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Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO

Ragusa, la città barocca dalle due anime

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Un tuffo nella luce e nella raffinata pazzia del barocco siciliano, il Val di Noto. L’angolo più estremo della Sicilia è il centro della creatività: Ragusa, Noto, Caltagirone, Modica, Scicli, Palazzolo Acreide, Militello Val di Catania, fenici di umanità che hanno reagito al dramma del terremoto del 1693 con gioia creativa e di vivere. Anarchia del bello come risposta alla paura dell’indistinto, città UNESCO, patrimoni di bellezza e umanità da scoprire seguendo il volgere del sole: come specchi della sua vanità incendiano la loro pietra candida sin dalle prime ore dell’alba per giungere al culmine infuocato del tramonto. Il tour inizia dal capoluogo Ragusa, la città dalle due anime.

Ragusa Ibla

E’ facile intuire il perché Ragusa e Ragusa Ibla siano due realtà distinte in un’unica città, si può capire dando uno sguardo alla mappa prima dell’arrivo: la trama urbana segue la sinuosità dei colli, i monti Iblei, un sali scendi che la caratterizza e delinea la sua doppia identità. Ragusa venne distrutta dal terremoto nel 1693 e durante la ricostruzione si crearono due grandi poli, uno sulle macerie della vecchia città, Ragusa Ibla, e una nuova, Ragusa superiore. Nel 1865 la loro distinzione era tale da costituire due comuni, per poi essere riuniti nei primi del ‘900. Oggi, nonostante il legame amministrativo, le due realtà restano appollaiate quasi a specchiarsi l’un l’altra, collegate da tre ponti, il vecchio, il nuovo e quello di San Vito, e da una lunga scalinata di 340 gradini. Una passeggiata impegnativa se percorsa iniziando da Ragusa Ibla, che si trova ad un’altitudine più bassa rispetto a Ragusa superiore. Non è un caso che questa area, la più antica e caratteristica, venga chiamata “jusu”, che in dialetto significa “sotto”.

Via delle Scale, inizio della scalinata che conduce a Ragusa superiore

La città di Ragusa è stata inserita interamente tra i siti patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco nel 2002. Si comprende la ragione di questo meritato riconoscimento addentrandosi a Ragusa Ibla. Venne ricostruita per volontà del ceto nobiliare dopo il terremoto del 1693 in stile tardo barocco, una novità assoluta per quei tempi. Il suo simbolo è il Duomo di San Giorgio, trofeo di pietra che sovrasta l’omonima piazza. Frutto del progetto di Rosario Gagliardi, protagonista della ricostruzione barocca del Val di Noto. La chiesa spicca nell’immediato con la sua facciata costruita “a torre” con il campanile inserito al suo interno. Il ricamo di dettagli e il gioco di concavità e convessità della facciata rende quest’opera monumentale un’architettura leggiadra, una sinfonia di forme adagiata su un piedistallo di scale, in posizione obliqua rispetto alla piazza sottostante. La chiesa risplende baciata dal sole e spicca con la sua enorme cupola, come un faro che illumina la via nel mare di vicoli della città vecchia.

Duomo di San Giorgio, simbolo della città

Le chiese a Ragusa Ibla invocano un pellegrinaggio dell’arte oltre che della fede. Incantevole la chiesa di Santa Maria dell’Itria appartenuta al Sovrano Militare Ordine di Malta, si rivela maestosa secondo una perfetta scenografia barocca in una stradina “di clausura” dell’antico quartiere ebraico Cartellone. La chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, chiamata dai cittadini “degli archi” per via dell’acquedotto che un tempo l’attraversava, Santa Maria dei Miracoli o “bammina” della metà del XVII secolo, rimasta incompleta costituisce un esemplare unico nel panorama barocco della città. Tra le tante chiese che sono rinate dopo il terremoto, il portale di San Giorgio resta ancorato al ricordo da quel giorno fatidico: è ciò che rimane di una chiesa in stile gotico-catalano di epoca normanna del 1349, un arco acuto con ricchi intagli e al centro la figura di San Giorgio a cavallo che uccide il drago e libera la principessa di Berito. Poco distante si trovano i Giardini Iblei, chiamati dai ragusani “la Villa”. Realizzati a metà ‘800 sono un luogo di quiete e di contemplazione: si trovano in una posizione suggestiva su uno sperone di roccia, un autentico belvedere sulla vallata dei Monti Iblei.

La chiesa di Santa Maria dell’Itria nel quartiere Cartellone

Ai luoghi del credo si alternano meravigliosi palazzi come il palazzo Cosentini, il primo costruito in stile barocco a Ragusa e il palazzo della Cancelleria, conosciuto anche come palazzo Nicastro del XVIII secolo, abbarbicato in una posizione suggestiva nel quartiere degli Archi lungo la via delle Scale che conduce a Ragusa superiore. Lungo questa via s’incontra un’altra chiesa, un punto di riferimento tra le due anime della città, Santa Maria delle Scale, la più antica di Ragusa. Dal suo terrazzo panoramico possiamo ammirare e comprendere l’identità di Ragusa Ibla: basta volgere lo sguardo alle simmetrie delle abitazioni rese vivaci dal barocco siciliano, vuoti alternati a trofei di pietra con le loro facciate in movimento. Le architetture sembrano quasi evocare una musica, un’armonia perfetta dalle note in crescendo.

Ragusa superiore ha barattato la sua essenza antica con la crescita urbana dalla seconda metà del ‘900, spesso incurante di speculazione. Il lato della città meno pittoresco ma altrettanto interessante. Da non perdere la Cattedrale di San Giovanni Battista. Anch’essa riscostruita dopo il terremoto, spicca imponente e “mutilata”: si caratterizza per un singolo campanile mentre sul lato destro resta il basamento vuoto di un secondo mai realizzato. A poche centinaia di metri il palazzo Vescovile Schininà oggi sede del vescovado e degli uffici della curia, il palazzo Zacco che ospita gli incontri culturali in città e sede del Museo del Tempo Contadino e la Civica raccolta Carmelo Cappello, noto scultore ragusano. Consigliato anche il Museo Archeologico Ibleo, che raccoglie i preziosi reperti raccolti negli scavi compiuti nell’area a partire dal Neolitico.

La cupola del duomo di San Giorgio che spicca da tutti gli angoli del quartiere

Ragusa, due anime distinte unite dalla stessa voglia di rivalsa contro la natura matrigna che la ridusse in cenere. Un luogo magico che ha ispirato anche la creatività di Andrea Sironi, regista del Commissario Montalbano, la fortunata serie televisiva Rai tratta dai romanzi del maestro Andrea Camilleri. Un atelier dell’arte tra tufi silenziosi e luminosi, dove si racconta il tardo barocco siciliano, uno stile fantasioso e affollato che fu capace di sprigionare vita dalla pietra nella Sicilia dell’apocalisse: una rivalsa di gioia creativa al vuoto e alla perdita d’identità lasciate dal terremoto del 1693. Anarchia del bello come risposta alla paura dell’indistinto, un patrimonio di bellezza e umanità unico al mondo.

Immagine di copertina: panorama di Ragusa Ibla 

Photo credits: Elena Bittante

Atene, le origini della storia occidentale tra pace e caos

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Frammenti di mito e pezzi di intonaco, una capitale votata al passato, dagli albori della civiltà al racconto dell’ultimo decennio trascorso. Tutto sembra vissuto, a tratti usurato, Atene non è la classica “bella città” ma gioca bene le sue carte con la complicità delle atmosfere suggestive e la luce avvolgente del Mediterraneo. Sorprende inaspettatamente chi si addentra nel dedalo del centro tra palazzi scrostati, gallerie d’arte e scorci sulla storia: da qualsiasi angolo si scorge l’Acropoli, fondamenta della cultura occidentale. Il Partenone, unico e immortale, veglia la città arroccato su un promontorio roccioso sovrastando la valle dell’Ilissos dalla fine del VII secolo a.C.

Il Partenone
Atelier nel quartiere di Monastiraki

Un viaggio alla scoperta delle nostre origini, un tuffo nella creatività e nella serenità che contraddistinguono la tradizione greca. Atene è storia e smussa il peso della sua eredità nella leggerezza della quotidianità rivelandosi una metropoli viva e originale che bypassa le ombre della crisi a ritmo di sirtaki e spunti creativi. L’incontro nelle grandi piazze, la vivacità rilassata della gente, il profumo di basilico fresco dei piatti tradizionali e l’estro degli artisti moderni che omaggiano il glorioso passato sono solo alcuni spunti per viverla a pieno. E’ dalle radici che inizia un viaggio nella culla della civiltà occidentale, per poi divagare in una realtà pittoresca al passo con i tempi.

Propileo all’entrata dell’Acropoli
Dettaglio del frontone orientale del Partenone 
Eretteo e loggetta della Cariatidi 

La prima tappa è l’Acropoli. Lì dove tutto ebbe inizio spiccano gli archetipi dell’architettura classica come eredità inestimabile. Il sito archeologico patrimonio UNESCO dal 1987, racconta la nascita della democrazia evocando suggestioni e riflessioni. Sulla collina dell’Areopago sorgono il Partenone, i Propilei, l’Eretteo e il Tempio di Atena Nike, circondati dalla possente cinta muraria di Temistocle. Il Partenone incorona il sito con candida magnificenza; progettato da Ictino e Callicrate, venne edificato tra il 447 e il 438 a.C. e consacrato alla dea Atena. La costruzione in marmo pentelico bianco scintilla sotto il sole, otto colonne dei lati corti e diciassette su quelli lunghi in stile dorico ingegnosamente inclinate per creare un effetto illusorio. Un tempo l’edificio era ricoperto di fregi e sculture, oggi si aggrappano ai frontoni occidentali e orientali i superstiti delle ere: Helios e il suo destriero raccontano la nascita di Atena dalla testa del padre e la lotta di Atena con Poseidone per il possesso dell’Attica. Lungo il perimetro del tempio spiccano le metope modellate da Fidia, le formelle quadrate con funzione narrativa scolpite ad altorilievo. Oggi come allora i Propilei si trovano all’entrata dell’Acropoli accogliendo da millenni i visitatori. Realizzati per volere di Pericle spiccano allineati con il Partenone in un gioco di geometrie perfette, con le facciate anteriori più basse di quelle posteriori per seguire il dislivello del terreno. Catturano l’attenzione la solennità del Tempio di Atena Nike dedicato alla dea della vittoria nel 425 a.C., e l’Eretteo che deve il suo nome al mitico re di Atene. Questo capolavoro dell’architettura ionica, costruito tra il 421 e il 406 a.C., ostenta le protagoniste dell’architettura classica nel suo portico: le Cariatidi, intente a sorreggere il peso della storia e della cultura (le statue esposte sono una riproduzione delle donne di Karyai, le originali si trovano al museo dell’Acropoli).

Museo dell’Acropoli, statue delle Cariatidi in lontananza

All’ombra del Partenone possiamo ritagliare qualche attimo per rilassarci, riflettere e scrutare il panorama della metropoli odierna, una terrazza esclusiva che si affaccia sul divenire di una capitale dai tratti caotici. Il viaggio nella cultura classica prosegue “a valle”, al Museo dell’Acropoli, situato alle pendici meridionali dell’Areopago. L’interessante polo museale si distingue per la struttura moderna in vetro e acciaio e crea un ossimoro architettonico a confronto con le pietre compatte della cittadella del mito. Il museo custodisce tutti i reperti rinvenuti nel sito e spazia dal mondo arcaico a quello romano con cimeli inestimabili come le leggiadre korai, dalle elaborate acconciature a trecce del VI secolo, e il noto giovane con vitellino del 570 a.C. Un’ altra tappa da non perdere per un continuum nella storia ellenica è l’Antica Agorà, dove Socrate elaborò le sue brachilogie, conversazioni fondate su una logica ferrea al fine di educare l’individuo e la sua anima sul fondamento della verità. Qui si erge superstite il Tempio dorico di Efesto del 449 a.C., e il grande complesso a due piani della Stoà di Attalo originario del 138 a.C., ricostruito filologicamente dalla Scuola Americana di Archeologia. Le dimensioni colossali della storia antica sono tutt’ora testimoniate anche nel sito archeologico del Tempio di Zeus Olimpio, maestose rovine di un nucleo architettonico che richiese oltre sette secoli per la costruzione. Un esempio ante litteram di “edilizia posticipata” per mancanza di fondi, l’Olympieion venne ultimato dall’imperatore Adriano nel 131 d.C.

Vista dal Museo dell’Acropoli sul Partenone
Tempio di Zeus Olimpio

Dopo un tuffo nella storia, Atene offre un’immersione nel mare plumbeo del suo caotico centro non privo di atolli meravigliosi: tra gli edifici in calcestruzzo infatti sorgono le isole verdi della città. L’eden urbano dei Giardini Reali, una visione salvifica nella congestione della metropoli vicino a Piazza Syntagma dove si trova il Parlamento. Oggi questo eden aristocratico del 1840 è diventato uno spazio pubblico condiviso da milioni di cittadini e turisti diventando il Giardino Nazionale della città di Atene. 38 acri di verde e oltre 500 specie di piante rendono questo spicchio di città un tesoro di biodiversità, avvalorato da cimeli inestimabili che ricordano l’identità di Atene, indissolubilmente legata alla storia. In città i grandi polmoni verdi sono facilmente individuabili alzando semplicemente lo sguardo verso il cielo. Spiccano le pendici boscose del Licabetto sopra il quartiere di Kolonaki, dove si rincorrono miti e leggende, e la collina di Filopappo, descritta da Plutarco per le gesta di Teseo contro le Amazzoni. Quel che fu dello scontro anima solo la leggenda lasciando spazio alla pace in quest’oasi naturale da dove ammirare un panorama privilegiato sull’Acropoli, sull’Attica e sul Golfo di Salonicco per poi spaziare sino a dove arriva l’orizzonte. Passeggiare tra i vialetti ombrosi dei parchi di Atene è l’ideale per chi desidera rilassarsi dal traffico cittadino e ritrovare le idee, fermarsi e osservare il divenire dall’alto può rivelarsi una panacea temporanea, un’occasione per riflettere sui dogmi della vita quotidiana, oggi come allora.

Il Licabetto 
Vista dalla collina di Filopappo

Immagine copertina: vista sull’Acropoli dalla collina di Filopappo.

Photo credits: Elena Bittante

Porvoo: la pittoresca cittadina della Finlandia, quintessenza di un passato mercantile

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Porvooo Borgå in svedese, è la seconda città più antica della Finlandia, famosa per le sue case rosse affacciate sul fiume Porvoonjoki. Un luogo dove il profumo del legno delle abitazioni centenarie si confonde con quello vivido della foresta poco distante. Un centro dal passato commerciale oggi votato al turismo per i viaggiatori interessati alla storia e alla tranquillità.

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Elena Bittante
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