una lupa, due bimbi e un colle

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La capitale del mondo festeggia oggi i suoi primi 2.771 anni: Roma, così definita per la sua potenza e dimensione raggiunta durante il periodo dell’Impero Romano, la “Beatam urbem Romanam et invictam et aeternam” (città fortunata, invincibile ed eterna) di Tito Livio (Ab urbe condita, I sec.), meta da sempre ambita da tutto il mondo. Non a caso il detto “Tutte le strade portano a Roma”rispecchia sia la facilità sia il desiderio di raggiungerla almeno una volta nella propria vita. Diceva Giuseppe Garibaldi nel 1870: “Oh! Roma! Patria dell’anima! Tu sei veramente la sola! L’eterna! Al disopra d’ogni grandezza umana” (Clelia o Il governo dei preti).

Secondo il famoso racconto mitologico, Roma fu fondata da Romolo il 21 Aprile del 753 A.C., salvato da una lupa insieme al suo gemello Remo. Sviluppatasi strategicamente intorno al colle Palatino, si estese man mano agli altri colli Aventino, Campidoglio, Quirinale, Viminale, Esquilino e Celio e l’Isola Tiberina. Alberto Angela, nel suo libro “Una giornata nell’antica Roma” (2007), la descrive come “in perenne espansione, da generazioni. Ogni imperatore l’ha abbellita con nuove costruzioni e nuovi monumenti, cambiando gradualmente il volto della città. A volte, invece, il suo volto è cambiato radicalmente, anche a causa degli incendi, molto frequenti. Questa continua trasformazione di Roma proseguirà per secoli, con il risultato di farla diventare già nell’antichità un bellissimo “museo” all’aperto di arte e di architettura“.

Fu Augusto a dare un nuovo volto a Roma, rendendola una città monumentale: “Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo” (cit. Svetonio in “Vite dei Cesari”, II sec.). Imperdibile a Roma una passeggiata nel cuore della storia, ai Fori, inaugurati nel 46 a.C. con la piazza voluta da Cesare e terminata da Augusto. Apre proprio oggi la nuova stagione per visitare i Fori dedicati ai due imperatori, accompagnati dai racconti dei VIAGGI NELL’ANTICA ROMA cura di Piero Angela e Paco Lanciano. Un’esperienza unica dove le pietre raccontano la storia della più grande metropoli dell’antichità con una ricostruzione, non priva di effetti speciali, fedele dei luoghi e della vita di allora, quando si contavano più di un milione di abitanti. Una cifra enorme se si pensa che Roma tornerà ad avere quel numero a metà del XX secolo. Oggi, con oltre 2.800.000 abitanti, Roma si attesta come il comune più popoloso d’Italia e in Europa il quarto dopo Londra, Berlino e Madrid.

Tornando all’antichità, a proposito di Cesare, reputato da alcuni storici il primo vero imperatore romano, per secoli si è ritenuto che soffrisse di epilessia, considerata all’epoca il «morbo sacro». Tuttavia, il riesame delle sue condizioni di salute a partire dal lavoro scientifico del medico paleopatologo dott. Francesco Maria Galassi, di cui si legge nel libro Julius Caesar’s Disease (2015), sta aprendo una nuova breccia negli studi sui suoi ultimi anni di vita. Come afferma lo stesso Galassi:

“Per lungo tempo gli storici hanno creduto Cesare epilettico. Lo studio dettagliato delle fonti antiche con un approccio filologico-clinico ha invece ribaltato la credenza. Solo Plutarco, storico greco, ritiene l’epilessia tratto caratteristico della vita di Cesare, mentre la fonte latina, Svetonio, parla di una malattia cesariana solo sul finire della vita dello stesso. Un’ipotesi cerebrovascolare nella forma di mini-ictus è molto più realistica e compatibile sia con l’età del soggetto (56 anni alla morte, avanzata per l’epoca) con il background di patologia cardiovascolare nella famiglia di Cesare (il padre ed un progenitore morirono improvvisamente senza alcuna spiegazione e la descrizione delle loro morti è quella tipica di una morte cardiaca improvvisa). La mattina delle Idi di Marzo Cesare era molto debole, in seguito ad un episodio patologico occorso durante la notte. Le fonti poi parleranno di presagi divini a causare un turbamento in Cesare e una esitazione se recarsi alla seduta del Senato, ma una spiegazione patologica è molto più concreta. Ma se Cesare non era epilettico, perché il mito della sua epilessia ha avuto tanto successo? Cesare – o Ottaviano dopo di lui – molto probabilmente, non potendo negare la malattia del dittatore, scelsero di diffondere la spiegazione epilettica perché l’epilessia all’epoca non era solo considerata una punizione divina ma una condizione associata a personalità geniali e eroiche”.

Dalla paleopatologia ci arrivano informazioni utili alla comprensione delle malattie e, a proposito dell’alimentazione degli antichi romani e dell’impatto sulla loro salute, l’esperto Francesco M. Galassi, intervenuto nel recente congresso nazionale di medicina e pseudoscienza CNMP 2018 tenutosi a Roma ai primi di aprile, riferisce come le patologie cardiovascolari fossero presenti anche nell’antichità:

“La società dell’Antica Roma, come anche quella greca e quella egizia, rappresenta un eccellente modello di studio delle malattie nell’antichità. A differenza della nostra, esistevano profonde differenze fra le classi sociali a livello di alimentazione, sebbene grano, olive ed olio d’oliva fossero consumate da tutte le componenti della società e contribuissero ad apportare un numero maggiore di calorie dietetiche. Le classi agiate, chiaramente, avevano una dieta ipercalorica e, quindi, in certa misura, paragonabile a quella della popolazione occidentale contemporanea. Questi regimi dietetici sicuramente avevano un ruolo importante nella genesi di patologie multifattoriali croniche tipiche dell’età avanzata, quali le malattie cardiovascolari. Le opere di Galeno e di Areteo di Cappadocia, per esempio, documentano con grande dovizia di particolari patologie cardiache, quali ictus e infarto cardiaco, o l’obesità. Le classi più svantaggiate, invece, soffrivano spesso di carenze nutrizionali, le peggiori delle quali potevano manifestarsi nell’età dello sviluppo”.

La storia ci lascia testimonianze di vite, costumi e usanze ma anche insegnamenti tuttora preziosi. Il periodo dell’antica Roma era caratterizzato da battaglie cruenti, come quelle raffigurate sull’Arco di Costantino, accanto al Colosseo, realizzato per onorare la vittoria dell’Imperatore Costantino su Massenzio, nella battaglia del 312 d. C. di Ponte Milvio. Una lezione importante della storia è quella che ricorda il ricercatore Francesco M. Galassi rispetto all’attuale dibattito sulle vaccinazioni nel suo recente volume “Un Mondo senza Vaccini? La vera storia” (2017):

“I nostri avi, compresi gli antichi Romani, vissero in un mondo in cui patogeni responsabili di gravissime e mortifere malattie infettive erano liberi di agire indisturbati. Le terapie dell’epoca erano risibili. Spesso, paradossalmente, era molto maggiore il numero di decessi cagionato dalle infezioni susseguenti alle ferite riportate in battaglia di quello derivante dai fendenti dei nemici. Non esistevano soprattutto i vaccini, che costituiscono de facto una cesura tra due mondi, un vero e proprio Vallo di Adriano tra due epoche. Noi siamo in grado di prevenire, ossia di bloccare alla fonte, molte di queste malattie. Rifiutare la vaccinazione e tornare a quel mondo è semplicemente folle. Studiare la storia invece ci fa capire di quale vantaggi gode la nostra società a livello medico”.

Augurando lunga vita a Roma, l’auspicio per chiunque passi per questa città eterna è di provare ciò che descrive Johann Wolfgang Goethe in “Viaggio in Italia” (1813-17): “Comincio a gustare anche le antichità romane. Storia, iscrizioni, monete, tutte cose di cui non volevo sentir parlare, ora mi si accalcano intorno. Come già m’è avvenuto per la storia naturale, mi succede anche qui: perché in questo luogo si riallaccia l’intera storia del mondo, e io conto d’esser nato una seconda volta, d’essere davvero risorto, il giorno in cui ho messo piede in Roma“. Non soltanto un soggiorno di piacere ma anche una rinascita.

Cinzia Tocci

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