Si è tenuto nella capitale saudita Riyadh domenica scorsa il 39° vertice del GCC (Gulf Cooperation Council),l’organizzazione inter-governativa che riunisce sei paesi esportatori di petrolio nel Medio Oriente.
Fondata nel 1981 proprio a Riyadh, quest’alleanza politica ed economica vede i suoi stati membri (Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti-EAU, Oman e Bahrein) attivi nel promuovere la cooperazione e l’unità all’interno della regione, perseguendo obiettivi comuni e tutelando i valori culturali e identitari del mondo islamico. Essa mira, dunque, a rafforzare i rapporti tra i paesi membri a livello politico, economico, culturale e militare. Il GCC possiede, infatti, un consiglio per la pianificazione della difesa, che coordina la cooperazione militare tra i sei paesi.
L’armonia del gruppo si rompe, però, nel giugno del 2017, quando il “quartetto arabo” composto da Arabia Saudita, Egitto, EAU e Bahrain accusa pubblicamente il Qatar di sostenere e finanziare gruppi terroristici. Vengono, così, rotte le relazioni diplomatiche con il paese e imposti embarghi aerei, navali e terrestri.
Ciò non solo ha compromesso le relazioni tra i paesi indicati, ma anche il ruolo stesso del GCC. La sua credibilità come organizzazione compatta e portavoce degli interessi della regione viene inevitabilmente messa in discussione, così come la capacità di garantire effettivamente l’unità , la sicurezza e l’armonia nella regione.
Ad oggi, infatti, le tensioni rimangono alte –anche a seguito della decisione del Qatar di ritirarsi dall’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio — e il summit tenutosi a Riyadh ne è ulteriore conferma.
Non passa inosservata l’assenza di Tamim bin Hamad Al-Thani, emiro del Qatar, che invia, invece, il Ministro degli Esteri del paese. Pronta la reazione del Ministro degli Esteri del Kuwait, Sheikh Khalid bin Ahmed Al-Khalifa che in un post su twitter critica l’assenza dell’emiro al summit.
Nonostante la tensione latente, il summit si svolge all’insegna degli obiettivi dell’alleanza, affrontando, quindi, temi legati alla sicurezza della regione, alle dinamiche sociali, economiche e politiche.
Ad apertura dei lavori, il re saudita sottolinea la necessità di una maggiore cooperazione per la stabilità e la sicurezza regionale. “The region goes through challenges, terrorism, and the Iranian threat which meddles in the affairs of our countries, I urge everyone to work cooperatively to create stability in the region and abroad,” afferma il monarca saudita, che esorta anche il raggiungimento di una soluzione politica in Yemen. Da anni, infatti, una guerra civile logora il paese, alimentando instabilità nella regione mediorientale e antagonismi tra le potenze regionali e mondiali.
Sul tavolo dei lavori anche la Palestina, che rimane una della top-priority dell’organizzazione, e l’Iran, percepito tutt’ora come una minaccia per le monarchie e l’equilibrio regionale.
Tuttavia, una delle sfide maggiori che il GCC al momento si trova ad affrontare è il proprio scisma interno, con Arabia Saudita, Bahrein, EAU apertamente schierati contro il Qatar, mentre Kuwait e Oman continuano dichiararsi neutrali alle dispute. È proprio l’emiro del Kuwait, Sheikh Sabah Al Ahmad, a sottolinearlo, facendo appello agli stati membri per rafforzare l’unità e la cooperazione all’interno dell’alleanza, preservandone, così, la posizione e il ruolo, e salvaguardando gli interessi dei popoli.
Vediamo, dunque, i sette step elencati nella Dichiarazione di Riyadh, redatta a fine convegno, necessari per portare avanti gli obiettivi dell’alleanza.
1. Integrazione. Viene stabilito lo sviluppo di una road map, che includa l’attivazione delle procedure necessarie per raggiungere gli obiettivi di integrazione tra i paesi del GCC e creare un quadro di riferimento per le relazioni di questi con la comunità internazionale. L’integrazione è intesa qui a molteplici livelli: si va dall’armonizzare le riforme economiche nei paesi del GCC, a rafforzare la sicurezza e la stabilità della regione, a migliorare le performance del Consiglio stesso e consolidare il suo ruolo sia a livello regionale che internazionale.
2. Rispetto delle tempistiche per l’attuazione delle riforme economiche. I paesi del GCC hanno aderito ad un piano per il raggiungimento dell’integrazione economica tra gli stati membri: il Consiglio rinnova l’importanza di rispettare tali tempistiche, soprattutto nell’ottica di creare condizioni favorevoli ad un mercato “del Golfo” e una sorta di unione doganale.
3. Difesa collettiva. Durante il vertice, gli stati membri nominano il comandante del comando militare unificato del GCC, un passo importante per la formazione di un sistema di difesa collettivo. Vengono, inoltre, date direttive al fine di accelerare le procedure per l’attivazione di questo comando e per la fondazione della Gulf Academy of Strategic and Security Studies, al fine di conferire al comando solide basi e formare una classe militare “del Golfo” qualificata.
4. Sicurezza. Enfatizzata l’importanza del GCC per mantenere la sicurezza e la stabilità della regione, combattere le organizzazioni terroristiche e le ideologie estremiste, attraverso la promozione dei valori di tolleranza, pluralismo e giustizia, fondamento della religione islamica e della tradizione araba.
5. Politica estera unificata. I leader dei sei paesi sottolineano l’importanza dell’unità nella politica estera, basando le scelte sullo Statuto del Consiglio e lavorando al fine di preservare gli interessi regionali ed evitare conflitti locali e internazionali. In questa sede viene rinnovato il supporto alla causa palestinese e l’impegno ad aiutare i “fratelli” in Yemen e altri paesi Arabi per ottenere pace, prosperità e sicurezza nei rispettivi paesi.
6. Rafforzare partnership strategiche. Nel contesto odierno diviene essenziale rafforzare le partnership strategiche, a livello economico, culturale, militare e politico, non soltanto tra i membri del GCC ma anche tra questi e le nazioni amiche, nonché i diversi blocchi regionali. I vertici del GCC rinnovano, dunque, il proprio impegno ad assistere i paesi amici, attraverso programmi umanitari e di sviluppo.
7. Mantenere gli obiettivi raggiunti dal Consiglio. In un periodo in cui la credibilità del GCC viene messa in dubbio, i leader dei paesi membri riaffermano, invece, il valore degli obiettivi ad oggi raggiunti, la necessità di preservare gli stessi e di continuare ad promuovere progetti volti a raggiungere gli scopi dell’organizzazione.
Sebbene il vertice sia stato valutato in linea di massima positivamente, come sostenuto dall’emiro del Kuwait, il maggiore ostacolo al raggiungimento di questi obiettivi del GCC è lo scisma all’interno del gruppo. Allo stato attuale, non si intravedono, infatti, basi concrete per un miglioramento della situazione.
In occasione di un evento presso il Council of Foreign Relations, think tank americano, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, vice primo ministro e Ministro degli Affari Esteri del Qatar, ha espresso pareri poco positivi circa possibilità che il GCC continui a svolgere il ruolo di blocco unitario che aveva guadagnato negli anni. “When the GCC crisis started and they started—they enforced the blockade on Qatar, it changed everything. It changed the perspective on the eyes of the people. It changed their perspective in the eyes of the international community and it shows—it showed that how the GCC became an ineffective tool even to resolve its own problem because otherwise we wouldn’t reach to such a level of tension”.
Dall’altro lato, EAU e Arabia Saudita rimangono fermi sulle proprie posizioni. La recente uscita del Qatar dall’OPEC poco aiuta a rassicurare gli animi. Al di là dell’aspetto economico – la possibilità di aumentare la produzione di grezzo senza le restrizioni imposte dall’Organizzazione (per quanto il paese abbia dichiarato di voler investire maggiormente nella produzione di gas naturale, passando dai 77 milioni di tonnellate odierne ai 110 milioni all’anno) – la scelta della monarchia viene vista come una sfida al ruolo predominante dell’Arabia Saudita e, dunque, un tentativo di cambiare gli equilibri dello scacchiere geopolitico mediorientale.
Il tutto in una regione dove l’Iran continua ad essere un fattore destabilizzante, la guerra civile in Siria è ben lontana da una soluzione, il conflitto arabo-israeliano è ancora vivo, la proliferazione dei gruppi terroristici non si arresta e gli interessi in gioco sono alti.
Sebbene il GCC poteva –e potenzialmente potrebbe- essere quell’attore capace di garantire ordine e sicurezza nella regione, la strada per raggiungere effettivamente questo traguardo sembrerebbe ben più lunga e impervia di quanto i leader arabi abbiano delineato domenica. Per dare stabilità ad una regione caratterizzata da conflitti, lotte per l’egemonia, differenze culturali e religiose, serve in primis unità interna di chi voglia farsi portavoce di questo cambiamento. Forse, tra i punti della dichiarazione, sarebbe dovuto comparire un “solve our internal schism first”…
Paola Fratantoni