La cultura che (non) ti aspetti

Outside the virus

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“In che modo e in quali tempi riusciremo veramente ad uscire da questo virus?” E’ questa la domanda più ricorrente negli ultimi giorni. I contagi, stando ai dati forniti dalla Protezione Civile, sono in calo. Il “picco epidemico” sembra ormai alle spalle. Ma come e quando ripartirà la nostra quotidianità pre-quarantena? In molti hanno provato a dare una risposta ma, ad una manciata di giorni dall’ingresso nella “fase 2”, sono ancora parecchi gli interrogativi che si pongono gli scienziati.

“La coesistenza con il virus”, posta come incipit dal Premier Conte, potrebbe avere un impatto drammatico se gestita nel modo sbagliato, perché l’Italia ha sì il disperato bisogno di fare un passo avanti rispetto alla situazione attuale, di ripartire nel più breve tempo possibile, ma deve farlo nel modo giusto, con chiarezza nei decreti e soprattutto con responsabilità civica, perché un passo falso potrebbe costringerci a ripartire da zero.

E’ facile pensare a questa quarantena come ad un “muro” posto tra noi e la nostra libertà ed è altrettanto facile quindi agganciarci ad un interessante parallelismo con uno dei più grandi album che la musica ci abbia mai regalato, “The Wall” dei Pink Floyd. Il tema trattato, come ci suggerisce il titolo dell’opera, è quello di un muro costruito non solo di mattoni, ma di pensieri, turbamenti ed eventi tragici che costringono “Pink”, il protagonista dell’album (un personaggio basato sull’autore Roger Waters) ai limiti della società, dopo essersi richiuso nel suo muro apparentemente invalicabile.

Una delle caratteristiche principali che fa di “The Wall” una svolta epocale, musicalmente parlando, è la quasi completa eliminazione del “silenzio post traccia”, donando così un senso di linearità e continuità all’album che, nonostante (nella versione originaria in doppio LP) sia inciso su quatto lati, può essere ascoltato anche come un’unica opera musicale.

Uno dei pezzi più significativi, che possiamo trovare in “The Wall”, è sicuramente “Is There Anybody Out There?”. La canzone è quasi interamente strumentale e letta ai giorni nostri, suona terribilmente attuale. Questa infatti narra del tentativo di Pink di mettersi in contatto con qualcuno al di fuori del muro. La domanda “c’è qualcuno lì fuori?” viene ripetuta due volte all’inizio della canzone, senza però ricevere alcuna risposta, lasciando spazio ad un lento e triste arpeggio che introduce “Nobody Home”.

L’ultima traccia è però probabilmente quella che più di tutte riesce a descrivere il lieto fine che tutti ci aspettiamo da questa triste vicenda che stiamo vivendo. “Outside the Wall” è un vero e proprio inno alla vita, alla libertà. Roger Waters lascia da parte la storia di Pink per donare una morale all’intero album, sottolineando come sia contro natura, per un uomo, isolarsi dal mondo esterno. Ma il brano si chiude con tre parole (apparentemente senza senso) “Isn’t this where…”. Esse ricollegate alle tre parole inziali “…we came in?” della prima canzone dell’album (In The Flesh?) suonano da monito, (“non è qui che siamo entrati?”) andando a creare così un circolo vizioso nell’ascolto dell’album.

Ed è proprio questo il rischio che corriamo una volta usciti dal “muro” della quarantena, rientrare in un circolo vizioso del virus, che andrebbe a minare oltre che l’economia del nostro paese, anche il nostro stato d’animo e le relazioni sociali. Infatti, da una parte “The Wall” dovrebbe essere riascoltato una volta terminata “Outside the Wall”, in un loop infinito, ma nella vita reale ci auguriamo tutti di riuscire a mettere un punto definitivo una volta “Outside the Virus”.

“All alone, or in two’s / The ones who really love you / Walk up and down outside the wall.”

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