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Micol Arpa

Micol Arpa Rock – Play

in CULTURA/MUSICA/PHOTOGALLERY by


Necropoli della Banditaccia Cerveteri
– 05.07.2019

Live report, pregalleria e galleria fotografica di Claudio Enea

Bella, elegante, intrigante, i primi aggettivi che vengono in mente non appena entra in scena, ma non sono queste le doti che rapiscono il suo pubblico quanto la sua bravura.
E si, proprio brava questa “ribelle” musicista genovese, al secolo Micol Picchioni, che si sta ritagliando una fetta particolare nel panorama musicale italiano e non solo.

La storia di Micol, che ho conosciuto all’apertura dell’ultimo concerto della PFM all’Auditorium di Roma e che mi ha letteralmente stregato, è del tutto particolare ed insolita e per certi versi non è che la naturale evoluzione di un percorso cercato con determinazione e personalità creativa. Dalle orchestre giovanili del Maestro Muti ad artista di strada, per poi approdare definitivamente su palchi sempre più importanti dove si propone come unica arpista rock sulla scena nazionale ed internazionale.

Un modo del tutto particolare di cambiare stile di vita, come del tutto particolare è il suo modo di suonare questo antico strumento, in piedi, accompagnando i fraseggi con movimenti del corpo, sinuosi ed eleganti, anche quando cambia velocemente le leve dei diesis, trasformando gli arrangiamenti da lei proposti in magici momenti di trasporto.

Accompagnata sul palco da due ottimi strumentisti come,  Kicco Careddu alla batteria e Vittorio Longobardi al basso, Micol passa dai classici del rock, Genesis, Led Zeppelin, Bowie, Nirvana, Pink Floyd per approdare ad alcuni inediti da lei composti, insomma, se vi dovesse capitare di incontrarla in giro per l’Italia a fare qualche concerto non mancate di fermarvi ad ascoltarla, le emozioni saranno assicurate. In ogni caso per i residenti nell’area romana l’appuntamento è per il 27 marzo 2020 all’Auditorium Parco della musica di Roma.
Noi cercheremo di esserci di nuovo per raccontarvi questa meravigliosa novità.

Band:
Micol Arpa Rock – Arpa e voce
Vittorio Longobardi – Basso
Kikko Careddu – Batteria

(Pregalleria)



PFM canta De Andrè – Anniversary

in CULTURA/MUSICA/PHOTOGALLERY by


Auditorium Parco della Musica di Roma 26.05.2019
Open Act di Micol Arpa (Picchioni)

– Live report di Luis “Redwood” Almasi
– Pregalleria e galleria fotografica di Claudio Enea

26 maggio e ventiseiesimo concerto di questa fortunata ed acclamata tournée che dal marzo scorso attraversa in lungo e in largo tutta l’Italia, aggiungendo date su date. Secondo concerto romano, questa volta non al teatro Brancaccio (nel cuore di tanti faberiani soprattutto per il famoso video) bensì nella prestigiosa Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica.

Opening act di Micol e la sua “arpa rock” che suona in piedi esprimendo così, anche col corpo, la volontà di rinnovare e contaminare questo antico strumento. “Verranno a chiederti del nostro amore” viene accolta calorosamente da un pubblico in fondo sorpreso dal gradito preambolo; ma è con “Via del Campo” che si crea un feeling speciale. Strumento affascinante l’arpa che rievoca suoni ancestrali, memorie infantili di carillon e ninnenanne. Forse per questo Micol vola spesso sino alle note più acute dello strumento e ci sembra di sentir cantare le parole: ognuno nella mente; ognuno col cuore. Che bello l’Auditorium lasciato semi-illuminato. Micol ringrazia la PFM e tutti per averle regalato questo palco. Mentre suona “Canzone dell’amore perduto”, nell’aria si accendono centinaia di lucciole (LED, ndr) che ci fanno sognare questa primavera che sembra non voler ancora tornare.

La Premiata Forneria Marconi non è seconda a tante altre eccellenze italiane che ci rendono preziosi agli occhi del mondo. Unica band nostrana che negli anni ’70 riuscì ad avere successo anche all’estero, fu protagonista assoluta di una svolta storica per la musica d’Autore, unendo la propria energia rock progressive e l’enorme capacità tecnica alla poesia in musica di uno dei più grandi cantautori di tutti i tempi. “Fabrizio De André in concerto arrangiamenti PFM” fu una tournée prima ed un disco poi che ebbero un grande successo di pubblico e di vendite fino ad assumere, nel tempo, le caratteristiche di un vero e proprio mito. Era il 1979 e “PFM canta De André Anniversary” celebra e rinnova quella meraviglia, 40 anni dopo.

<<Cominciava così>>, ricorda Franz Di Cioccio, mentre parte l’arpeggio di “Bocca di rosa”. Subito ci immaginiamo proiettati in quel freddo gennaio del 1979 e la magia comincia nel modo più prevedibile e, proprio per questo, più diretto e giusto. C’è voglia di partecipare, di battere le mani ed esprimere calore, coinvolgimento ma “La guerra di Piero” cambia in un attimo l’atmosfera e il pubblico si tace. Lucio “violino” Fabbri ha un fraseggio di un’espressività unica: sempre fedele e preciso; sempre diverso come una meravigliosa voce fatta di legno, crine, corde, mani e cuore (e ce n’è tanto). Ora l’Auditorium pare stretto in un abbraccio collettivo e siamo appena all’inizio…

La fisarmonica è la stessa dei concerti del 1979 così come le mani che la suonano, quelle del tastierista storico della PFM Flavio Premoli. Curò personalmente molti degli arrangiamenti PFM per le canzoni di Fabrizio De André e “Un giudice” (preceduta da “Andrea”, ndr) si conferma uno dei pezzi migliori, anche questa sera. Appena il tempo per Franz di presentare i 9 membri della band e parte “Rimini” con il suo incedere dolcemente cadenzato dai contrappunti di chitarra. La musica ha una tale ricchezza di colori, di raffinati intrecci melodici, da superare in bellezza le parole peraltro stupende. Emozionante!

C’è attenzione ai suoni. Negli anni alcuni membri storici della band hanno preso altre strade ma Patrick Djivas è ancora qui, con il suo basso fretless a regalarci il suo stupendo arrangiamento di “Giugno ’73”. Il violino di Lucio Fabbri ed i campanelli (crotali) suonati da Franz Di Cioccio completano le tinte di questo affresco, realmente evocativo di quell’esistenzialismo francese che contraddistinse un’epoca ed il modo di fare arte anche di Fabrizio De André.

Ora la musica lascia il posto alle parole ed ai bei ricordi della Sardegna del 1978 quando il Poeta (Fabrizio, ndr) e la Premiata Forneria Marconi, impegnata in un concerto a Nuoro, si ritrovano, si divertono. Il Poeta invita tutti a casa sua così, complice l’Agnata (la tenuta di De André vicino a Tempio Pausania, ndr) ed un mare di Vermentino (<<una droga che si può consumare liberamente>>, dice Franz) prende forma l’idea di fare qualcosa insieme.

La PFM aveva già collaborato con Fabrizio, quando ancora non si chiamava PFM ma “i Quelli”. Furono infatti molti dei musicisti della band a suonare ne “La buona novella”, il concept album del 1970 tratto dalla lettura di alcuni vangeli apocrifi. “Maria nella Bottega di un Falegname” e “il Testamento di Tito” diventano, nell’interpretazione della PFM nei concerti del ’79, quasi un tutt’uno dando vita ad una lunga suite veramente in stile progressive che questa sera viene preceduta da due nuovi arrangiamenti di altrettanti pezzi tratti sempre da quell’album.

“L’infanzia di Maria” funziona alla grande. Il prog lascia a tratti spazio all’hard-rock, quasi al metal. Marco Sfogli alla chitarra elettrica è bravissimo. Un altro assolo di Djivas. Quando entra Lucio ti scoppia il cuore. Nella seconda parte del pezzo c’è posto addirittura per il blues e per sonorità arabeggianti verso la fine. C’è tanto ma ben pensato, ottimamente eseguito e il pezzo piace al pubblico: una vera ovazione (“vien giù il teatro” prima ancora che il pezzo finisca, ndr). “Il sogno di Maria” pare invece, per lo più, perdere tutta la sua dolcezza (a tratti sensuale) a favore di un approccio rock ed energico. Resta l’espressività, l’intimità nella parte finale (quando torna Giuseppe, ndr) dove peraltro il pezzo non è stato sostanzialmente riarrangiato. Il pubblico comunque apprezza.

Franz ci invita a metterci <<seduti sulla panchina del tempo>> e una piccola magia tecnologica fa cantare la voce registrata di Fabrizio De André mentre la band suona “La canzone di Marinella”. Applausi fragorosi sottolineano l’amore per Faber e soffocano il rimpianto di averlo perduto troppo presto. <<Eravamo in 10 su questo palco>> dice Di Cioccio con evidente emozione.

È il momento delle ballate. “Zirichiltaggia”, leggermente più lenta rispetto al ’79, cantanta dal bravissimo Alberto Bravin (voce, tastiere, chitarra) e “Volta la carta” con il pubblico che si diverte nel lasciarsi coinvolgere dal “gran cerimoniere” Franz di Cioccio: <<Branca, Branca, Branca… leon, leon, leon>>; <<Su le mani. Forte!>>.

Arriva “Amico fragile”. Il torrente di note che Fabrizio riusciva ad arpeggiare sulla chitarra classica con sorprendente fluidità è sostituito da uno strumming cadenzato. La voce di Franz è convincente, come può essere solo quella di chi sa realmente cosa significhi essere <<evaporato in una nuvola rossa>>. La band suona, eccome! Roberto Gualdi è bravissimo alla batteria che cede di buon grado alle graditissime incursioni di Franz, batterista frontman della PFM. Marco Sfogli (chitarra elettrica, ndr) evoca Franco Mussida (il chirarrista storico della PFM, ndr) ad ogni nota, facendoci capire di esserne stato permeato fin nel profondo. Non è imitazione ma interiorizzazione, rispetto ed evoluzione nel ricreare la magia di questi assoli che hanno fatto la storia della musica.

<<Bravi, bravi, bravi>>. Applausi fragorosi, incessanti. Il concerto è finito ma tutto il teatro grida come una sola voce: <<Fuori, fuori, fuori…>>. Eccoli.

La versione PFM de “Il Pescatore” fu la canzone con cui, sostanzialmente, Franz Di Cioccio convinse Fabrizio De André della bontà di questo progetto di collaborazione. Uno dei pezzi sacri della produzione De Andreiana che, a mio avviso, solo in questo arrangiamento trova il suo completamento, la sua pienezza. Ciò è vero al punto che Fabrizio non abbandonerà più questa versione facendone uno dei “cavalli di battaglia” che più identifica quella mitica tournée. Quale modo migliore di tornare sul palco per l’encore con il pubblico che canta i cori a squarciagola e pare un tutt’uno con chi è sul palco.

“È festa” in medley con “Impressioni in settembre”, due pezzi originali della PFM, suggellano la fine del concerto. C’è tempo solo per la foto di rito della band con tutto il pubblico alle spalle: <<Su le mani tutti! Domani la vedete su Facebook>>, ci esorta Franz.

Complimenti ai fonici per la resa sonora degna della PFM. Bellissime le luci che costituivano sostanzialmente l’unico effetto scenografico.

Consiglio a tutti di andare a vedere questo spettacolo almeno una volta perché è un pezzo di storia veramente importante della musica italiana. Si replica in tutta Italia e a Roma il 18 novembre 2019.

(Pregalleria)



Formazione:

  • Franz Di Cioccio – batteria, percussioni e voce
  • Patrick Djivas – basso
  • Flavio Premoli – tastiera, voce
  • Lucio Fabbri – violino, tastiera e chitarra
  • Roberto Gualdi – batteria
  • Alessandro Scaglione – tastiera, voce
  • Marco Sfogli – chitarra elettrica
  • Alberto Bravin – tastiere aggiuntive, chitarra acustica e voce
  • Michele Ascolese – Chitarra
Claudio Enea
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