Lo scontro tra Donald Trump e Elon Musk ha ormai assunto i contorni di una faida epocale. Un tempo alleati, il presidente degli Stati Uniti e l’imprenditore più ricco del mondo si stanno affrontando pubblicamente in un conflitto che rischia di destabilizzare profondamente il panorama politico, economico e istituzionale americano.
Tutto è iniziato con un dissenso sulla nuova legge di spesa federale, il cosiddetto Big Beautiful Bill, che Musk ha bollato come disastro per il debito pubblico. Trump, risentito, ha reagito in un contesto ufficiale affermando di sentirsi “deluso” da Musk, ricordando quanto lo abbia aiutato. La replica di Musk su X non si è fatta attendere: “Senza di me, Trump avrebbe perso. Ingrato”.
Ma il confronto ha presto travalicato i confini del dissenso politico. Musk ha insinuato pubblicamente che Trump sarebbe coinvolto nei “Epstein files”, i documenti riservati legati al finanziere accusato di pedofilia. Una mossa gravissima, che ha acceso i riflettori su un possibile terremoto politico e giudiziario. A peggiorare la situazione, Musk ha rilanciato un vecchio video che ritrae Trump ed Epstein insieme durante una festa.
La risposta della Casa Bianca tarda ad arrivare, ma Trump ha già alzato il tiro: su Truth Social ha minacciato di interrompere tutti i contratti e i sussidi governativi a favore delle aziende di Musk, definendolo un beneficiario ingiustificato di fondi pubblici. Le parole del presidente hanno avuto un impatto immediato: il titolo Tesla ha perso decine di miliardi di dollari in capitalizzazione in poche ore, e anche SpaceX e Neuralink sono in allerta per le possibili ripercussioni governative.
Nel frattempo, Musk ha rilanciato un sondaggio su X in cui propone la nascita di un nuovo partito politico che rappresenti “l’80% degli americani nel mezzo”, suggerendo un possibile ingresso diretto nell’arena politica e una sfida esplicita alla leadership di Trump nel fronte conservatore.
Il momento è delicato anche sul piano internazionale. Trump ha appena reintrodotto restrizioni ai visti per studenti e cittadini provenienti da Paesi africani e musulmani, suscitando proteste in importanti università statunitensi. Sul fronte cinese, dopo un colloquio telefonico con Xi Jinping, Trump ha parlato di dialogo produttivo, ma Pechino ha smentito il clima disteso e chiesto la rimozione delle misure punitive americane. In Ucraina, il presidente ha sorpreso tutti dichiarando che la guerra potrebbe continuare ancora a lungo, smentendo la promessa elettorale di porvi fine in tempi brevi.
Nel pieno della crisi, Steve Bannon — stratega politico di lunga data — ha chiesto indagini federali su Musk e la sospensione immediata di tutti i rapporti tra le sue aziende e il governo federale.
Al di là del duello personale, questa crisi sembra segnare una frattura più profonda: non si tratta più di un’alternanza politica tra opposti, ma di una rottura sistemica. La fine dell’alleanza Trump-Musk potrebbe segnare il fallimento dell’illusione di un potere assoluto in grado di governare tramite la fusione tra politica e denaro.
Ora che quell’equilibrio si è spezzato, il rischio è che a pagarne le conseguenze non siano solo i due protagonisti, ma l’intera nazione.