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Nigeria e Camerun: oltre 70 morti

Medio oriente – Africa di

Proseguono le stragi firmate Boko Haram. L’organizzazione jihadista avrebbe tuttavia chiesto al governo presieduto da Buhari di scambiare le 200 studentesse di Chibok, rapite lo scorso anno, con alcuni leader catturati dall’esercito.

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Continua l’offensiva di Boko Haram in Nigeria e nei Paesi limitrofi. I villaggi dello Stato di Borno e Fotokol, Camerun, sono stati presi d’assalto dalle milizie jihadiste negli ultimi giorni, causando oltre 70 morti. Un’azione di forza atta a dimostrare ancora di più la forza della cellula terroristica affiliata al Califfato, nonostante gli Stati della zona abbiano cercato di reagire nei mesi scorsi.

Dopo la secca condanna delle Nazioni Unite, critiche anche nei confronti dell’immobilismo Nigeria, Ciad, Niger e Camerun, il presidente Buhari ha rimosso i vertici delle Forze Armate, a seguito delle aspre contestazioni ricevute in patria. Tuttavia, dopo le cruenti azioni di questo luglio, causa di numerose vittime di religione musulmana, appare sempre più evidente che Boko Haram giudichi come “traditore” il comportamento del Capo dello Stato eletto a marzo, anch’egli di fede islamica. E questo giustifica, in parte, il ritorno ad un modo di agire così cruento.

Intanto, l’8 luglio scorso, un rappresentante di un’organizzazione non governativa avrebbe riferito di uno scambio proposto da Boko Haram al governo nigeriano. L’organizzazione terroristica, infatti, avrebbe riferito di essere disposta a liberare le 200 studentesse di Chibok, rapite nell’aprile 2014, in cambio di sedici leader jihadisti catturati dall’esercito di Lagos. Una trattativa ancora in fase di stallo, ma già iniziata lo scorso dall’ex presidente Goodluck: l’accordo non fu trovato perché l’esecutivo sarebbe stato in possesso solo di quattro dei sedici prigionieri rivendicati.
Giacomo Pratali

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Migranti: vertice Renzi-Ban Ki Moon

Difesa/EUROPA/POLITICA di

Il premier italiano in pressing sul Segretario Generale Onu per un’operazione di polizia internazionale contro i barconi provenienti dalla Libia.

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“Fermare i trafficanti di esseri umani per evitare una catastrofe umanitaria è un’assoluta priorità su cui contiamo di avere il sostegno delle Nazioni Unite”. Si è espresso così il premier italiano Matteo Renzi nel vertice a tre con il segretario Onu Ban Ki Moon e l’alto rappresentante dell’Ue Federica Mogherini, insignita del mandato esplorativo per constatare se ci siano le condizioni o meno per un intervento militare contro i barconi. L’incontro, avvenuto a bordo della nave S. Giusto nel Canale di Sicilia, si è svolto dopo il Consiglio Europeo straordinario di giovedì 23 aprile.

La strage di migranti e i molti sbarchi previsti nei prossimi mesi (già 25mila persone sono arrivate in Italia dall’inizio del 2015) hanno reso questo incontro necessario. Soprattutto, dopo l’aumento dei fondi destinati all’operazione Triton, Renzi ha cercato di spingere, con il sostegno di partner come Francia, Gran Bretagna e Spagna, sulla questione dei respingimenti, in una sorta di “operazione di polizia internazionale” che vada a distruggere i barconi e catturi gli scafisti.

Sul luogo dell’incontro, scelto dal Primo Ministro italiano per fare “vedere fisicamente e plasticamente a Ban Ki Moon che cosa sta facendo l’Italia”, il Segretario Generale ha affermato che “la concentrazione di tutti sia su salvare le vite, inclusa l’area libica delle operazioni di ricerca e soccorso”, ma “la sfida” è “anche assicurare il diritto all’asilo del crescente numero di persone che in tutto il mondo scappano dalla guerra e cercano rifugio”.

Mentre sulla Libia, ha ribadito che”non ci sono alternative al dialogo. Il mio Rappresentante speciale, Bernardino Leon, e la sua squadra continuano a lavorare in maniera instancabile con le parti libiche coinvolte, per aiutarle ad arrivare insieme ad uno spirito di compromesso”, conclude Ban Ki Moon.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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