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Mandato di arresto per Becchetti, il patron di Agon Channel

BreakingNews/EUROPA di

La procura della capitale albanese ha emesso un ordine di cattura per Francesco Becchetti, imprenditore romano, nipote dell’ex ras delle discariche Manlio Cerroni, proprietario di Agon Channel, rete televisiva che produce nel paese balcanico e trasmette anche un canale in italiano sul nostro digitale terrestre. Il mandato riguarda anche la madre Liliana Condomitti. Le accuse, per entrambi, sono quelle di riciclaggio e “falso in documentazione”.

Circa un’anno e mezzo fa

Al telefono: ” Guardo la tv, c’è un nuovo canale che ha aperto. A proposito, infatti te lo volevo chiedere: questo è un’italiano, uno che lavorava con l’immondizia, ne sai qualcosa?”, – “No, come si chiama?”,- domando a mia volta incuriosita. “Beh, Agon Channel, ma come si chiama il tipo proprio non mi viene”.

Capita che a casa ci torno in ferie ad agosto 2014 e, finalmente, guardo Agon Chanel: una catapulta catodica che ti getta indietro nei primi anni ’90, quando da bimbi albanesi s’imparava l’italiano con “la televisione”. Tornando alla realtà, “il tipo” un nome ce l’ha, anche ben noto ai media, anche a quelli investigativi: Francesco Becchetti.

Kalivac – Albania

Se si prova a fare una ricerca in rete, sui motori di ricerca, e si digita “Kalivac Albania”, il primo risultato che viene fuori è la pagina di uno studio professionale d’ingegneria idro-elettrica con base a Roma e se si apre la pagina troviamo la scheda lavori per la costruzione di un impianto idro-elettrico, commissionato da Enelpower nel periodo 2000-2001. Il secondo risultato è il sito web della Hydroelectric Beg – Becchetti Energy Group. I sito è aggiornato al 2011 e il progetto viene ancora descritto come “in una joint venture con Deutche Bank” e in conclusione si legge: ” To date, 40% of the works have been completed. The start-up is expected for 2012 – A oggi, il 40% dei lavori è stato completato. L’ avvio è atteso per il 2012″.

Il 2012 giunse, passò e lasciò Kalivac, sud dell’Albania, con uno squarcio di cantieri abbandonati e operai non pagati. Il resto avvenne nelle aule giudiziarie. La BEG aveva ottenuto una concessione trentennale e tanti incentivi dal governo albanese, sempre nel tentativo di attirare investitori stranieri nel paese.  La Enelpower avrebbe dovuto partecipare a costruire e gestire in società l’ impianto da 100 megawatt per un’ investimento di 160milioni di euro. Tutto finisce quasi in un batter d’occhio e il colosso energetico si ritira e Becchetti cita in giudizio Enelpower per “non aver mantenuto gli impegni finanziari alle scadenze previste”. In Italia viene respinta la richiesta di risarcimento di 120 milioni e la BEG si fa concedere una proroga dal governo albanese. Il 2007 vede realizzarsi l’accordo con Deutche Bank che, però, salta anche in questo caso. Il risarcimento viene riconosciuto alla BEG dal tribunale albanese per un ammontare di oltre 20milioni di euro e, forte di questo, Becchetti non esita a citare in giudizio di nuovo Enelpower, sempre in Albania, vedendosi riconosciuti 440milioni di euro.

Agon Channel

La tv di Becchetti “albeggia” ( traduzione della voce “agon”) nel 2013 a Tirana. Recluta stranoti volti televisivi albanesi, paga in euro, propone una formula descritta come “innovativa”, ma che rimanda quasi immediatamente alla tradizione della tv generalista italiana e alla formula sdoganata dei talent show. Il resto è storia: la decisione “epocale” di trasmettere in Italia da Tirana, l’arrivo di star della tv italiana, con un certo diletto per quelle “sulla via del tramonto” professionale in patria, la sovraesposizione dell’immagine dello stesso Becchetti nei media e nei rotocalchi di costume.

Ritorno al futuro

“La procura della capitale albanese ha emesso un ordine di cattura per Francesco Becchetti, imprenditore romano, nipote dell’ex ras delle discariche Manlio Cerroni, proprietario di Agon Channel, rete televisiva che produce nel paese balcanico e trasmette anche un canale in italiano sul nostro digitale terrestre. Il mandato riguarda anche la madre Liliana Condomitti. Le accuse, per entrambi, sono quelle di riciclaggio e “falso in documentazione”. Disposto anche il sequestro delle quote delle sua società. Al centro dell’inchiesta giudiziaria, avviata un anno fa, il progetto per la costruzione di una delle più grandi centrali idroelettriche del paese, mai realizzata”, si legge nei comunicati stampa che fanno girare la notizia poco prima dell’ora di pranzo del 9 giugno 2015.

La vicenda giudiziaria dà l’avvio a una nuova fase nei rapporti tra Becchetti e le autorità albanesi. Immediate anche le prese di posizione “pro” e “contro” il personaggio. Berisha ( sì, sì, è lo stesso) tuonava contro il governo Rama, il quale starebbe “facendo di tutto per chiudere il becco a chi lo attacca”. Qualche commentatore più “realista” si pone la questione dell’attendibilità di tale operazione clamorosa contro un’ imprenditore straniero in Albania: e se i fatti smentissero questo zelo della giustizia albanese, “che figura ci fa l’Albania”?

La riforma della giustizia e la lotta alla corruzione è una priorità del governo Rama nel quadro della prospettiva europea. Le elezioni amministrative che si terranno tra due settimane punteranno i riflettori internazionali sul paese e, secondo i suoi oppositori, la reazione contro Becchetti si racchiude in un’azione intimidatoria, che poco ha a che fare con la giustizia.

Fermo restando che la vicenda giudiziaria avrà il suo corso, il pittoresco personaggio dell’imprenditore italiano che offriva “primati”  in qualsiasi settore mettesse mano, che poi sono i soliti ( rifiuti, calcio – anche se inglese e di terza categoria, tv privata), si dilunga in altri capitoli ancora da scrivere.

 

La jihad in salsa balcanica

EUROPA/Varie di

Gli ultimi arresti in Italia a seguito dell’operazione Balcan Connection portano quindi a valutare che un gruppo di albanesi e kosovari ha messo su un’organizzazione in Italia per reclutare combattenti per lo Stato Islamico. Lo rendono noto la Procura generale la quale si è concentrata su un gruppo chiamato “Spinners dei Blacani”. Reclutavano combattenti per l’Isis sulla rotta balcanica. E’ di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale l’accusa con cui sono stati arrestati Alban ed Elvis Elezi, zio e nipote albanesi, bloccati in un’operazione della polizia coordinata dalla Procura di Brescia, in cui è stato catturato anche El Madhi Halili, un ventenne cittadino italiano di origine marocchina. Per lui l’accusa è di apologia di associazione con finalità di terrorismo internazionale, per un documento pro Califfato in italiano pubblicato sul web.

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Dietro l’arresto di Alban e Elvis c’è ancora la figura del ‘foreign fighter’ Anas El Abboubi, ventiduenne marocchino, ex studente in un istituto tecnico, di Vobarno, nel Bresciano, arrestato per terrorismo internazionale nel 2013, scarcerato dal Tribunale del riesame, e andato in Siria per unirsi a gruppi jihadisti.

Questa organizzazione ha fatto nascere cellule jihadiste che lavorano sul reclutamento prevalentemente in Italia, dove sono concentrati moltissimi migranti lavoratori di provenienza dai Balcani. Fino ad ora sono quattro le cellule individuate dagli investigatori tra Roma, Milano, Lucca e Siena.

A Roma pare operino con più inisistenza nella zona di Centocelle, quartiere popolare sito a est della capitale. Tanti “attivisti” o sospettati tali sono finiti sotto inchiesta perché risultano essere potenzialmente pericolosi e appartenenti alla fascia più estremista. Circa 150 gli albanesi dell’ Albania e del Kosovo saliti alla ribalta delle indagini anti terrorismo come jihadisti e combattenti per lo pseudo Califfato islamico in territorio siriano e iracheno. Un lavoro di reclutamento continuo e pericoloso che si sviluppa anche all’interno delle carceri tra detenuti. Due figure chiave del jihadismo in salsa balcanica sono Genc Balla e Bujar Hysa, autoproclamati imam che hanno concentrato la loro attività proprio mentre erano detenuti in Italia.

Secondo la Procura di Tirana, i due venivano finanziati da altre fonti site in Kosovo, Albania e Macedonia ed erano sostenuti da un altro personaggio, tal Ebu Usejd, proveniente da un’altra città albanese, Elbasan, il quale con il suo aiuto e quello di altri finanziatori ha facilitato l’operato di Balla e Hysaj reclutando e mandando combattenti dall’Italia.

A gennaio, dopo la strage della redazione satirica francese del Charlie Hebdo e quel che ne è conseguito nei giorni a seguire, si è tenuta la riunione dei ministri degli esteri dell’UE dove si è fatto il punto su quel che rappresenta la difficoltà maggiore nella lotta al terrorismo in territorio europeo, ovvero l’identificazione dei quartieri, delle aree più contaminate dalla propaganda jihadista e il monitoraggio continuo degli stessi.

Quella dei reclutati e reclutanti di origine balcanica è un’ulteriore realtà che si aggiunge con la stessa pericolosità dei jihadisti d’origine medio-orientale. Diversi sono i motivi. Prima di tutto la posizione favorevolissima alle porte d’Europa di questi paesi e la possibilità di viaggiare senza grandi difficoltà attraverso i Balcani verso la Siria. La propaganda jihadista punta a radicalizzare l’islam storicamente moderato, soprattutto in Albania, una popolazione mai dedita alle lotte religiose. L’identità albanese non è mai stata legata alla religione e in nome della stessa non si è combattuto. L’unico momento storico in cui si è fatto appello alle cosiddette radici cristiane è stato precisamente nel sec. XV quando sotto la guida dell’eroe nazionale albanese, Scanderbeg, ha avuto luogo la resistenza albanese contro gli invasori ottomani, musulmani quindi.

In Kosovo, Bosnia, Macedonia e, più generalmente, nelle popolazioni musulmane del territorio della ex Jugoslavia questa realtà è ben più importante. Qui la religione è stata intesa ben più radicale anche come effetto della guerra in Bosnia nei primissimi anni ’90, numerosi sono i gruppi wahabbiti che operano sui territori.

Il Presidente albanese, Nishani, ha dichiarato che l’attività terroristica non conosce confini, oramai. “ Siamo consapevoli che l’attività dei gruppi terroristici è iniziata in modo strutturato dal punto di vista ideologico e pratico dall’11 settembre 2001 dopo gli attentati alle Torri Gemelle a New York. In seguito si è allargata con la nascita di numerose organizzazioni. Gli ultimi sviluppi in Siria, Iraq e in Europa dimostrano che che questa attività terroristica non conosce, appunto, confini: ogni paese, ogni democrazia, ogni società e ogni cittadino si sentono sotto minaccia. E’ d’obbligo allora che nelle nostre istituzioni venga valutato questo pericolo alla nostra libertà e sicurezza, coordinando un’azione comune nel quadro delle alleanze”.

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Sabiena Stefanaj
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