La chiesa Valdese accoglie i migranti: ma non scordiamoci i corridoi umanitari.

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Ad accogliere 10 dei 49 migranti sbarcati dalla Sea Watch sarà, dunque, la Chiesa Valdese in Italia. Lo farà a sue spese, come d’altronde avviene per tutte le altre persone che, tramite essa, giungono in Italia attraverso i corridoi umanitari.

Al netto delle considerazioni sull’opportunità politica o meno di questa decisione, giunta all’esito del braccio di ferro tra il primo ministro Antonio Conte ed il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il timore, del tutto lecito, è che, una volta accolti, questi migranti si possano dare alla macchia, come fecero quelli accolti, qualche tempo fa, dalla chiesa cattolica.

Come si ricorderà, infatti, circa cento migranti, tutti di origine eritrea, raccolti dalla Diciotti vennero, ad agosto scorso, accolti presso diverse strutture e parrocchie della chiesa cattolica (la maggior parte di essi, dal centro “Mondo migliore” di Rocca di Papa), salvo poi allontanarsi repentinamente da esse e, nella stragrande maggioranza dei casi, rendendosi irreperibili (alcuni furono nei giorni successivi intercettati dalla polizia a Ventimiglia mentre viaggiavano verso Campo Roja- il campo gestito dalla Croce Rossa- mentre erano a bordo di un pullman noleggiato dall’associazione Baobab experience di Roma).

Quel che si disse è che essi (i migranti) non erano certo dei detenuti e che, quindi, potevano girare liberamente: vero in punto di diritto, dal momento che, una volta identificati al momento dello sbarco e registratane l’identità, con tanto di foto segnaletica ed impronte digitali, essi non hanno alcuna restrizione di movimento, se non quella collegata all’obbligo di rimanere nello Stato che, per primo, li abbia presi in carico, in attesa dell’esito della loro domanda di protezione internazionale. Ma certamente, la questione è di merito, perché se si afferma di scappare da fame, guerre, persecuzioni, non si dovrebbero snobbare i soccorsi di varia natura che ti vengono offerti e la relativa ospitalità, fuggendo di nascosto.

Anche perché, nel mare magnum dell’accoglienza che, almeno fino ad un certo punto, è stata incontrollata, l’esperienza ha dimostrato che, all’esito, diverse domande sono state rigettate, e che magari chi richiedeva protezione internazionale non era proprio uno stinco di santo (l’esperienza, ad esempio, di quanto accaduto a Macerata lo dimostra, ma non solo).

Quindi, lecito dubitare e sperare che, quelli che saranno accolti dalla chiesa valdese non facciano la fine di quelli ospitati da quella cattolica. Ad onor del vero, il fatto che essa (quella valdese) sia tra le promotrici di uno degli strumenti (i c.d. corridoi umanitari: i quali nel caso di specie, però, nulla c’entrano) che, proprio in materia di immigrazione, sembra essere uno tra i più sicuri per garantire che, chi venga accolto ne abbia veramente diritto, potrebbe deporre a favore di una sostanziale tranquillità in tal senso.

Cosa sono i corridoi umanitari e come funzionano

Essi sono un progetto nato da una idea tutta italiana, promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Comunità di Sant’Egidio e sostenuto, appunto, dalla Tavola valdese, completamente autofinanziato, e, in realtà stanno riscuotendo interesse anche in altri Paesi europei.

Tramite un protocollo di intesa con il governo italiano, le associazioni coinvolte inviano sul posto dei volontari, che prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane, che dopo il controllo da parte del Ministero dell’Interno, rilasciano dei visti “umanitari” con Validità Territoriale Limitata. Questi ultimi, che costituiscono una deroga del tutto eccezionale al regime comune dei Visti Uniformi, vengono rilasciati dalla Rappresentanza diplomatica o consolare (in questo caso italiana) presente nel territorio di origine dell’eventuale beneficiario, quando, pur non in presenza di tutte le condizioni prescritte per il rilascio dei primi (Visti Uniformi), essa ritenga comunque sussistenti particolari motivi umanitari, o di interesse nazionale, o derivanti da obblighi internazionali o, comunque, di particolari ragioni di urgenza o necessità.

Un modus operandi che, così facendo, se da una parte evita che i profughi si avventurino in viaggi piuttosto pericolosi e dall’esito incerto, dall’altra permette di fare una loro “selezione” all’origine, nel loro stesso territorio di provenienza, attraverso una attività di indagine, svolta dalle stesse autorità italiane, che consente già “in loco” di capire chi possa effettivamente versare in una situazione di necessità e chi no.

Una volta arrivati in Italia legalmente e in sicurezza, i suddetti (profughi, che, nelle more, stando a quanto riportato sul sito internet della stessa Comunità di Sant’Egidio “sono accolti a spese delle nostre associazioni in strutture o case. Insegniamo loro l’italiano, iscriviamo a scuola i loro bambini, per favorire l’integrazione nel nostro paese e aiutarli a cercare un lavoro”) potranno presentare domanda di asilo.

Dato significativo ed importante è che, come accennato, il progetto in questione non è a carico dello Stato, poiché i fondi provengono in larga parte dall’otto per mille delle chiese valdesi e metodiste, da diverse comunità evangeliche in Italia e all’estero, da reti ecumeniche internazionali e da raccolte fondi “ad hoc”.

Così, tanto per dire che, forse, è su altre strade che bisognerebbe insistere.

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