La sfida di Gentiloni: Siria, pace possibile. «Oltre l'embargo con corridoi umanitari e aiuti"

«La pressione va concentrata su due fronti: coinvolgere il regime nell’apertura di corridoi umanitari e, con l’avvio del negoziato, ottenere cessate il fuoco che possano attenuare la tragedia in corso». È chiaro il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sul fatto che la guerra in Siria, l’assedio delle città, il dramma dell’embargo e della popolazione che non riceve aiuti e muore di fame, siano problemi davanti ai quali la comunità internazionale non può ruggire.

Ma l’Italia, che può fare?

In queste settimane abbiamo partecipato alle operazioni quando si sono create le condizioni per aprire corridoi umanitari. Praticamente, dall’inizio dell’anno è successo in un paio di occasioni e noi siamo stati tra i Paesi più presenti. Anche se purtroppo, va detto, negli ultimi mesi la disponibilità del regime siriano ad aprire vie d’entrata si è rivelata piuttosto limitata. A Madaya, però, si è riusciti ad arrivare anche grazie alla mediazione della Russia. Il dramma umanitario è però lì, davanti agli occhi di tutti: non solo le vittime e il dramma degli sfollati. Sei anni fa quasi 3 milioni di ragazzi andavano a scuola, oggi c’è una generazione perduta. Quindi il primo imperativo è far crescere l’aiuto umanitario. Anche quello italiano che quest’anno sarà più che raddoppiato rispetto ai 20 milioni del 2015: il governo lo annuncerà il 4 febbraio alla Conferenza di Londra sulla Siria. L’impegno intemazionale negli ultimi anni è cresciuto, ma le crisi umanitarie sono cresciute più velocemente. Il divario va colmato se vogliamo evitare conseguenze destabilizzanti per la Giordania, il Libano e la stessa Unione Europea.

Le Ong denunciano in continuazione l’impossibilità di far giungere i beni priman, aiuti alla popolazione che soffre…

Certo, la guerra continua, i bombardamenti si moltiplicano e non c’è un unico fronte ma un esplodere di conflitti a macchia di leopardo. L’inviato dell’Onu (Staffan de Mistura, ndr) ha lavorato un anno, senza riuscirci, per ottenere una tregua ad Aleppo. L’assedio è continuato e non c’è stata disponibilità dalle parti in conflitto a venire incontro alle richieste di fermare le armi.

Ma le sanzioni internazionali, gli embarghi della UE e dell’ Onu rimangono…

In Siria si muore per la guerra. Le sanzioni possono essere discutibili e noi italiani siamo sempre stati prudenti nel considerarle risolutive. Ma qui stiamo parlando, purtroppo, di una delle guerre più feroci e che infuria da cinque anni, che ha prodotto oltre 100 mila morti e milioni di rifugiati. Attenzione quindi a non spostare il bersaglio da chi ha la responsabilità di questa situazione: il regime di Bashar al-Assad, Daesh, al-Nusra, i terroristi.

È anche per questo che il terzo negoziato, rinviato ancora a Ginevra, non può fallire?

Non deve fallire perché finalmente si è riconosciuto un principio che l’Italia, il governo, la società civile, la Chiesa, sostengono da sempre: cioè che l’idea di una soluzione solo militare del conflitto sia un’illusione. Le due pregiudiziali che per oltre quattro anni hanno alimentato questa tragedia – da una parte l’impossibilità di un negoziato prima della cacciata diAssad e dall’altra nessun negoziato perché Assad andrebbe sostenuto manu militari – finalmente sono venute meno: si è accettata l’idea che il regime e chi lo avversa possano sedersi a trattare. E superare, con un governo più inclusivo, l’attuale dittatura.

Il nemico comune costituito dai jihadisti, può avere, paradossalmente, una funzione aggregante?

L’accettazione del negoziato, e non di una soluzione affidata ai bombardamenti, si deve a due fattori: il primo è il nemico comune, con il rischio di rafforzamento di Daesh, e l’altro (per alcuni controverso) il contributo che la Russia potrebbe dare. Accompagnando un negoziato che porti alla fuoriuscita di Assad, ma non alla distruzione del regime ripetendo errori fatti in Iraq. Con la transizione che prevede la fuoriuscita di Assad senza la creazione di un vuoto. È una strada difficile, ma è l’unica attraverso la quale si può arrivare al cessate il fuoco previsto dalla road map.

Non c’è il rischio che in Siria si crei però unairrimediabile frammentazione del territorio?

Che ci siano rischi di spinte centrifughe è indubbio. Uno degli ostacoli in questi giorni al lavoro di Staffan de Mistura è stato l’inserimento o meno di elementi delle forze curde siriane nelle delegazioni che negozieranno con Damasco. Ma noi non dobbiamo rassegnarci, tantomeno incoraggiare, questo genere di spinte. Tra un mese saranno cento anni dai cosiddetti accordi di Sykes-Picot (la spartizione del Medio Oriente tra Londra e Parigi, ndr). Che si sia trattato di un assetto post-coloniale con errori e limiti enormi è indubbio, ma metterci oggi a ridisegnare le carte su linee di demarcazione religiosa ed emica andrebbe nella direzione opposta a quello che è necessario. Non abbiamo bisogno di mini-Stati sciiti o sunniti, curdi. Di espulsione di minoranze di cristiani o yazidi perché non hanno la forza di fare i loro miniStati. Abbiamo bisogno – come in Libano e mi auguro presto in Iraq – di autonomia delle diverse comunità salvaguardando gli Stati nazionali.

Lei crede, nonostante tutto, che quest’anno possa arrivare la pace per la Siria?

Non possiamo accettare l’idea che il contrasto tra alcuni Paesi – e mi riferisco in particolare all’aumento di tensioni tra Iran e Arabia Saudita – blocchi una strada che è stata imboccata da tutte le maggiori potenze mondiali. Perché riconoscerebbe una sorta di “diritto di veto”, ma significherebbe anche chiudere gli occhi davanti al disastro che è in corso. Non sarà domani, perché si prospetta un rinvio di qualche giorno. Ma se parte il tavolo del negoziato a Ginevra l’obiettivo di porre fine alla guerra entro quest’anno diventa realistico.

In Libia stanno affluendo centinaia di jihadisti da Siria e Iraq. Se il governo Sarraj verrà legittimato dal voto del Parlamento, entrerà in carica. Ma come primo atto, chiedendo un intervento internazionale di supporto, non rischia di scatenare una guerra che potrebbe diventare incontrollabile?

Noi abbiamo interessi chiari e credo coincidenti con quelli del popolo libico: evitare uno Stato fallito, mantenere la sua unità e consolidare le sue istituzioni. Con il sostegno della comunità intemazionale. E con il presupposto che il governo vedala luce con il sostegno parlamentare. Questa è la scommessa dei prossimi giorni. Qualcuno dice «stiamo perdendo tempo, meglio far partire i cacciabombardieri contro Daesh, prima che dalla sua roccaforte di Sirte si estenda pericolosamente». Non è la linea dell’Italia, oggi sarebbe un errore perché puntiamo a qualcosa di più ambizioso del contenimento del terrorismo: alla costruzione di un’entità statuale per avere un interlocutore valido, al di là del Canale di Sicilia, sul tema delle migrazioni, dello sviluppo economico- commerciale, ma anche del contrasto al terrorismo. I bombardamenti possono ridurre la capacità espansiva di Daesh, ma l’entità statuale che si rafforza e che controlla il territorio è l’unica risposta strategica.

Senza alcun intervento esterno?

Se e quando il governo libico riuscirà ad avere la base minima di cui parlavo, la risoluzione 2259 dell’Onu non solo autorizza ma fa appello alla comunità internazionale per sostenere il governo anche sul terreno della sicurezza. Sarà la Libia a chiedere all’Italia e agli altri Paesi Ue il contributo di cui ha bisogno. Deve essere chiaro però che l’impegno italiano, anche sul terreno militare, non sarà per fare delle guerre lampo ma per stabilizzare il Paese. Per esempio con il contributo alla sicurezza di alcune zone di Tripoli dove potrebbe insediarsi il nuovo governo, Stiamo parlando certamente di missioni che hanno dei rischi. L’importante è capire l’orizzonte nel quale ci si muove. Non ci rassegniamo però a una cosa.

Quale?

Non ci rassegniamo all’idea che, non essendoci invece alcun governo libico, ci sia una sorta di grande Somalia al di là del Canale di Sicilia. Terreno di scorribande di gruppi criminali e terroristi contro i quali le potenze europee intervengono solo con i raid aerei da l0mila metri di altezza.

Non ci si rassegnerà o non si tollererà?

Non si tollererà, poi naturalmente se dalle parti libiche non ci sarà alcuna possibilità di pervenire ad un accordo e se la situazione sarà appunto quella di una Somalia a due-trecento chilometri da casa allora l’Italia ha il diritto e il dovere di difendersi e valutare come farlo. Ma non è oggi nella nostra agenda: la comunità internazionale è impegnata per la stabilizzazione del Paese.

Fonte: Ministero Esteri Italiano

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Iran-Saudi Arabia: the most dangerous fight

Next Story

Lebanon: medical transport and first aid courses

Latest from Blog

La nuova strategia di Hamas

  L’esito delle operazioni militari all’interno della Striscia di Gaza suscita la preoccupazione, l’angoscia e la condanna da parte dei Governi, delle Organizzazioni Internazionali e dei media occidentali unanimi nel chiedere a Israele di interrompere il conflitto ed evitare una “catastrofe umanitaria”. L’intento di questo insieme di iniziative è assolutamente

Disinnescare il fronte libanese

Quando a Ottobre dello scorso anno Hamas perpetrò il suo attacco terroristico nella striscia di Gaza ottenne, immediatamente, il pieno supporto mediatico delle milizie filoiraniane di Hezbollah. Tuttavia, anche se nei mesi successivi Hezbollah ha intensificato le sue attività offensive lungo la linea di confine, costringendo Israele ad evacuare diverse

Washington e il Medio Oriente

Negli ultimi quindici anni il centro di gravità della politica estera di Washington si è spostato dal teatro Euroasiatico a quello Indo – Pacifico come conseguenza della scelta geostrategica di contrastare in quella Regione la crescente influenza cinese tendente a realizzare un nuovo sistema di ordine globale. Questa priorità ha

Ankara e la ricerca dell’equilibrio geopolitico

In occasione della imminente visita di Putin in Turchia il Presidente Erdoǧan ha dichiarato l’intenzione di svolgere il ruolo di mediatore nell’ambito del conflitto ucraino facendosi promotore di una possibile situazione negoziale tra le due parti. L’iniziativa sembra voler sottolineare la volontà della Turchia di riprendere a svolgere quel ruolo

La situazione in Medio Oriente dopo il 7 Ottobre

L’attacco che Hamas ha condotto contro lo Stato di Israele, lo scorso 7 Ottobre, rappresenta un ulteriore episodio del conflitto che devasta il Medio Oriente da circa un secolo (anno più, anno meno). Per poter comprendere tale nuova fase di questa guerra infinita, è necessario esaminare gli aspetti che ad

Una nuova guerra in Medio Oriente?

  Le modalità con le quali, nel settore della Striscia di Gaza, l’organizzazione di Hamas ha condotto l’attacco contro lo Stato di Israele hanno drammaticamente elevato il livello della tensione che contraddistingue l’area, accrescendo il pericolo che la situazione possa evolversi dando luogo a un vero e proprio conflitto. Il

Iran: nuova diplomazia, ma stesso obiettivo

La teocrazia iraniana ha da sempre perseguito un duplice obiettivo strategico: assumere una leadership regionale affermandosi come potenza dominante nel Medio Oriente; costringere gli USA ad abbandonare l’area e allo stesso tempo detronizzare Israele. Questa è stata e rimane la direttiva geostrategica che orienta la politica dell’Iran, ciò che invece

Medioriente – il Nuovo Mondo del terzo millennio

Recentemente, nell’ambito di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nella quale dovevano essere discussi i termini per l’invio di ulteriori aiuti umanitari a favore delle aree colpite dal terremoto, che ha devastato la zona di confine tra Turchia e Siria, la Russia ha esercitato il diritto di veto bloccando,

Global South e Nuovo Mondo Multipolare

Mentre in Europa abbiamo reinventato la Guerra Fredda nell’illusione di fermare la storia, cullandoci nel decadente mito della superiorità della cultura occidentale, sorretti dalla presunzione di avere il diritto di imporre sanzioni a chiunque non condivida la nostra narrative, il mondo si è trasformato sotto i nostri occhi. Il processo

L’Impero su cui non tramonta mai il sole

La geopolitica dell’impero di Roma venne regolata da un criterio semplice ma efficace: divide et impera! E il successo di tale formula fu così elevato che, nel corso dei secoli, tale pratica venne adottata da molte altre potenze che giocarono un ruolo fondamentale nella costruzione dell’ordine internazionale. Quindi non c’è

Il manifesto di politica estera di Pechino

  Mentre in Occidente ci auto illudiamo con una narrativa di “regime” unidirezionale e ingannevole che il conflitto ucraino rappresenti l’atto estremo dell’eterna lotta tra il Bene (noi Occidentali) e il Male (il resto del mondo che non la pensa come noi), non ci accorgiamo che la Cina sta ponendo

La realpolitik di Ankara

Mentre la narrativa occidentale dà per imminente la vittoria dell’Ucraina nel revival all’inverso della Grande Guerra Patriottica e per scontata la scomparsa della Russia dalla scena internazionale, Mosca continua a svolgere un ruolo di protagonista negli altri scenari geopolitici che l’Occidente sembra aver dimenticato. Recentemente, infatti, l’attività diplomatica del Cremlino

Il piccolo mondo antico dell’Occidente

Il protrarsi del conflitto in Ucraina ha determinato la necessità fondamentale, per entrambi i contendenti sul campo, di poter accedere a fonti integrative di rifornimenti di materiale bellico, al fine di poter supportare le proprie attività e di conseguire i propri obiettivi. Gli USA e l’Europa, da lungo tempo, sono

La crisi ucraina: informazione o propaganda?

  La cronaca e l’esame analitico di come si stia sviluppando il conflitto in atto in Ucraina sono offuscate da quella che sembra essere l’unica cosa che abbia importanza nell’ambito di questa tragedia: la propaganda. Il circuito mediatico nazionale e soprattutto internazionale non produce informazione oggettiva, seria, imparziale, ma è

L’impasse

Mentre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite si consumava la rappresentazione tragicomica della inanità di questo consesso mondiale, retaggio di un mondo che non esiste più, roboante nei suoi propositi, elefantiaco nella miriade delle sue diramazioni, economicamente fallimentare, ma, soprattutto, impotente nella risoluzione dei conflitti che coinvolgono gli stessi Paesi che

Esiste un nuovo ordine mondiale

I conflitti sono sempre stati originati e condotti per ottenere risultati volti a soddisfare il conseguimento degli intendimenti strategici che le nazioni considerano essenziali per i loro obiettivi di politica nazionale. Queste ragioni sono state, poi, immancabilmente ammantate da un pesante velo di propaganda (questo è il suo vero nome!)

Una nuova NATO dopo Madrid?

Il vertice della NATO di Madrid, appena concluso, e la recentissima formalizzazione dell’ingresso di due nuovi membri nell’ambito dell’Alleanza sono stati presentati come un’altra risposta forte e decisa che il mondo occidentale ha voluto dare alla Russia. Il vertice ha inteso trasmettere l’immagine di una Alleanza compatta e determinata che

NATO – Back to the future!

La prossima settimana a Madrid si svolgerà il vertice dell’Alleanza Atlantica che dovrà definire il Concetto Strategico che guiderà la NATO verso il nuovo decennio. Il contesto geopolitico nel quale questo particolare e fondamentale appuntamento si realizza è estremamente delicato e le decisioni che saranno assunte avranno un peso specifico

La geopolitica tecnologica della Turchia

L’ascesa della importanza geopolitica della Turchia e l’aumento della sua proattività diplomatica delineano una parabola che proietta il Paese verso il conseguimento di una rilevanza strategica che, trascendendo i limiti geografici regionali, le sta facendo assumere il ruolo di potenza euroasiatica. Il percorso tracciato da Erdogan non è stato lineare,

Come la Russia vede la crisi ucraina

      Il clima mediatico occidentale sembra ritenere che il conflitto militare in Ucraina, in atto da ormai più di tre mesi, possa essere prossimo alla sua conclusione. Le sanzioni e l’insuccesso attribuito alle operazioni russe, a cui si imputa il mancato conseguimento di risultati militari definitivi, lascia ora

Svezia e Finlandia nella NATO. Cui prodest?

La notizia che la Svezia e la Finlandia abbiano recentemente formalizzato la loro richiesta di entrare a far parte della NATO è stata presentata come un colpo definitivo assestato all’avventura russa in Ucraina e come un successo politico che consente all’Alleanza di annoverare tra le sue fila anche due giganti

Il dilemma strategico della Russia

Se si esamina con attenzione una carta geografica della Russia appare evidente, anche all’occhio del neofita, che l’immensa estensione territoriale di questo paese è controbilanciata, con esito negativo, dalla pressoché assoluta mancanza di accesso diretto alle rotte commerciali oceaniche che costituiscono, da sempre, la base sulla quale si sviluppa e

Macron 2.0 :più Francia e meno Europa

Domenica prossima la Francia andrà al voto di ballottaggio per eleggere il Presidente della Repubblica. Il copione non presenta nessuna novità di rilievo, è lo stesso ormai da circa 20 anni. Due candidati che rappresentano le due anime di una nazione, da una parte il difensore dello stato di diritto

Difesa Europea? No grazie!

L’attuale crisi ucraina, in virtù dello sconvolgimento geopolitico che ha provocato, ha dato l’avvio a una molteplicità di riflessioni, di idee e di propositi da parte del mondo occidentale, e dell’Europa in particolare, volte a individuare nuove soluzioni per evitare il ripetersi di eventi simili e per continuare a garantire

Un nuovo ordine internazionale

  Il 4 febbraio scorso, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici a Pechino, nella sede del China Aerospace Studies Institute, Cina e Russia hanno firmato una dichiarazione congiunta, denominata “Joint Statement of the Russian Federation and the People’s Republic of China on the International Relations Entering a

Ma l’ONU, così, serve ancora?

Il conflitto che sta sconvolgendo l’Ucraina ha messo in evidenza un vuoto pauroso nel panorama delle istituzioni internazionali che a vario titolo sono coinvolte nella risoluzione della crisi. Questo vuoto è dato dall’assenza di quella che dovrebbe essere l’istituzione primaria per il mantenimento della pace, cioè dell’ONU! Questo organismo internazionale

La Germania è uscita dal letargo. Realmente?

Negli ultimi trent’anni la posizione geopolitica della Germania è stata caratterizzata da una politica estera ondeggiante tra propositi idealistico -utopistici e interessi economici (definita con malcelato orgoglio realpolitik) che l’hanno portata a valutare (o sottovalutare) le mosse dello scomodo vicino russo con una lente di ingrandimento appannata, che ne ha

La posizione della Cina nella crisi ucraina

Lo sviluppo della crisi in Ucraina rappresenta un importante banco di prova per il corso della politica cinese in virtù dei condizionamenti futuri, che potranno incidere sia sulle decisioni strategiche sia sulle linee di azione che il Paese dovrà prendere nel condurre la propria politica estera. A premessa di quanto

Conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche

Nuova centralità Italiani all’estero: conclusa la Conferenza permanente, redatto documento con le priorità politiche Continuità di azione della Conferenza permanente tra una convocazione e l’altra; partecipazione formale del CGIE alla Conferenza Stato – Regioni; revisione e integrazione delle forme di rappresentanza degli italiani all’estero, alla luce dei cambiamenti intervenuti nel tessuto dell’emigrazione italiana; potenziamento del Sistema Paese in

Armao al Comitato europeo delle Regioni: misure UE specifiche per i disastri naturali

Il Vicepresidente ed Assessore all’Economia della Regione Siciliana, Gaetano Armao, intervenendo oggi, in occasione della 146esima sessione plenaria del Comitato europeo delle Regioni (CdR), al dibattito sui disastri naturali e la risposta alle emergenze ha illustrato al Commissario UE per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, i gravi effetti dei

Mario Draghi alla guida del paese

Mario Draghi ha sviluppato durante gli anni della sua carriera lavorativa una visione chiara e completa dei problemi dell’economia della società contemporanea e degli strumenti da utilizzare per migliorarla. Lo dimostra sul campo in quanto uomo d’ azione, sia al tesoro negli anni novanta che a capo della BCE in

Geopolitica della meraviglia: Mirabilandia tra simboli, famiglie e futuro

Nel cuore della Riviera romagnola, Mirabilandia si distingue, nell’estate 2025, come esempio virtuoso di un’esperienza collettiva che costruisce relazioni, modella percorsi condivisi e racconta una visione del mondo fondata sull’incontro, sulla leggerezza consapevole e sulla profondità dell’emozione. Non si tratta semplicemente di un parco divertimenti, bensì di una piattaforma culturale

Circuit Training Challenge a Camp Villaggio Italia

Personale di contingenti di diversa nazionalità impegnati nella missione KFOR (Kosovo Force) a guida NATO facenti parte del Regional Command West si hanno partecipato all’edizione 2025 dei “Balkan Games”, gara a squadre svoltasi a Camp Villaggio Italia nella municipalità di Pejë/Peć.
GoUp