Egitto, una prigione a cielo aperto

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In Egitto le autorità fanno ricorso a torture, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali e ogni tipo di maltrattamento. Vengono colpite persone critiche verso il governo, manifestanti pacifici, giornalisti, difensori dei diritti umani e personale delle ONG con interrogatori, divieti di viaggio, congelamento dei beni, detenzioni arbitrarie e processi gravemente iniqui. Recentemente Amnesty International ha chiesto l’immediata e incondizionata scarcerazione di tutte le persone imprigionate in Egitto per aver espresso pacificamente le loro opinioni poiché al crescente malcontento per la situazione economica e politica, il governo sta rispondendo con un giro di vite di una gravità senza precedenti. Dal dicembre 2017 Amnesty International ha documentato i casi di almeno 111 persone arrestate dai servizi di sicurezza solo per aver criticato il presidente al-Sisi e la situazione dei diritti umani nel paese mentre almeno 35 persone sono state arrestate per accuse quali “manifestazione non autorizzata” e “adesione a un gruppo terroristico” per aver preso parte a una piccola protesta pacifica contro l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana. Tra le persone perseguitate vi sono anche autori comici e di satira che sono  stati arrestati dopo aver pubblicato online commenti spiritosi e che dovranno rispondere delle accuse di “violazione della pubblica decenza” o di altre imputazioni definite in modo vago. Tra aprile e settembre 2017, le forze di sicurezza hanno arrestato almeno 240 attivisti politici e manifestanti per accuse legate ad alcuni post pubblicati online, che le autorità avevano ritenuto “ingiuriosi” nei confronti del presidente o per avere partecipato a eventi di protesta non autorizzati. Inoltre le autorità hanno bloccato almeno 434 siti web, compresi quelli di alcuni notiziari indipendenti come Mada Masr e di alcune organizzazioni per i diritti umani come la Rete araba per l’informazione sui diritti umani mentre molti giornalisti sono stati condannati a pene detentive per accuse riconducibili esclusivamente al loro lavoro come “diffamazione” o per quelle che le autorità consideravano “informazioni false”. Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord si Amnesty International, ha dichiarato che “in Egitto al giorno d’oggi criticare il governo è più pericoloso che in ogni altro momento della recente storia del paese. Sotto la presidenza di al-Sisi chiunque esprima pacificamente le sue opinioni è trattato come un criminale. I servizi di sicurezza stanno chiudendo senza pietà qualsiasi spazio indipendente politico, sociale, culturale rimasto in attività. Queste misure, più estreme persino di quelle adottate nel repressivo trentennio della presidenza di Hosni Mubarak, hanno trasformato l’Egitto in una prigione a cielo aperto per chi critica le autorità”.

     Il parlamento ha recentemente adottato, senza consultare la società civile o le organizzazioni di giornalisti e con la scusa delle “misure anti-terrorismo”, una nuova legge che autorizza la censura di massa nei confronti di portali informativi indipendenti e delle pagine Internet di gruppi per i diritti umani. Bounaim ha continuato dicendo che “l’amministrazione del presidente al-Sisi sta punendo l’opposizione pacifica e l’attivismo politico con pretestuose leggi contro il terrorismo e altre norme vaghe che qualificano come crimine qualsiasi forma di dissenso. L’ultima legge sui crimini a mezzo stampa e informativi ha reso pressoché assoluto il controllo delle autorità egiziane sulla stampa offline e online e sui mezzi radio-televisivi. Nonostante l’attacco senza precedenti alla libertà d’espressione e il fatto che ormai la paura sia diventata una sensazione quotidiana, molti egiziani continuano a sfidare la repressione rischiando di perdere la libertà. Ecco perché Amnesty International mobiliterà i suoi sostenitori nel mondo affinché esprimano la loro solidarietà a tutti gli egiziani in carcere solo per aver espresso le loro opinioni: devono sapere che non sono soli!”.

Amnesty International chiede alle autorità egiziane di rilasciare tutte le persone che si trovano in carcere solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni, di porre fine alla repressiva campagna di censura nei confronti dei media e di abolire le leggi che rafforzano la presa dello stato sulla libertà d’espressione. Le continue e ingiustificate misure adottate dalle autorità egiziane per ridurre al silenzio le voci pacifiche hanno spinto centinaia di attivisti e di esponenti dell’opposizione a lasciare il paese, onde evitare di finire arbitrariamente in carcere. Ma tante altre persone continuano coraggiosamente a prendere la parola contro l’ingiustizia all’interno del paese.

Bookreporter Settembre

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