Vecchi amici di quando i giovani meritavano rispetto

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Credo non ci sia cosa più piacevole che ritrovare un vecchio amico, quello dei bei tempi andati, con cui si facevano lunghe chiacchierate, parlando di tutto o niente; litigare nel peggiore dei modi e insultarsi senza sentirsi offesi.

esiste per tutti una persona con la quale puoi non sentirti nè vederti per anni ma, quando la ritrovi magari davanti a una birra, scopri che nulla è cambiato: il tempo si è fermato e tu puoi continuare quel discorso che stavate facendo venti o trenta anni prima. Su quale argomento? Non importa. Il piacere è stare insieme.

Un vecchio amico potrebbe essere anche una canzone o il finale di un film che ci ha fatto piangere o ridere quando, da ragazzi, il sogno era quello di vivere da protagonisti quella storia vista o ascoltata. Anche un libro. Magari letto vivendo la voglia di essere Sandokan, il Corsaro nero, Jim Hawkins; oppure fare il Giro del mondo in ottanta giorni o un viaggio Dalla terra alla luna. Ma accanto a questi giganti della fantasia c’è anche qualcuno, forse un po’ più nascosto nei file della nostra memoria, oggi forse sconosciuto ai più, ma che merita una maggiore attenzione e una rivalutazione per l’importanza che ha avuto, all’epoca forse non ben compresa, e capire oggi il messaggio che la sua presenza dava allora.

Lo incontravamo ogni settimana, sulle pagine di Topolino, quel giornaletto che oggi esiste ancora ed è, ovviamente, anche in formato elettronico, più adatto all’attuale generazione di lettori. Ed è giusto che sia così, ma allo stesso modo è giusto che qualcuno ricerchi su quelle pagine i nomi di Salvator Gotta e Nicolò Carosio.

Chi ha conosciuto o sfogliato il Topolino degli anni 60 e 70, cos’ come oggi destinato ad un pubblico sotto la soglia della teen age, trovava come presenze fisse quella del cronista sportivo Carosio e quella di Gotta: scrittore e uomo di cultura. Entrambi avevano una rubrica sul settimanale all’epoca edito da Mondadori, dalla quale rispondevano alle domande dei giovani lettori. Carosio parlava di sport e scriveva le biografie dei campioni mentre Gotta rispondeva a domande di cultura generale che spaziavano dalla storia alla letteratura, dalla società alla geografia, toccando ogni aspetto possibile della cultura generale. Gotta è stato  uno scrittore prolifico ma che non ha avuto  la dovuta considerazione, forse anche a causa del suo passato scomodo. Sono sue le parole di una delle versioni di „Giovinezza“ , canzone simbolo del fascismo ma che, peraltro, era stato creato oltre venti anni prima come inno goliardico da Nino Oxilia. In ogni caso Gotta non aderì alla repubblica di Salò. Ma non è questo il punto: in quanti si sono soffermati a riflettere sul dato obiettivo che, ad un pubblico di bambini, erano chiamati a rispondere alle domande personaggi di una simile levatura?

Carosio, sostituito nelle cronache della nazionale da Sandro martellini, si occupava del suo argomento specifico, mentre Salvator Gotta, laureato in lettere e giurisprudenza, e molto legato al risorgimento, rispondeva alle domande di un pubblico vasto ed eterogeneo su ogni argomento di interesse, con un linguaggio diretto e asciutto. Gotta trasmetteva cultura e sapere, due strane cose che i ragazzi di quell’epoca, più o meno consapevolmente, volevano. E gli editori, oltre ad offrire le storie colorate dei personaggi Disney, mettevano a loro disposizione la conoscenza di chi non soltanto era in grado di dare risposte alle loro domande, ma di personaggi che alzavano il livello culturale della pubblicazione e del lettore.

Topolino era per molti non solo la pausa settimanale; ma non era solo un momento di semplice svago. Era un contenitore attento alle esigenze del suo pubblico che non meritava, prima di tutto, essere insultato con i contenuti. E gli editori dimostravano rispetto per il loro pubblico, specialmente quello giovane, non sbattendo loro in faccia vicende scandalistiche o i resoconti di programmi trash. E’ pur vero che la TV in quegli anni aveva un valore anche educativo e pedagogico e, di conseguenza, anche la stampa si adeguava. Ma pensare per un momento che, negli intervalli delle storie di Paperino, Pippo e Zio Paperone si poteva incontrare simili personaggi, induce a riflettere sul fatto che quei giovani godevano di una importante forma di rispetto che probabilmente meritavano. Erano trattati, nel loro piccolo, già da grandi.

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