La cultura che (non) ti aspetti

La scimmia nuda

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Tornare alla “normalità”. Questa è la volontà diffusa in questo periodo, nel quale ci viene costantemente ripetuto che dovremo adattarci a grandi cambiamenti. Sarà possibile però un giorno, più o meno lontano, tornare alla vita di prima?  Ma soprattutto, saremo in grado di reclamare  il nostro diritto alla “normalità”?

La psicologia sembra non darci molte speranze. Nel 1967 il dottor Stephenson pubblica uno studio fatto su due gruppi di scimmie (che chiameremo A e B): al gruppo A viene messo a disposizione un oggetto, ma i primati vengono puniti ogni volta che provano a maneggiarlo. A questo punto nella gabbia entra il gruppo B, i cui membri, avvicinandosi all’oggetto in questione, vengono ammoniti o fermati fisicamente dai membri del gruppo A, i quali istituiscono un legame fallace di causa effetto fra l’uso dell’oggetto e la relativa punizione. Una volta eliminato il gruppo A, le scimmie del gruppo B arrivano a maneggiare l’oggetto in questione, ma con minor abilità e sicurezza  a causa della diffidenza che ormai hanno interiorizzato: probabilmente, se i simili gli hanno impedito di usare l’oggetto, esiste un pericolo, ma non sanno quale possa essere.

Siamo animali sociali, e da un giorno all’altro ci siamo ritrovati chiusi in casa senza possibilità di assembramenti: come il gruppo A di scimmie, però, abbiamo avuto un giusto motivo, in questo caso evitare il contagio, e allora è giusto che per precauzione rispettiamo le norme e le distanze di sicurezza. Ma è anche vero che un giorno l’emergenza finirà, e dopo un periodo più o meno lungo di cautela, avremo il diritto di tornare a vivere di “assembramenti” e collettività.

Il rischio sarebbe altrimenti quello di assumere l’atteggiamento del gruppo B dell’esperimento, che, nonostante non ci fossero più ragioni per avere paura, interiorizzando il timore non ha più recuperato l’abilità di maneggiare l’oggetto: nel nostro caso, però, “l’oggetto” è la nostra vita sociale, ed una scarsa capacità sociale ci porterebbe ad un imbarbarimento.

Per non comportarci così dovremo allora recuperare le nostre usanze sociali, dall’andare al ristorante al vedere un film al cinema, fino alla semplice stretta di mano. Tutto ciò, lo ripetiamo, non sarà possibile fino a che il contagio rappresenterà un pericolo; ma sarà doveroso una volta finita l’emergenza, perché, sebbene Morris ci abbia definiti “scimmie nude”, non siamo primati, e, a differenza delle scimmie del gruppo B, siamo in grado di capire quando il pericolo è cessato.

O almeno lo speriamo.

 

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