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Gotico Americano di Arianna Farinelli, una foto della crisi identitaria degli Stati Uniti

BIOGRAFIE/BOOKREPORTER di
“Ci accoglie tra le ovattate moquette dell’élite occidentale, poi spalanca sotto i nostri piedi la voragine delle ipocrisie che la mettono in pericolo.”

Gotico Americano, questo è il titolo del romanzo d’esordio di Arianna Farinelli, uscito nelle librerie questa settimana. Edito dalla Bompiani, il racconto fa parte della collana Munizioni (a cura di Roberto Saviano), espressione tramite cui, in senso metaforico, si vuole accostare la serie di racconti a degli strumenti d’interpretazione per difendersi dalla realtà di oggi.

Lungo la linea tra narrativa e saggistica, l’autrice intende descrivere e criticare la realtà americana in cui lei stessa vive, ossia il panorama urbano di una grande metropoli come New York segnata da due eventi, il primo la crisi economica del 2008 e il secondo l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti nel 2016.

Proprio da questo avvenimento ha inizio la trama; la protagonista, Bruna, una professoressa di Scienze Politiche presso l’università di New York, riflette sulla sua vita e quella dei propri cari, a partire dal marito Tom i cui genitori sono figli di immigrati italiani che, una volta conseguito l’american dream, sono entrati nel tessuto americano borghese e conservatore, e con i quali Bruna ha un pessimo rapporto. Così la vita della professoressa s’intreccia con quella dell’altro protagonista del libro, Yunus, un suo alunno afro-americano con cui lei ha ritrovato la passione. La vita del ragazzo certamente non è facile e alcuni eventi, come la morte in carcere del padre, lo hanno portato a provare un forte senso di estraniazione verso la società di oggi; Bruna prova a capire questo rancore ma Yunus trova progressivamente riparo nella religione islamica poiché è l’unica capace di rispondere alle sue domande.

L’intento di Arianna Farinelli è quello di scattare una sorta d’istantanea della Grande Mela, città in cui si intrecciano vite differenti fra loro, ma che hanno come comune denominatore la disillusione verso la vita, l’insofferenza per i ruoli che essa ci impone e la crisi identitaria che ne scaturisce; è questo il filo rosso della narrazione, a cui fa da sfondo l’America post crisi, una società che sembra aver perso i valori che l’hanno resa grande e che, alla globalizzazione, epoca contraddistinta dall’intensificazione delle relazioni sociali e dall’avvicinamento dei modelli culurali, risponde in maniera divisiva, inconsapevole dell’ineluttabilità.

Gotico Americano è un romanzo che affronta a viso aperto le questioni politiche e sociologiche del tempo, ed è proprio dalla lente con cui l’autrice analizza gli Stati Uniti di oggi, che prende significato il titolo. American Gothic come il quadro di Grant Wood in cui viene rappresentata una coppia di fronte a una fattoria americana, presumibilmente la propria casa, con lui che impugna un forcone quasi a proteggerla; questi individui così austeri vogliono salvaguardare un qualcosa che ormai è diventato passato, come la loro posizione nella società di oggi, inconsapevoli che presto diverranno, spiega Arianna Farinelli durante la presentazione del libro, “la più grande delle minoranze”.

Nel romanzo il piano personale dei protagonisti si mescola a quello collettivo, in quanto legati da una forte crisi d’identità, perché in fondo non c’è salvezza dell’individuo che prescinda dalla comunità in cui si vive, anche in una grande metropoli come New York. Certi aspetti del libro, ci tiene a precisare Farinelli, rispecchiano fedelmente la realtà, come il carcere dove ingiustamente muore il padre di Yunus, Rikers Island ora prossimo alla chiusura; la scrittrice riprende delle storie veramente vissute come quella di Kalief Browder, ragazzo che appena sedicenne si tolse la vita una volta uscito dal carcere a causa delle numerose violenze di cui era stata vittima in quei tre anni di incarcerazione senza processo; o come la radicalizzazione di Yunus stesso, che per molti aspetti richiama le storie di quei tanti ragazzi che sentendosi emarginati sono arrivati, come il protagonista, a compiere la più tragica delle scelte, partire per combattere con il Califfato Islamico.

Di cosa abbiamo bisogno allora per affrontare queste situazioni? Risponde Bruna, di amore incondizionato per il prossimo, ma anche della consapevolezza che la propria libertà non può neppure iniziare se coloro che ci stanno accanto non sono liberi, poiché la libertà altrui è una responsabilità comune.

A Pechino più miliardari che a New York

Asia di

 

Era solo questione di tempo, in effetti. Nel 2014 avevamo assistito al sorpasso della Cina sugli Stati Uniti nella sfida del PIL, due anni più tardi un nuovo primato conferma il cambio di paradigma dell’economia mondiale ed il consolidamento del gigante asiatico  nel ruolo di nuovo leader.

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Secondo i dati raccolti da Hurun Report, un editore cinese specializzato nel campo del lusso, che ogni anno stila la lista dei super ricchi del paese, la capitale Pechino conta ormai un numero di miliardari superiore a quello vantato da New York. 100 a 95, è il risultato finale, ma a dare la misura del cambiamento non sono i cinque supermiliardari di differenza, quanto il “tasso di crescita” cinese. Nell’ultimo anno il club esclusivo dei miliardari di Pechino ha aperto le porte a 32 nuovi membri, a fronte di un aumento di soli 4 elementi dell’élite economico-finanziaria della Grande Mela. Al terzo posto, la Mosca dei nuovi e vecchi ricchi, con 66 miliardari registrati all’anagrafe del lusso.

La crisi dei mercati asiatici che nelle ultime settimane ha bruciato migliaia di miliardi non sembra dunque arrestare il processo di concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, come avviene in ogni paese capitalista che si rispetti. “Nonostante il rallentamento dell’economia e la crisi dei mercati – afferma Rupert Hoogewerf, capo ricercatore nonché Presidente  di Hurun Report – Pechino ha coniato più miliardari di qualunque altra città, nell’ultimo anno, soprattutto nella parte bassa della lista”.

Benché la sfida tra Pechino e New York appaia particolarmente simbolica, la Cina aveva già ottenuto il primato a livello nazionale lo scorso ottobre, come attestato  dalla stessa Hurun. Secondo i nuovi dati, appena pubblicati, il Dragone asiatico offre oggi alloggio e riparo a 568 miliardari, 90 in più dell’anno precedente. Per farsi un’idea, basta sapere che la ricchezza combinata di questi 568 Paperoni ammonta a 1400 miliardi di Dollari, pari al prodotto interno lordo dell’intera Australia. Di questi, il 40% ha meno di quarant’anni, un vantaggio anagrafico che peserà certamente sulle classifiche dei prossimi anni. Gli Stati Uniti, anche qui, hanno ormai ceduto il passo, con 535 miliardari a stelle e strisce, due in meno dell’anno precedente. Ed anche questo è un dato che fa riflettere.

A livello di ricchezza individuale però, gli alfieri cinesi non occupano ancora le prime file. Il più ricco, in Cina, è il magnate Wiang Jianlin, sostanzialmente sconosciuto fuori di confini nazionali. Wang è il presidente della Dalian Wanda Group, la maggiore impresa immobiliare cinese, e possiede la AMC Entertainment Holdings, il più grande gestore di sale cinematografiche al mondo. Il suo patrimonio personale ammonta a 26 miliardi, secondo Hurun Report, e nella classifica degli uomini più facoltosi del pianeta occupa la ventunesima posizione. Non abbastanza per surclassare personaggi come Bill Gates, Mark Zuckerberg e il finanziere Warren Buffet.

Anche in questo caso, immaginiamo, è solo questione di tempo prima che Jianglin e il manipolo di suoi connazionali superino le celebritties americane della ricchezza. Nel gruppo di testa figurano Jack Ma, fondatore del mega-portale di e-commerce Alibaba e i capi di giganti tecnologici come Tencent, Baidu e Xiaomi, che si prepara ad invadere i mercati occidentali con i suoi smartphone economici e tecnologicamente avanzati. Good Morning China.

 

Luca Marchesini

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