GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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“Gli ultimi” – Un mondo di donne RAI STORIA (27/9/2015)

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Un mondo di donne – Gli ultimi

Una produzione Rai Cultura

Nel Kosovo, le vedove del villaggio Krushe raccontano come attraverso la solidarietà reciproca, sono risorte dalle ceneri di una guerra che le aveva private di tutto.

Per vedere la puntata clicca QUI .

mondo di donne 2

“Un mondo di donne” è il racconto corale che lancia un ponte tra presente e passato per cogliere affinità di valori tra alcune donne illustri del ‘900 e molte donne di oggi. In ogni puntata una figura di donna che ha lasciato il segno nel XX secolo fornisce lo spunto per raccontare tre storie di donne contemporanee, di paesi e culture diverse, che condividono con la prima lo stesso coraggio e passione nel portare avanti i propri progetti di vita ed emancipazione.
 Ogni lunedì alle 23 su RaiStoria.
La prossima puntata di Nawart Press sarà lunedì 12 ottobre sempre alle 22.46.
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“Gli ultimi” – Un mondo di donne RAI STORIA (27/9/2015)

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Un mondo di donne – Gli ultimi

Una produzione Rai Cultura

Nel Kosovo, le vedove del villaggio Krushe raccontano come attraverso la solidarietà reciproca, sono risorte dalle ceneri di una guerra che le aveva private di tutto.

Per vedere la puntata clicca QUI .

mondo di donne 2

“Un mondo di donne” è il racconto corale che lancia un ponte tra presente e passato per cogliere affinità di valori tra alcune donne illustri del ‘900 e molte donne di oggi. In ogni puntata una figura di donna che ha lasciato il segno nel XX secolo fornisce lo spunto per raccontare tre storie di donne contemporanee, di paesi e culture diverse, che condividono con la prima lo stesso coraggio e passione nel portare avanti i propri progetti di vita ed emancipazione.
 Ogni lunedì alle 23 su RaiStoria.
La prossima puntata di Nawart Press sarà lunedì 12 ottobre sempre alle 22.46.
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A Dubai il nuovo centro di anti propaganda Isis

Medio oriente – Africa di

Antipropaganda è il termine magico al quale viene affidato il nuovo fronte della lotta contro Isis. Nessuna arma fisica in questo caso, ma semplicemente la forza che immagini e parole riescono a esercitare sulle volontà e a dominarle. La guerra combattuta dal Califfato non prescinde, fin dalle origini, dal potere di condizionamento esercitato da una comunicazione mirata e strutturata per far leva sulle vulnerabilità dei singoli che, opportunamente stimolate, possono trasformarsi negli strumenti necessari per asservirne le menti. Attirati da miraggi e sedotti dalla violenza, volontari provenienti da ogni parte del mondo hanno raggiunto e affiancato i combattenti della jihad vestendo le nere divise del califfato. Stati Uniti ed Emirati Arabi hanno ora deciso di confrontarsi con lo Stato Islamico sul comune terreno della comunicazione. Abu Dhabi è stata scelta come sede del centro media “Sawab Center”, parola araba – sawab – che significa “il modo giusto e corretto”, nel quale saranno concepite le azioni di contrasto alla propaganda firmata Isis, diffuse attraverso media tradizionali e soprattutto web tramite i canali social. L’obiettivo è di “invertire la narrativa” sul gruppo Isis. Il centro, in corso di strutturazione, si avvarrà della collaborazione di circa una ventina di dipendenti a tempo pieno provenienti dagli Emirati e sarà supportato finanziariamente in particolare dal paese che lo ospita. Gli Stati Uniti nel frattempo si stanno attrezzando per rendere ancora più strutturato ed efficace il CSCC, Centro di comunicazione strategica per l’antiterrorismo (Center for Strategic Counterterrorism Communications), istituito nel 2011 e artefice della campagna “Think Again , Turn Away” (Rifletti, allontanati) diffusa su Facebook , Twitter e Tumblr . “L’esercito virtuale on line” di Isis è composto da 90.000 account sparsi in tutto il mondo dai quali vengono diffusi messaggi di testo e video attraverso la rete. Una ramificazione che fa capire quanto il Califfato ritenga importante ai fini del reclutamento, le campagne promozionali e i canali che le supportano. Un primo tentativo di contropropaganda è stato realizzato nel maggio scorso dal Dipartimento di Stato americano che ha diffuso su You Tube, un video dal titolo “Welcome to the “Islamic State” land” costruito per mettere in evidenza le vittime musulmane del terrorismo islamico oltre alla foga distruttrice del movimento. Le immagini sono precedute da una breve prefazione: “Correte, non camminate, verso la terra dell’Isis”, dove imparerete “utili nuove doti” quali “crocifiggere e uccidere musulmani”, “far saltare moschee”, divenire suicide bomber all’interno dei luoghi di culto e sprecare risorse primarie mentre scorrono le immagini delle atrocità compiute dai jihadisti. Il finale offre la punta più alta del sarcasmo che lo governa. “Il viaggio è economico – si legge mentre si vede un cadavere buttato da una altura. “Non avrete bisogno del biglietto di ritorno”. Nonostante le proteste per l’eccessiva violenza rilevata da alcuni e le accuse di maldestra imitazione dei video prodotti dalla controparte, il video è presto diventato virale con migliaia di visualizzazioni. Anche l’Unione Europea ha deciso di muoversi sul fronte dell’antipropaganda dichiarandosi pronta a dare vita ad un gruppo di consiglieri in Belgio per contrastare i messaggi dei jihadisti dello Stato islamico (Isis). Anche in questo caso la via prescelta è quella della contronarrazione ai messaggi postati dai jihadisti sui social media. Di fronte a questa mobilitazione, la rete non è rimasta in silenzio. I militanti di Anonymous, cyber-movimento noto per le sue azioni dimostrative ed i suoi attacchi informatici, ha impiegato le sue capacità per mettere a punto due interventi di sabotaggio informatico che hanno colpito account Twitter, Facebook ed email dei fiancheggiatori della jihad islamica.
Monia Savioli

Iran, ecco le sfilate in linea con i precetti dell’Islam

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A lezioni di passerella da Behpooshi, prima e più nota agenzia di Teheran di modelle alla maniera islamica

Video di Costanza Spocci e Testo di Eleonora Vio – Nawart Press

su Io Donna 

Da un anno e mezzo in Iran posare e sfilare in pubblico è halal, ovvero in linea con i dettami islamici. Se il Ministero per la Cultura e la Guida Islamica si è finalmente aperto alle esigenze di giovani sempre più proiettati verso il dinamico mondo esterno, è stato però chiaro su una cosa: no alle modelle alla occidentale e via libera alle indossatrici alla maniera islamica.

«L’indossatrice deve essere interamente coperta, ad eccezione di viso mani e piedi, e deve sfilare guardando dritta davanti a sé, senza osare movimenti sfacciati e provocatori» spiega Sharif Ravazi, fondatore di Behpooshi, cioè la prima e più nota agenzia di modelle di Teheran. L’Iran è stato investito da un boom di chirurgia estetica ma Ravazi vuole riappropriarsi degli originali canoni estetici iraniani e per questo seleziona «giovani acqua e sapone, vicine alle persone comuni». «Se in altri paesi l’industria di moda ha solo a che fare con i vestiti e l’estetica, in Iran può cambiare il ruolo delle giovani nella società» spiega Ravazi.

Nonostante le rigide regole di comportamento cui iraniani e iraniane devono adattarsi, nella storia iraniana le vesti sgargianti non mancano, come si vede nei capi tradizionali di città come Kashan o Esfahan. «Perfino il Profeta Maometto si diceva indossasse calzature gialle – sbotta Ravazi – ma chissà perché il nero oggi dilaga ovunque.»

Come in ogni altro aspetto della vita iraniana, anche nella moda c’è una netta linea di demarcazione tra sfera pubblica, dove manichini inespressivi coperti dalla testa ai piedisfilano per un pubblico misto di donne e uomini, e quella privata, con indossatrici senza velo, abiti scollati e pose sensuali, di fronte a un’audience di sole donne al riparo da sguardi indiscreti.

Lo sforzo per far emergere l’identità iraniana anche nella moda è apprezzabile, ma le aspiranti indossatrici non hanno dubbi: «Tra show pubblici e privati preferisco di gran lunga i secondi – dice Sarah Jinoussi -. Lì posso esprimermi liberamente e sentirmi… una vera modella.»

Eleonora Vio
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