Ci formiamo in tutto tranne in quello per cui dovremmo

in CULTURA by

Si è conclusa a Milano la IV edizione del Premio Olivetti, prestigioso riconoscimento destinato a chi fa formazione in vari ambiti: Mercati e Competitività; Internazionalizzazione; Amministrazione e Finanza; Arte, Cultura e Turismo; Sanità; Benessere personale; Ricerca e Innovazione; Etica e Responsabilità Sociale; Ambiente; Comunicazione e Fundraising.

Ho avuto l’onore di essere inserito tra i giurati valutatori, tutti esperti professionisti nei campi sopracitati, ed in particolar modo di sedere al tavolo di valutazione dei progetti legati alla Cultura, all’Arte e al Turismo. Gli appuntamenti di Giuria sono suddivisi in quattro giornate in cui sono valutati progetti relativi alle dieci Aree che riassumono tutti i campi della formazione. Le sei Sezioni Metodologiche sono relative alle diverse interpretazioni della formazione, che può dunque essere interpretata come Tradizionale, Esperienziale, a Distanza; può includere attività nel Cinema o nel Teatro, può essere One to one, oppure Blended.

Non è un lavoro facile. I progetti presentati sono tantissimi e i criteri di valutazione devono tener conto di alcune specifiche caratteristiche come: Innovazione; Cambiamento; Trasferibilità; Utilità Sociale; Efficacia.

Ho sempre creduto che la formazione sia fondamentale, tanto da investire molto anche per la mia crescita personale e professionale, così come ho sempre creduto che in qualunque percorso formativo vi sia sempre qualcosa di importante, anche in quelli meno riusciti.

Al Premio Olivetti, concorrono ogni anno eccellenze del mondo del lavoro, grandi Gruppi come BNP Paribas, Generali, Conad, realtà più piccole, imprese e brand familiari, network, associazioni ecc.

Aggiudicarsi il Premio è davvero un motivo di orgoglio…ma in tutto questo c’è un dato che quest’anno mi ha colpito tantissimo.

Partecipando già alla II edizione di qualche anno fa notai quanto pochi fossero i progetti presentati nella sezione Arte, Cultura e Turismo rispetto a tutti gli altri.

Quest’anno ancora meno.

E’ incredibile. Un Paese come il nostro non ha ancora, nonostante il “cambiamento” dei governi e della società, compreso l’importanza di quelle che per noi sono risosrse naturali come per gli arabi il petrolio e i diamanti per il Sud Africa.

Sono talmente pochi i progetti ideati per formare figure professionali che sappiano fare business nei tre settori citati che mi viene da pensare che non esiste domanda, ossia che Arte, Cultura e Turismo vivono di creatività, talento e passione personale e poco di formazione e business. E’ davvero così?

Non credo, sono piuttosto convinto che non abbiamo mai valorizzato il nostro patrimonio culturale, artistico e naturale perchè ce lo siamo trovati così, gratuitamente. E’ un po’ come dar da mangiare a chi non ha fame.

Eppure abbiamo così tanta bellezza che, sfruttandola, si potrebbe cambiare non solo il nostro pensiero, ma dare lavoro, alzare il PIL e farci vivere meglio.

Va bene l’Innovazione, la Ricerca, l’Internazionalizzazione, i Mercati, Internet ecc, ma quale migliore forma di arricchimento se non quella che passa per il bello?

Il bello non bisogna vederlo, ma goderlo, capirlo e allora molte cose probabilmente non accadrebbero. Cose brutte ad esempio, sporche, degradanti, violente.

Perchè non aprire musei privati? Perchè non alleggerire le pratiche burocratiche per la costruzione di un albergo o l’apertura di un ristorante? Perché lasciare nei magazzini sotterranei dei musei cataste di reperti archeologici e storici? Perché non investire di più sull’arte, qualunque essa sia…forse perchè manca proprio una formazione specifica che indichi la strada verso professioni sconosciute che invece avrebbero, qui in Italia, enormi opportunità di crescita e occupazione.

Siamo la prima Nazione al mondo per biodiversità, possediamo il 70% del patrimonio artistico e umano del pianeta…siamo davvero una eccellenza, eppure disperdiamo le nostre energie a fare cose che ci appartengono poco o niente. Eppure nell’ambito dell’Arte e del Turismo ci sono diverse scuole che insegnano mestieri, dal restauratore al cuoco, ma quello che manca è un programma, o un progetto di formazione che renda percepibile le potenzialità di Business in questi settori. Qualcuno dovrebbe pensarci.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

*