America. According to some experts the voters took a stand against the establishment. The refusal of the traditional political class is not something isolated in the international stage as we could see in June the Brexit referendum, as well as the recent electoral results in many European countries. The main tools to make America great again, in Trump’s opinion, are a tax cut for companies, more restrictive rules on migration and inflexible laws for criminals and terrorists. The tax cut is thought to sustain the economic growth by helping companies to remain in the US instead of delocalizing their production abroad. Trump’s position on migration has been largely criticized, because he proposed to build up a wall at the Mexican border and to expel all irregular foreigners living in the US. Finally, his position about criminals and terrorists has been considered racist by a large part of the US citizens. In particular, he proposed to introduce strict laws to solve the racial issue in the US, but this kind of measure alarmed the Afro-American population that has been protagonist of many protests during the last year, because they feel discriminated by the police. The rigidity of Donald Trump about the race issue is going to cause even more friction between the government and the Afro-American communities in the country.

Let’s now focus on Donald Trump’s foreign policy. His project can be identified by the word “isolationism”. As regards the economic relations with other countries he would like to introduce protectionist measures, because he thinks that the economic problems of the US are mainly due to the globalization process. This is not an isolated position if we look at the United Kingdom which will probably get out of the EU single market. The idea of focusing on America’s problems rather than carrying out military interventions worldwide is the argument that convinced voters. Americans do not understand the reasons of the great involvement of the US in the Middle East as well as in other parts of the world, as they are not achieving any advantage from that interventions. Trump argued, during his campaign, that the US should spend less money on NATO and interventions abroad, giving more military independence to their allies and using all the money to improve Americans’ standard of life. This isolationism in foreign policy leads to some important consequences. Firstly, the relations with the EU is going to change, in the military field as well as in the economic sector. In fact, Trump expressed his opposition to the Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership which should be signed by the US and the EU. Nevertheless, the most important change in international relations would be a change of attitude towards Russia. For his part, President Putin expressed his willing to restore peaceful relations with the US. The main consequence of a reconciliation between the US and Russia would possibly be an agreement on the Syrian and Ukrainian crises. The stabilization of the Middle East as well as the solution of the Ukrainian crisis would remove the threat of a direct confrontation between Russia and the US. On the other hand, the future relations with China are uncertain. Trump made some declarations against China’s economic strategy and he expressed the will to be economically more independent from China. However, we should bear in mind that China possesses the major part of US external debt. Another aspect of Trump’s foreign policy, which would affect the entire world, is whether he will decide to respect or not the agreement on climate change negotiated in Paris the last year and entered into force few days ago. Finally, it is not clear if Trump will continue the reconciliation with Iran, and if he would respect the nuclear deal with that country.

In conclusion, it is too soon to make predictions about how America and its relations with the rest of the world will change. It mainly depends on whether Trump will respect his electoral program or not. According to his first public declarations he is probably going to moderate some points of his electoral program (in particular his positions about race, gays, Muslims etc. ). Trump announced his will to cooperate with Obama’s administration in order to preserve the most important achievements that have been reached over the last 8 years. Obama, for his part, expressed his support to the new President in order to allow him to succeed in his mandate.

 

 

The uncertain future of the relations between Cuba and the US

Americas/Politics di

Over the last two years, the relations between Cuba and the US have improved significantly. Obama’s administration carried out a great negotiation process through the last presidential mandate. The major points of Obama’s foreign policy towards Cuba have been the restore of diplomatic ties, the efforts to lift the embargo and the fight to close the Guantanamo prison. However, this period of reconciliation between the two countries is now threatened by the uncertain position that will assume the next President of the US, Donald Trump.

Cuba and the US severed diplomatic ties in 1961, after the revolutionaries headed by Fidel Castro took the power in 1959. The main reason of this choice was the fact that the new Cuban government nationalized all the US Companies and properties on the island. As a consequence, since 1960 the  US government imposed progressive economic sanctions on Cuba.

In 2014, after a period of bilateral talks, Obama and Raúl Castro announced that the two countries would restore diplomatic relations. In that occasion they reached an agreement on a prisoner swap. The peace talks were encouraged by Pope Francis.

In April 2015, President Obama and Raúl Castro met at the Summit of the Americas in Panama. It was the first time the leaders of the two countries met since 1961. Finally, in July 2015 Cuba and the US succeeded in restoring diplomatic ties, and embassies were opened in both countries. The reconciliation was accomplished when Obama visited Cuba in March 2016.

Nevertheless, there are some unsolved problems between the two countries. The first and the most difficult to solve is the embargo. The embargo has been partially lifted by Obama’s administration, by restoring commercial flights between the two countries, removing travel bans as well as restrictions on remittances and bank services. However, Obama couldn’t lift the embargo in a definitive way because of the opposition of the US Congress, which has to express its approval on the measure. Another unsolved problem of the negotiations with Cuba is the Guantanamo prison. The prison was opened in 2002 on a piece of territory of the Cuban island, which was taken by the US as a compensation in 1903 since they sustained Cuba in its independence war against Spanish colons. Cuba claims that territory since the revolution succeeded. Obama promised to close the prison in Guantanamo, because the public opinion and many organizations protested for the violations of human rights that were committed in it. In that prison, people suspected of terrorism were detained after the terrorist attacks of 2001, without having access to a fair trial. Even though Obama transferred most of the prisoners to other places, assuring the respect of their rights, he couldn’t close the prison so far.

The recent election of President Donald Trump on the 8th of November is probably going to affect the relations between the two countries. However, the way in which the situation will change is not clear enough. In fact, Trump didn’t express a clear position on Cuba. He just said few things about the relations with the Caribbean country. He criticized the agreement reached by Obama, saying that he would probably renegotiate a more advantageous deal. But at the same time he was accused, during the presidential campaign, of violating the embargo some years ago by sending executives of his Company to Cuba in order to find out if it was possible to do business on the island.

L’incerto futuro delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti

AMERICHE di

Negli ultimi due anni, le relazioni tra Cuba e Stati Uniti sono migliorate significativamente. L’amministrazione Obama ha condotto una serie di proficui negoziati nel corso dell’ultimo mandato presidenziale. I principali punti della politica estera del Presidente Barack Obama verso Cuba sono stati: la storica ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, gli sforzi per far cessare l’embargo economico e l’impegno a chiudere la prigione di Guantanamo. Tuttavia, questo periodo di riconciliazione tra i due Paesi è oggi minacciato dall’incertezza della posizione che assumerà al riguardo il prossimo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Cuba e Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche nel 1961, dopo che i rivoluzionari guidati da Fidel Castro presero il potere nel 1959. Tale decisione fu influenzata principalmente dal fatto che il nuovo governo cubano nazionalizzò tutte le imprese e proprietà statunitensi presenti sull’isola. Come conseguenza, dal 1960 il governo statunitense adottò progressive sanzioni economiche contro Cuba.

Nel 2014, dopo un periodo di negoziati bilaterali, Obama e Raúl Castro hanno annunciato la volontà di ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. In tale occasione i due leader hanno anche raggiunto un accordo per lo scambio di prigionieri. I negoziati sono stati incoraggiati da Papa Francesco.

Nell’aprile 2015, il Presidente Obama e Raúl Castro si sono incontrati al Summit delle Americhe di Panama. Per la prima volta dal 1961 i capi di Stato di Cuba e Stati Uniti hanno avuto modo di incontrarsi di persona. Infine, nel luglio 2015 Cuba e Stati Uniti hanno ripristinato le relazioni diplomatiche ed aperto ambasciate in entrambi i Paesi. Il riavvicinamento è stato poi coronato dalla visita formale di Obama a Cuba avvenuta nel marzo 2016.

Ciò nonostante, vi sono ancora dei problemi irrisolti tra i due Paesi. Il primo e più difficile problema da risolvere è senza dubbio l’embargo. Il blocco economico verso l’isola è stato parzialmente rimosso dall’amministrazione Obama, la quale ha ripristinato i voli commerciali tra i due Paesi, rimosso i divieti di viaggio, nonché le restrizioni sulle rimesse e i servizi bancari. Tuttavia, Obama non ha potuto abolire completamente l’embargo a causa dell’opposizione del Congresso, il quale deve necessariamente approvare la misura. Un altro problema irrisolto nei negoziati tra Stati Uniti e Cuba riguarda la prigione di Guantanamo. Il carcere è stato aperto nel 2002 su una porzione del territorio cubano, che era stato occupato dagli Stati Uniti fin dal 1903 come compenso per aver sostenuto Cuba nella guerra di indipendenza contro i coloni spagnoli. Cuba ha poi rivendicato il territorio di Guantanamo dal trionfo della rivoluzione. Obama ha promesso di chiudere la prigione di Guantanamo perché l’opinione pubblica e diverse organizzazioni hanno protestato per le violazioni di diritti umani che in essa avevano luogo. Nella prigione in questione, persone sospettate di terrorismo venivano incarcerate a seguito degli attacchi terroristici del 2001, senza avere accesso ad un giusto processo. Anche se Obama ha trasferito gran parte dei prigionieri in altri luoghi, assicurando il rispetto dei loro diritti, ad oggi non ha ancora potuto chiudere la prigione.

La recente elezione del Presidente Donald Trump, avvenuta l’8 di novembre, influenzerà molto probabilmente le relazioni tra i due Paesi. Anche se il modo in cui la situazione cambierà non è ancora sufficientemente chiaro. Trump, infatti, non ha espresso una chiara posizione sulla questione cubana, limitandosi a criticare l’accordo raggiunto da Obama con l’isola caraibica e sostenendo che tenterà di rinegoziare un nuovo accordo più vantaggioso. D’altro canto va menzionato il fatto che, durante la campagna elettorale, Trump è stato apertamente accusato di aver violato l’embargo economico contro Cuba alcuni anni fa, avendo inviato dei manager della sua società a Cuba per verificare se vi fossero condizioni per poter fare affari sull’isola.

 

 

L’incontro tra Obama e Renzi alla Casa Bianca

AMERICHE di

 

Il 18 ottobre il Presidente statunitense Barack Obama ha ricevuto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Washington. L’incontro è iniziato con una cerimonia alla Casa Bianca ed un discorso pubblico di entrambi i leader. In seguito, Obama ha invitato Renzi ed altre importanti personalità italiane, all’ultima cena di Stato organizzata dalla sua amministrazione presso la Casa Bianca.

I due leader hanno espresso la volontà di rafforzare l’alleanza e la cooperazione in atto tra i due Paesi. L’Italia è infatti uno dei maggiori sostenitori in Europa degli accordi di libero scambio promossi dagli Stati Uniti e dal Canada, rispettivamente il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) e l’Accordo economico e commerciale globale (CETA). In cambio, gli Stati Uniti hanno sostenuto la posizione italiana sulla crisi migratoria, affermando che i Paesi dell’Unione Europea dovrebbero condividere gli oneri derivanti dalla crisi in questione.

Inoltre, Obama ha espresso il suo sostegno alle riforme promosse dall’Italia ed ha, invece, criticato le politiche di austerity intraprese dalle istituzioni dell’Unione Europea. Il Presidente statunitense ha affermato che le misure economiche espansive adottate dal suo Paese in occasione della crisi del 2007 hanno ottenuto importanti successi nel permettere agli USA di superare la crisi economica. Al contrario, le misure economiche restrittive poste in essere dall’Europa hanno portato ad una lunga recessione e a gravi problemi sociali come la diffusa disoccupazione. Inoltre, Obama ha messo in guardia l’Europa sul fatto che la lunga crisi economica unita all’alto livello di disoccupazione hanno creato le condizioni per l’affermazione di movimenti populisti in numerosi Paesi.

Indubbiamente, gli Stati Uniti considerano l’Italia un importante membro della NATO ed un interlocutore privilegiato in Europa. Renzi, da parte sua, ha assicurato l’impegno italiano a sostenere la coalizione internazionale impegnata in Medio Oriente contro l’ISIS. Ricordiamo, inoltre, che l’Italia ha concesso agli Stati Uniti di utilizzare le proprie basi militari per portare a termine i raid aerei in Libia e che pochi giorni fa il governo italiano ha accettato di partecipare ad una missione NATO nell’Est Europa.

Infine, è importante evidenziare che l’incontro si è svolto a circa due mesi dal referendum costituzionale italiano promosso da Matteo Renzi. Per quanto riguarda il referendum fissato per il 4 dicembre prossimo, il Presidente Obama ha espresso il suo sostegno alle riforme costituzionali, così come aveva già fatto prima di lui l’Ambasciatore statunitense in Italia. Se da un lato tale sostegno ha rafforzato la credibilità internazionale del governo Renzi, dall’altro la presa di posizione degli Stati Uniti sulla riforma costituzionale ha provocato numerose critiche in Italia. Infatti, diversi partiti politici che si oppongono alla riforma, hanno definito la posizione statunitense come un’indebita ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano.

 

The meeting between Obama and Renzi at the White House

Americas/Politics di

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On the 18th of October, President Barack Obama met the Italian Prime Minister Matteo Renzi in Washington. The meeting started with a ceremony at the White House and a public speech of both leaders. After that, Obama hosted Renzi and other important Italian personalities for the last state dinner at the White House.

The two leaders strengthened their alliance and cooperation. Italy has been in Europe one of the major supporters of the free trade agreements proposed by the US and Canada, the Transatlantic Trade and Investment partnership (TTIP) and the Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA). In exchange, the U.S. has supported the Italian position on the migratory crisis, arguing that EU countries should share responsibilities.

Moreover, Obama expressed its support to Italian reforms and criticized the economic policies of austerity undertaken by the EU institutions. The US President argued that the expansive economic measures adopted by his country in response to the crisis of 2007 were successfully implemented and the US recovered from the crisis. Conversely, the restrictive economic measures carried out by the EU authorities led to a long economic recession and social problems such as unemployment. In addition to that, Obama warned EU about the fact that the long economic crisis as well as the high level of unemployment have created the conditions for the birth of populism in many countries.

Undoubtedly, the US considers Italy as an important member of NATO alliance and a privileged interlocutor in the EU. Renzi, in his speech, assured the commitment of Italy in supporting the international coalition fighting in the Middle East against ISIS. Italy also allowed the U.S. to use Italian military bases to carry out air strikes in Libya, and few days ago the government accepted to participate to a NATO force in Eastern Europe.

Finally, it is also important to remark that the meeting took place approximately two months before the Italian constitutional referendum promoted by Matteo Renzi. As regards the referendum scheduled for the 4th of December, President Obama expressed his support for the constitutional reforms, as the US Ambassador in Italy did before him. On the one hand this support from the US strengthened the credibility of Renzi’s government on the international stage, but on the other hand the official stance of the US on the Italian referendum provoked criticism in Italy. In fact, many political parties against the constitutional reform defined the U.S. position as an interference in the domestic jurisdiction of a sovereign state.

Hillary Clinton vince il primo dibattito presidenziale

AMERICHE/POLITICA di

Il primo dibattito presidenziale tra Hillary Clinton e Donald Trump si è svolto il 26 settembre all’Hofstra University di Hempstead, New York, a partire dalle 9 di sera. La candidata democratica Hillary Clinton ed il repubblicano Donald Trump si sono sfidati in un acceso dibattito su importati temi di politica interna ed estera. Questo primo dibattito ha rappresentato per gli statunitensi l’opportunità di conoscere meglio le proposte politiche e la personalità dei due candidati alla Casa Bianca. Le elezioni presidenziali sono programmate per il prossimo 8 novembre ed il consenso verso i due candidati dipenderà in parte dalla loro performance nel corso dei tre dibattiti in programma.

Il dibattito è durato 90 minuti ed è stato suddiviso in tre principali aree tematiche: la prosperità, la direzione che seguirà il Paese e la sicurezza. Per quanto riguarda la prima area tematica, i candidati sono stati invitati ad esprimere la loro posizione sul tema del lavoro. Clinton ha proposto al riguardo di creare un’economia che sia in grado di avvantaggiare tutte le classi sociali e non soltanto i più ricchi. L’idea è creare nuovi posti di lavoro investendo in infrastrutture, innovazione, tecnologia, energie rinnovabili e piccole imprese. Inoltre, Hillary ha sostenuto la necessità di rendere la società più equa alzando il salario minimo, promuovendo il diritto alla retribuzione dei giorni di malattia, i permessi familiari retribuiti e l’università gratuita. D’altra parte, Donald Trump ha sostenuto che il principale problema relativo al lavoro negli Stati Uniti è la fuga delle imprese all’estero. Ciò si verifica a causa delle tasse elevate che le imprese pagano nel Paese. Successivamente, ai due candidati è stato chiesto di esporre i loro programmi relativamente alla tassazione. Donald Trump ha quindi proposto di tagliare le imposte alle imprese in modo consistente dal 35% al 15%, in modo da attrarre imprese nel Paese e creare nuovi posti di lavoro. La Clinton, invece, ha espresso una visione opposta sul prelievo fiscale, affermando che il suo programma prevede un incremento delle imposte sulle classi abbienti ed una riduzione delle imposte per le piccole imprese e le classi sociali più svantaggiate. Il suo scopo è permettere l’affermarsi di una più consistente classe media e ridurre le disuguaglianze. A questo punto del dibattito, è stata sollevata la questione della mancata pubblicazione da parte di Trump delle imposte da lui pagate. Pur non trattandosi di un obbligo, i precedenti Presidenti degli Stati Uniti hanno adottato una prassi relativa alla pubblicazione dei documenti relativi al pagamento delle imposte, in modo da dare prova della loro correttezza di fronte agli elettori. Trump ha risposto all’accusa affermando che renderà noti tali documenti quando Hillary pubblicherà le sue email.

Con riferimento alla seconda area tematica, i due candidati sono stati interrogati sulla delicata questione razziale esistente nel Paese. Hillary Clinton ha evidenziato come la prima sfida sarà ristabilire fiducia tra le collettività statunitensi e la polizia. Tale sfida richiede, a suo avviso, una riforma della giustizia e l’introduzione di restrizioni al possesso di armi. Diversamente, Trump ha affermato la necessità di ristabilire legge ed ordine rafforzando i poteri della polizia e promuovendo metodi come lo “Stop and frisk”. Si tratta di una pratica usata dalla polizia che consiste nel fermare persone ritenute sospette e sottoporle a perquisizione. Tuttavia, la Clinton ha ricordato che tale metodo è stato dichiarato incostituzionale.

In relazione alla terza area tematica, relativa alla sicurezza, i candidati hanno affrontato il tema degli attacchi informatici diretti a sottrarre informazioni riservate al Paese. La Clinton ha evidenziato come la sicurezza informatica sarà una priorità per il prossimo Presidente degli Stati Uniti ed ha accusato espressamente la Russia di essere responsabile di un recente attacco informatico. Trump, invece, ha chiarito che non è stata provata la responsabilità della Russia nell’attacco, che potrebbe esser stato orchestrato da un altro Paese. Successivamente, é stato approfondito il tema dell’home grown terrorism e dell’ISIS. Anche su questo punto i candidati hanno espresso posizioni diverse. Trump ha sostenuto che la nascita dell’ISIS è stata il prodotto dei maldestri interventi in Medio Oriente realizzati dai precedenti governi USA. Ha, inoltre, criticato una politica estera fondata sugli interventi militari all’estero e l’alleanza della NATO, considerata un peso economico considerevole per il Paese. D’altra parte Hillary Clinton ha espresso il proprio supporto alla politica estera del Presidente Obama, ricordando che sono state ottenute importanti vittorie senza l’uso delle armi, come l’accordo con l’Iran. Ha inoltre ricordato l’importanza della NATO per garantire la sicurezza degli Stati Uniti, così come la validità degli altri trattati internazionali stipulati dagli USA con i suoi alleati.

Una volta conclusosi il dibattito, un sondaggio ha rilevato che il 62% dei telespettatori ha preferito Hillary Clinton, mentre solo un 27% ha votato per Donald Trump. Hillary Clinton è apparsa al pubblico molto più preparata sul programma politico ed allo stesso tempo ha saputo gestire gli attacchi rivolti contro la sua persona da Trump sorridendo e mantenendo la calma nelle risposte. Al contrario, Trump ha reagito alle provocazioni di Hillary Clinton in modo più spontaneo ed irrequieto, arrivando anche ad alzare il tono della voce. I prossimi dibattiti tra i due candidati, in programma per il 9 ed il 19 di ottobre, saranno fondamentali per capire chi sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti.

Elena Saroni
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