A Natale regalate un libro…ma sceglietelo in libreria..

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Si è appena chiusa la XVII edizione di “Più libri più liberi”, la Fiera della piccola e media editoria; l’evento che, a ridosso delle festività natalizie, accoglie moltissimi visitatori che possono incontrare autori ed editori e soprattuto acquistare libri.

Abbiamo fatto il punto con il Dott. Alessandro Orlandi (La Lepre edizioni), editore di successo internazionale.

D. A questo punto sorge spontanea una domanda: meglio Roma o il Salone di Torino?

R. Meglio Roma: La piccola e media editoria è protagonista della Fiera, a Torino siamo schiacciati dal peso e dalle proposte dei grandi editori. Senza contare che a Torino alle spese dello stand, delle sale per le presentazioni e del trasporto dei libri si aggiungono quelle per la trasferta, per l’alloggio e per i pasti. Impossibile recuperare le spese con la vendita dei libri.

D. La media e piccola editoria ha un futuro o è oramai una realtà che deve preoccuparsi di rimanere in vita?

R. Se ha un futuro è nella qualità dei libri proposti e nella loro originalità. E’ tuttavia indubbio che i piccoli e medi editori dovrebbero trovare una soluzione comune per la distribuzione e la promozione. Come promuovere i propri libri se le vendite si spostano soprattutto su Amazon? Solo unendo le forze!

D. Molte librerie storiche hanno chiuso e nelle moderne librerie si sente poco quella sensazione romantica che dava l’odore della carta, le luci non a led ed il libraio che ti consigliava. Le vendite si fanno on line eppure molti vorrebbero aprire una libreria come un tempo. Cosa pensa a riguardo?

R. Sopravviveranno solo quelle librerie indipendenti la cui offerta sia del tutto originale rispetto a quella delle grandi catene (che quindi privilegeranno l’editoria di qualità) e i cui librai non siano venditori anonimi e incolti, ma esperti navigatori nel mondo delle case editrici di nicchia e sapienti consiglieri dei clienti.

D. Pare che negli ultimi anni siano esponenzialmente cresciuti gli scrittori e la voglia di diventare tali (o almeno di provarci), ma non è un controsenso rispetto al fatto che in Italia si legga molto poco?

R. I forti lettori di un tempo cercavano ispirazione per la loro vita nelle narrazioni di grandi scrittori, gli scrittori improvvisati di oggi cercano di rendere universale la loro epica personale (la maggior parte dei manoscritti degli scrittori improvvisati sono autobiografici). Tutto ciò indica una nevrosi generalizzata: le persone sentono in modo crescente di non contare più nulla e di essere divenute ininfluenti nel determinare gli eventi futuri, compensano questa frustrazione raccontando se stesse, amplificando le loro (spesso insignificanti) vicende personali, anche se non ne avrebbero i mezzi tecnici. Inoltre non sono interessate a ciò che raccontano “gli altri”, quindi non leggono, ma scrivono.

D. Tanti scrittori, quindi, ma come se ne può fare una professione e diventare uno scrittore di successo?

R. Temo, solo sapendo scrivere bene e avendo una immaginazione fertile, una forte capacità di studio e quel sesto senso che fa percepire ai veri artisti lo “Zeitgeist”, lo “Spirito del tempo”.

D. Lei viaggia moltissimo, che differenza c’è tra organizzare la presentazione di un libro a Parigi, anziché a Roma?

R. Si deve immaginare il pubblico che si potrebbe avere di fronte, valutare se valga la pena di proporre quel libro a una simile platea, studiare in che modo, con quale chiave, con quali presentatori e, infine se lo si fa perché ci si rivolge a un pubblico soprattutto italiano, sarà perché nel Paese estero esiste una forte comunità di connazionali, oppure si vuole far conoscere il libro all’estero per venderne i diritti a un editore di quel Paese (e, in tal caso, la presentazione avverrà nella lingua del paese ospitante).

D. A Natale le vendite dei libri tendono ad aumentare, qual’è il genere che va per la maggiore?

R. Il Romanzo storico e le Strenne, libri belli da vedere, che mescolano arte e letteratura.

D. Tre virtù che deve possedere un buon editore?

R. La percezione dello “Spirito del tempo” (e di ciò che sta per avvenire) e il saper riconoscere tutto ciò nelle narrazioni altrui, anche se fossero rivolte a un lontano passato; Il gusto per la buona scrittura ed una buona dose di incoscienza ed idealismo (oggi fare l’editore e pubblicare un esordiente è peggio che puntare il proprio patrimonio alla roulette)

D. Ed uno scrittore?

R. Per primo vale anche per lui la percezione dello “Spirito del tempo” (e di ciò che sta per avvenire) e il saper trasfondere tutto ciò nella propria narrazione, indipendentemente dall’argomento e dal tempo in cui si svolge, che si tratti di un romanzo o di un saggio. Direi poi una scrittura “alta”, possibilmente originale ed infine una forma pronunciata di “strabismo”: capacità di provare forti passioni ed emozioni e allo stesso tempo capacità di distaccarsene e guardarle dal di fuori. Un grande scrittore, mi sembra fosse Thomas Mann, scrisse che gli scrittori che trasfondono tutta la loro passione nella scrittura sono mediocri scrittori: occorre un processo alchemico di distacco da se stessi e una sorta di morte dell’Io per conquistare una scrittura destinata a parlare anche alle generazioni future.

(Photo by Darwin Vegher)

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