Mauro Valentini presenta Cesare, un uomo che ha perso tutto.

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Mauro Valentini ha trascorso gran parte della sua vita a condurre inchieste, a dare voce a coloro che l’avevano persa, ha raccolto le testimonianze e le sofferenze dei parenti delle vittime, si è fatto carico del loro passato e del loro presente, ma dopo aver dato voce a sofferenze reale ha avvertito l’esigenza di immergersi in un nuovo mondo: quello della narrativa.

Cesare è un uomo che ha perso tutto, i rapporti con i suoi familiari si sono sgretolati come granelli di sabbia, come un castello di carte dopo una folata di vento. 

Cesare è un uomo che ha perso e che cerca disperatamente un rapporto con la realtà attraverso l’aggressività.

Però, Cesare è reale, vive delle emozioni in cui l’uomo moderno si identifica, è autoriflessivo, conduce severi bilanci statistici su di sé, è spietato con il suo IO. Cerca la colpa e quando la trova agisce, il clou della narrazione di Valentini è qui: il libro parte, ingrana, quando il protagonista matura la volontà di vendetta. E come dirà Towne: la vendetta nel noir è centrale.

Cesare fa, agisce, è azione allo stato puro, non è uno di quelli che pensano che non ci siano vie d’uscita, che sia finito tutto. Cesare si prodiga, comprerà una pistola da usare come ansiolitico, raggiunge i suoi mostri interiori.

Ciò che colpisce della scrittura di Valentini è la realtà della narrazione, una realtà reale, tangibile in cui il lettore può facilmente immergersi. Mauro Valentini descrive i luoghi della sua infanzia, della sua adolescenza, luoghi iconici della romanità, Cesare, infatti, comprerà quella pistola al Laurentino 38, parcheggerà la macchina in Via Caetani, osserverà da dietro il vetro delle finestre di casa il quartiere Giuliano-Dalmata.

D: Machiavelli nella dedica al Principe dirà di voler scrivere senza orpelli e ornamenti, senza superbia, ma con un obiettivo, raggiungere la riflessione del lettore, è ciò che anche Lei fa, dal momento che si avvicina con l’umiltà dell’aiutante artigiano che colpisce?

R: Mi metto al servizio del lettore, colui che acquista il mio libro deve immergersi, aver la possibilità e la capacità di fare il tour dei luoghi iconici frequentati da Cesare. Il lettore deve essere incluso nella narrazione, questo è il motivo per cui procedo all’inverso. Non mi comporto come Machiavelli, ma come il fruitore del mio stesso libro.

D: La modernità ha vanificato le illusioni, ha fatto sì che le paure diventassero più tangibili, il valore della colpa che cerca Cesare con insistenza è riconducibile ad una colpa originaria? E per questo volerla necessariamente redimere, volersi necessariamente redimere?

R: Cesare cerca colpe pratiche, non ce l’ha con il figlio con cui non gioca più a carte, con la moglie, con la donna di Foggia che incontra nella sua Fiesta azzurra. Cesare non incolpa neanche chi gli ha procurato dolore. Cesare incolpa se stesso, ha perso le piccole cose, cose che sono apparentemente risolvibili, ma che, nella sua testa, sono il motivo per sparare. Per gridare vendetta.

…Eppure, c’era stato un momento, un periodo lungo diversi anni, in cui la sua vita aveva somigliato a quella di tanti altri. Un momento in cui vivere non era come quello che stava vivendo ora. Un periodo lungo in cui la sua vita era fatta di lavoro che amava, di moglie e di figlio. C’era stato un periodo così anche per lui…

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