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NATO: la Mitteleuropa alza la voce

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L’Europa dell’Est alza la voce. A molti mesi ancora dal vertice NATO di Varsavia del luglio 2016, Polonia e Paesi Baltici sono in prima fila per l’aumento delle truppe atlantiche schierate ai confini con la Russia. Il vertice di Bucarest dei Paesi dell’Europa Orientale aderenti alla NATO del 3 e 4 novembre è il manifesto di una mai sopita paura verso il “nemico russo” di stampo novecentesco.

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Secondo le indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal e riprese dalla stampa internazionale, in seno alla NATO sussiste un’alta fibrillazione in merito alle nuove misure sulla difesa da introdurre. Polonia e Paesi Baltici sono i capolinea di una proposta che vedrebbe pesantemente militarizzati i confini con la Russia. Infatti, a farsi largo, è l’ipotesi di istituire un battaglione di 800-1000 soldati in tutti e quattro gli Stati.

Inoltre, fonti vicine al governo americano parlano di un possibile piano che prevederebbe il dislocamento di 150 truppe da impiegare, a rotazione, in questi quattro Paesi. Un’ipotesi che richiederebbe, però, anche l’utilizzo di truppe di altri Stati membri.

Lo spostamento del focus dello scontro tra NATO/Stati Uniti e Russia dall’Ucraina alla Siria non ha diminuito le ansie dei governi dell’Est Europa e dei Paesi Scandinavi. In più, l’annuncio del segretario generale Jens Stoltenberg sulla creazione imminente di due nuove basi atlantiche in Ungheria e Slovacchia, non è servito certo ad abbassare i toni dello scontro: “La Russia ha a lungo avvertito della indesiderabilità del pericolo”, ha affermato Dmitri Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin.

Ma è il rinnovato protagonismo in campo geopolitico di alcuni Stati membri NATO a balzare agli occhi, nonostante le riserve delle altre cancellerie europee, Germania in primis, non inclini a trattare Mosca come un nemico permanente e fuori dalle logiche continentali.

La Polonia, dal canto suo, ha annunciato lo stanziamento di 30 miliardi di euro per l’aggiornamento del settore militare, oltre all’accordo di cooperazione firmato con la Svezia e alla creazione, entro la fine del 2015, di un “counter intelligence of excellence”, ovvero un centro di addestramento per accrescere le capacità di controspionaggio.

Ma non è solo il protagonismo putiniano in Ucraina ad avere riacceso la fiamma dello scontro tra Mosca e i suoi vicini europei. La crescente presenza russa nel Mar Artico, infatti, ha spinto la Norvegia ad incrementare di 20 miliardi di euro le spese destinate alla difesa: “Il nostro vicino in oriente ha aumentato la sua capacità militare, anche nelle zone a noi vicine. Ha dimostrato di essere disposto ad usare la forza militare per raggiungere ambizioni politiche”, si mormora in ambienti vicini alla Marina norvegese.

Il pugno di ferro dimostrato da Polonia, Ungheria e altri Paesi dell’Est in temi caldi come l’immigrazione e i rapporti con la Russia, unito alla grande popolarità di cui gode adesso la destra ultranazionalistica, stanno riportando l’Europa ad un clima da guerra fredda, a cui, probabilmente, neppure un’eventuale soluzione politica alla guerra in Ucraina potrebbe porre fine.

Le conseguenze delle invasioni, delle sottomissioni e dell’indipendenza degli Stati della Mitteleuropa, che hanno segnato l’epoca moderna e contemporanea, le vediamo nel 2015. Il nemico russo e la voglia di indipendenza da Bruxelles, come dimostrato dalle ultime elezioni polacche, rischiano di mandare all’aria il già delicato equilibrio internazionale tra Occidente e Russia.
Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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