All’indomani dell’attacco di Jakarta, rivendicato dallo Stato Islamico, che ha lasciato sul terreno cinque morti tra attentatori e vittime civili (un cittadino locale ed un canadese), la polizia Indonesiana è riuscita ad identificare alcuni dei terroristi rimasti uccisi ed ha effettuato i primi arresti, nei dintorni della capitale ed in altre regioni del paese.
L’attacco è iniziato giovedì mattina alle 10.40, ora locale, con una serie di sei esplosioni, in rapida successione, in una zona commerciale della capitale indonesiana. Due attentatori hanno aperto il fuoco sui clienti di una caffetteria Sturbucks colpita da una delle deflagrazioni, mentre due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi di un incrocio stradale dove stazionavano alcuni poliziotti. Le forze dell’ordine hanno risposto rapidamente, circondando la zona e attaccando gli attentatori con l’ausilio di auto e mezzi corazzati. La sparatoria è durata diverse ore, finché i tre terroristi rimasti ,dopo essersi asserragliati in un cinema, sono stati abbattuti.
L’attacco è stato rivendicato dall’ISIS con un comunicato online. Secondo la polizia locale, dietro gli attentati si celerebbe la regia di Bahrun Naim, un jihadista indonesiano che combatte con l’ISIS in Siria e che mira a diventare il leader dell’organizzazione sul fronte del sud-est asiatico.
Il Generale Badrodin Haiti, il capo della polizia nazionale, ha dichiarato che due degli attentatori erano stati già condannati ed incarcerati in passato per attività legate all’islamismo radicale ed ha diffuso il nome di uno dei due, Afif Sunakim, che in passato aveva scontato una condanna a sette anni. Il capo della polizia di Jakarta, l’ispettore Generale Tito Karnavian, ha poi rivelato che nella capitale erano in corso operazioni antiterrorismo per catturare i membri di alcune cellule pronte ad entare in azione.
Nella sua rivendicazione l’ISIS ha spiegato che lo scopo degli attacchi era colpire l’Indonesia per il suo supporto alla coalizione internazionale che combatte Daesh in Siria ed Iraq. Secondo la polizia indonesiana, il gruppo che ha organizzato gli attentati è collegato con altre cellule attive nel paese, a Java e Sulawesi. Naim, nello specifico, sarebbe stato collegato al MIT, un gruppo jihadista indonesiano attivo sull’isola di Sulawesi che si dichiara alleato dello Stato Islamico. Dal 2002, anno di un sanguinoso attentato a Bali nel quale morirono 202 persone, l’Indonesia ha sempre tenuto la guardia alta, arrestando in totale più di mille persone nell’ambito di operazioni antiterrorismo. Alcuni jihadisti, però, sono stati rilasciati nel corso degli anni e gli attacchi di giovedi, sottolinea il capo della polizia, dimostrano come essi possano ancora rappresentare un pericolo concreto.
Secondo il capo della polizia nazionale Haiti, gli ultimi attentati rappresentano un salto di qualità nel confronto tra le forze di sicurezza e l’estremismo islamico. Il fatto che sia emerso un collegamento diretto tra l’ISIS ed i gruppi locali rappresenta una novità preoccupante e di grande rilievo. Gli inquirenti inoltre ritengono che l’azione sia stata organizzata e finanziata direttamente dalla Siria, con il tramite di Bahrun Naim.
Anche il presidente indonesiano Joko Widodo ha fatto sentire la sua voce, dopo gli attentati, con un tweet: “Non c’è posto per il terrorismo sulla terra – ha scritto – ed ogni cittadino del mondo deve fare la sua parte per combatterlo”